Attentato al Crocus City Hall di Mosca: le teorie sui mandanti
I vigili del fuoco russi al lavoro per spegnere l'incendio. Fonte: TASS

Attentato al Crocus City Hall di Mosca: le teorie sui mandanti

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Una notte di lavoro per i vigili del fuoco e i soccorritori russi, che a Mosca stanno intervenendo al Crocus City Hall, un centro commerciale e concerti nei sobborghi della capitale, dove verso le 19 (ore italiane) di ieri sera è avvenuto un grave attentato. È salito almeno a 60 il conto dei morti accertati, mentre altre 100 persone sono attualmente ricoverate in ospedale: la maggior parte dei feriti ha riportato danni per il fumo e ustioni per il fuoco, ma ci sono anche diverse vittime con colpi d’arma da fuoco. I decessi potrebbero però aumentare nelle prossime ore.

Si tratta, secondo diversi analisti internazionali, del più grave attentato terroristico su suolo russo negli ultimi vent’anni

L’attentato con più vittime risale al 2004, quanto militari ceceni e di altre regioni di confine della Federazione Russa presero centinaia di ostaggi in una scuola di Beslan, nella Russia meridionale. I terroristi chiesero il ritiro delle truppe dalla Cecenia. 334 persone morirono in quell’attacco, di cui molti bambini: le famiglie degli ostaggi criticarono le operazioni di salvataggio per l’impiego di armi senza avere la certezza di dove si trovassero i giovani prigionieri.

L’attacco al Crocus però ha richiamato la tragedia del teatro Dubrovka, avvenuto sempre a Mosca nel 2002. In quell’occasione un commando ceceno di oltre 40 guerriglieri attaccò il teatro e lo occupò per due giorni, tenendo in ostaggio 912 civili e chiedendo anche in quel caso il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia. L’assedio si concluse quando le forze speciali assaltarono il teatro: morirono in quella circostanza 130 persone oltre ai terroristi, quasi tutte asfissiate dal gas utilizzato dalle forze di sicurezza russe, e più di 700 persone rimasero ferite.

Ma il modus operandi tuttavia a molti ha ricordato anche l’assalto del Bataclan a Parigi nel 2015 e tanti altri attentati dell’ISIS. Lo Stato Islamico che nella notte ha rivendicato l’attentato a Mosca, come diversi canali di informazione internazionali – non russi, tuttavia, è il caso di evidenziare – hanno riportato. Le indagini tuttavia sono ancora in corso e né il Cremlino né i servizi segreti russi si sono ancora sbilanciati in tal senso. Anzi, per ora l’FSB ha dichiarato di escludere sia l’ISIS che l’Ucraina tra i possibili mandanti.

Anche perché al momento non ci sono prove certe che l’ISIS possa essere il mandante, salvo dichiarazioni dell’agenzia stampa dello Stato Islamico, Amaq, su canali Telegram.

L’ISIS, un fantasma che ritorna dal passato sull’attentato al Crocus City Hall

In Occidente non siamo ormai molto più abituati a sentir parlare di ISIS: dalla sconfitta militare sul territorio tra Siria e Iraq, Daesh è uscito dai nostri aggiornamenti mediatici e, salvo il richiamo quando avvengono attacchi suicidi (in particolare in Francia), è un nemico che forse diamo ormai per sconfitto.

Malgrado territorialmente lo Stato Islamico sia stato sconfitto, anche grazie all’impegno in prima linea degli uomini e delle donne curde, l’organizzazione internazionale resiste e continua ad affiliare persone in diversi paesi del mondo, in particolare nel Medio Oriente, in Africa sub-sahariana e nel Caucaso.

E proprio nella regione del Caucaso e dalle sue repubbliche di confine in quella zona la Russia dall’inizio dell’anno ha ricevuto informazioni sull’intensificazione dei militanti dell’Isis Khorasan nel suo territorio, con «un’infiltrazione di terroristi dal Kazakistan e dal Tagikistan», secondo il canale Telegram Nezygar che, in passato, si pensava fosse controllato dal Cremlino direttamente.

La presenza dell’ISIS in Russia

Il 7 marzo l’ambasciata americana di Mosca ha avvertito i servizi segreti russi di una minaccia terroristica nella Federazione Russa nelle prossime 48 ore. Quella stessa mattina, l’FSB ha condotto un’operazione speciale nel villaggio di Koryakovo, nella regione di Kaluga (Russia europea centrale). Due cittadini kazaki sospettati di star preparando un attacco terroristico sono rimasti uccisi uccisi:Sabit Ashiraliev, 35 anni, e Dzhanibek Taskulaev, 32 anni.

I funzionari della sicurezza del Kazakistan hanno confermato che i due sono arrivati ​​in Russia il 28 febbraio 2024 e, secondo l’FSB, erano membri del gruppo Vilayat Khorasan (un ramo dello Stato islamico), che stava pianificando un attacco armato contro una sinagoga di Mosca.

