Certi personaggi alla lunga nuocciono alla causa
Non faccio nomi di certi animalisti in rete, ovvio, però sono giunta alla conclusione che è importante prendere le distanze, con ferma educazione, da alcuni personaggi che alla fine fanno solo danni.
Nel panorama sempre più digitale dell’attivismo animalista, i toni accesi e aggressivi spesso utilizzati rischiano infatti di compromettere gli sforzi per la causa.
Sebbene i social media abbiano dimostrato di essere una potente piattaforma per sensibilizzare e promuovere il benessere degli animali, l’approccio aggressivo può alienare il pubblico anziché coinvolgerlo.
È cruciale riconoscere che la comunicazione rispettosa e informativa è essenziale per ottenere un impatto duraturo e positivo.
La comunicazione efficace è un aspetto fondamentale di qualsiasi movimento sociale.
Nel caso dell’attivismo animalista, è vitale comunicare in modo chiaro e rispettoso per favorire la comprensione e l’empatia del pubblico.
Bisogna dire basta a insulti e toni aggressivi
Tuttavia, alcuni individui influenti all’interno dei movimenti adottano toni aggressivi e accusatori, alienando potenzialmente coloro che potrebbero essere inclini a sostenere la causa.
Trovo personalmente inaccettabile, anche di fronte ad azioni criminali deplorevoli, commentare con parole offensive ed auguri di ogni male.
Aggressività e violenza non sono in grado di combattere ed eliminare quanto di brutto è già stato commesso.
Sono anche dell’idea che dare troppa visibilità a quanti commettono reati contro gli animali non sia affatto una buona pratica.
Ci sono tante persone che mettono in atto violenze e comportamenti riprovevoli e che godono dell’attenzione che viene loro data.
Non sono certo le parolacce o i malauguri quelli che spaventano queste persone.
Insomma, non trovo utile e neppure terapeutico l’uso gratuito di violenza verbale.
L’uso eccessivo di toni aggressivi può anche portare alla polarizzazione e alla chiusura mentale delle persone che non condividono le stesse opinioni.
Chi l’ha detto che insultare chi non mangia carne o viceversa produca qualcosa di buono?
Quello che realmente occorre è un dialogo costruttivo in quanto con la violenza si rischia soltanto di innescare reazioni difensive e rafforzare le barriere tra i sostenitori e coloro che potrebbero essere aperti a comprendere la prospettiva animalista.
I social media hanno rivoluzionato il modo in cui le cause vengono promosse e discusse. Tuttavia, questa piattaforma può anche amplificare i toni divisivi.
Mentre gli attivisti animalisti hanno sfruttato con successo i social media per diffondere informazioni e sensibilizzare, è fondamentale utilizzare queste piattaforme in modo responsabile e costruttivo.
Va benissimo denunciare via post chi maltratta gli animali, così come è doveroso pubblicare articoli informativi su allevamenti intensivi e violenze in laboratorio.
Sono convinta che più si conoscono determinate problematiche e più si possono compiere scelte consapevoli.
Inutile togliere il like o insultare l’influencer o il vip di turno perché mangiano carne o indossano pellicce e ci appaiono ignari delle tematiche animaliste.
Il potere della compassione e dell’empatia
Piuttosto che adottare un approccio accusatorio, gli animalisti possono avere un impatto maggiore mostrando compassione e incoraggiando l’empatia verso gli animali.
Raccontare storie che evidenziano il loro dolore e la loro sofferenza può risuonare emotivamente con un pubblico più ampio e ispirare azioni positive.
Un altro aspetto cruciale è l’educazione e l’informazione.
Fornire dati scientifici, testimonianze e risorse educative può aiutare a far comprendere al pubblico l’importanza del benessere animale in modo chiaro e obiettivo.
Questo approccio incoraggia la riflessione critica e l’empatia, senza dover ricorrere a toni aggressivi o offensivi.
Food for Profit: la lezione di Giulia Innocenzi
Giulia Innocenzi, con il suo documentario Food for Profit è l’assoluta e gradita conferma che a poco servono gli slogan urlati.
Piuttosto serve aprire gli occhi alle persone e fare in modo che compiano scelte libere sulla base di nuove conoscenze e consapevolezze.
Food for Profit – ne parlerò in un articolo a parte – è finalmente riuscito a mostrare il legame tra industria della carne, lobby e potere politico.
Il successo straordinario e meritato è, va detto, al di là delle più rosee aspettative, a dimostrazione del reale crescente interesse per questi temi.
Giulia Innocenzi documenta a 360 gradi in modo esaustivo ed impeccabile quello che avviene contro gli animali.
Food for profit è un atto d’accusa contro coloro che sfruttano gli animali per motivi economici.
Food for Profit è un atto di accusa forte, pesante, a tratti insopportabile, ma mai urlato o inopportuno.
Ed è anche per questo che nelle prime cinque settimane di programmazione ha incassato 324 mila euro.
A dimostrazione che il pubblico chiede di essere informato, e bene.
Gli insulti contro chi maltratta gli animali sono soltanto una risposta di pancia alla pancia, esattamente come avviene per certa politica.
Alla fine il rischio è quello di costruire muri anzichè abbatterli.
Invece l’obiettivo dell’attivismo animalista dovrebbe essere quello di costruire ponti tra le persone, non muri.
E’ pertanto opportuno ed urgente riflettere sulle strategie di comunicazione adottate.
Gli approcci aggressivi e accusatori rischiano di alienare il pubblico e compromettere gli sforzi per la causa.
Servono toni rispettosi e informazioni accuratamente documentate.
Solo così è possibile creare un dialogo aperto e inclusivo che coinvolga un pubblico più ampio e promuova cambiamenti positivi per il benessere degli animali.
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