Seppur seminfermo mentalmente, Alberto Scagni ha premeditato l’omicidio di sua sorella Alice, massacrata con 19 coltellate sotto casa il primo maggio 2022 a Genova Quinto, e pertanto la sentenza resta immutata. È la decisione dei giudici della corte d’assise d’appello di Genova, che hanno confermato la condanna di primo grado a 24 anni e sei mesi.
Rimane l’amarezza della famiglia, che chiedeva che fosse anticipato il trasferimento in una Remus (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza), dove potrebbe ricevere anche le cure per i suoi problemi mentali, anche alla luce della grave aggressione subita nel carcere di Valle Armea lo scorso ottobre.
«Alberto deve essere curato, invece lo mettono in carcere e poi quando sarà vecchio in una Rems», commenta infatti la madre Antonella Zarri uscendo dall’aula del tribunale. I coniugi Scagni, che dal 2022 vivono il ruolo di genitori sia della vittima che del colpevole di un brutale omicidio, da due anni lottano perché Alberto paghi per il suo crimine ma che al contempo non sia lasciato solo in preda ai suoi demoni.
A inizio udienza il sostituto procuratore generale Ezio Castaldi ha tuttavia spiegato che Scagni ha «sì problemi mentali che impediscono normali rapporti con il mondo che lo circonda, ma era perfettamente in grado di capire cosa stesse facendo quella sera». Per Scagni l’accusa chiedeva infatti l’inasprimento della pena all’ergastolo, richiesta a cui si è associato anche l’avvocato Andrea Vernazza che assiste il marito di Alice, Gianluca Calzona.
«Siamo moderatamente soddisfatti», hanno detto invece i legali di Alberto Scagni per la conferma della sentenza, «e aspettiamo le motivazioni».
Confermata la pena di Scagni, archiviate i fascicoli sul personale della polizia che non rispose prontamente
Il 1° maggio 2022 Scagni fece delle esplicite minacce nei confronti della sorella e del cognato in un tentativo di estorcere denaro ai genitori. In poche settimane aveva sperperato 15 mila euro del suo fondo pensione.
«Fra cinque minuti io controllo il conto, se non ho i soldi stasera tua figlia e Gianluca (il marito, ndr) sai dove sono? lo sai dove c… sono?», disse al padre in una telefonata.
I coniugi Scagni spaventati chiamarono la centrale operativa della polizia segnalando il pericolo, ma la risposta che ottennero fu di rimanere in casa e richiamare nel caso il figlio si fosse presentato da loro e di fare una denuncia. In quelle ore Alberto Scagni si era già già appostato sotto casa della sorella, aspettando che Alice uscisse per colpire.
Dopo l’omicidio, i genitori avevano presentato un esposto, tramite contro due agenti della centrale di polizia e la dottoressa della Salute mentale della Asl3 per aver sottovalutato gli allarmi e le richieste di aiuto. E non si tratta delle sole chiamate del giorno festivo: già nei giorni precedenti il delitto i parenti avevano segnalato alla questura come Alberto Scagni stesse diventando sempre più aggressivo. Tuttavia recentemente per questo fascicolo il giudice Carla Pastorini ha accolto la richiesta di archiviazione.
Si sarebbe infatti trattato di «un delitto imprevedibile», per la giudice, che l’invio di una volante non avrebbe comunque potuto impedire. Al contrario ha riconosciuto che «la dottoressa non è rimasta inerte, rifiutando di compiere un atto del suo ufficio, ma ha provveduto in maniera non corretta».