In precedenza, il 17 febbraio, l’FSB aveva riferito di aver impedito un attacco terroristico sempre nella regione di Kaluga: anche in questo caso l’operazione ha portato alla morte di due nativi delle repubbliche dell’Asia centrale che stavano pianificando un attacco terroristico contro un’impresa dell’industria chimica.

L’estremismo e le minoranze etniche

Nelle ultime settimane, infine, l’FSB ha condotto azioni anche in Inguscezia, nel Caucaso, sempre contro l’ISIS. Lo Stato Islamico potrebbe trovare terreno fertile in questa piccola repubblica che da tempo – come la vicina Cecenia – desidera l’indipendenza e dove la maggior parte della popolazione è di fede musulmana sunnita. Il malcontento nella regione è aumentato dall’introduzione delle liste di coscrizione per far fronte alla necessità di uomini nella guerra contro l’Ucraina.

Diversi analisti internazionali hanno osservato che le minoranze etniche della Federazione Russa stanno morendo in questa guerra in maniera sproporzionata rispetto alla loro presenza numerica e al loro valore nell’insieme della nazione. In un recente articolo apparso su Internazionale diversi attivisti molto giovani appartenenti a minoranze raccontavano di essersi sentiti definire cittadini russi a tutti gli effetti per la prima volta nella loro vita dalla propaganda bellica per l’arruolamento.

Un paradosso che da un lato sta creando diversi movimenti per la tutela delle identità etniche minoritarie, ma che dall’altro potrebbe spingere molti giovani arrabbiati verso lo Stato Islamico nella speranza di liberare la propria regione dall’egida di Mosca e dal colonialismo slavo. Testimoni oculari sopravvissuti all’attacco del Crocus City Hall hanno riportato di guerriglieri con la barba lunga a viso scoperto che parlavano tra loro una lingua diversa dal russo, ancora non identificata.

Il ritardo negli attacchi dovuto forse alle elezioni e agli avvisi statunitensi

Dopo aver ricevuto un avvertimento dall’ambasciata americana, riporta sempre il canale Telegram Nezygar, l’FSB ha introdotto dall’8 al 10 marzo un servizio rafforzato 24 ore su 24 per i dipendenti dell’antiterrorismo e delle unità di trasporto a Mosca e nelle regioni circostanti. Un rafforzamento del controllo è stato osservato anche durante il periodo elettorale.

Secondo alcune fonti non confermate, i terroristi stavano pianificando un concerto al Crocus City Hall durante i concerti di Shaman, uno dei cantanti pop più amati in Russia, tra il 9 e l’11 marzo. Il rafforzamento delle misure di sicurezza, le operazioni dell’FSB a Kaluga e le dichiarazioni pubbliche dell’ambasciata americana e di altri paesi occidentali potrebbero tuttavia aver spinto il gruppo terroristico a rinviare l’esecuzione dell’attacco a Mosca.

L’Ucraina: la guerra in corso come possibile motivazione

È stato il primo pensiero di molti, tuttavia, associare all’attentato l’attuale conflitto primario in cui la Russia è coinvolta. Alla notizia dell’attentato al Crocus City Hall, tuttavia, sia gli USA che il governo di Volodymyr Zelenskiy si sono rapidamente espressi negando qualunque possibile coinvolgimento dell’Ucraina come rappresaglia di guerra.

Uomini vicini al presidente ucraino hanno postato sui social messaggi molto duri e molti espliciti rifiutando qualunque potenziale accusa di terrorismo, ribadendo che il conflitto si deciderà sul campo di battaglia e rimarcando che, semmai, a oggi è stata la Russia ad adottare metodi associabili al terrorismo contro la popolazione civile ucraina.

L’FSB, come abbiamo detto, ha negato indagini in tal senso, ma a esprimersi con altrettanta aggressività è stato l’ex-presidente russo Medvedev, che ha auspicato una reazione del suo paese molto dura e violenta, rispondendo «alla morte con la morte. Se fosse accertato che dietro ci sono terroristi del regime di Kiev dovranno essere tutti trovati e uccisi senza pietà. Compresi i leader dello Stato che ha commesso tali atrocità». Secondo Medvedev, «i terroristi comprendono solo il terrore come ritorsione».

La teoria del complotto per giustificare un’intensificazione dello sforzo bellico

Già dalle prime notizie sull’attentato al Crocus City Hall, sui social media molti hanno storto il naso alla possibilità di un nemico esterno responsabile. I servizi russi potrebbero davvero aver orchestrato un finto attentato – valutando un danno in vite umane accettabile – con lo scopo di avere una giustificazione non solo per intensificare l’attività bellica in Ucraina, ma anche allargare il fronte ad altri paesi europei che si sono avvicinati recentemente alla NATO.

Durante la serata su diversi canali Telegram molto seguiti in Russia sono rimbalzate notizie che indirizzano i sospetti verso Kiev, oltre la bordata dell’ex-presidente Medvedev. Ma a preoccupare sono anche le dichiarazioni di una decina di giorni fa di Vladimir Putin, che in un’intervista ha detto di non aver mai pensato di impiegare l’arsenale nucleare russo, ma di essere pronto a farlo in caso di una reale minaccia alla sicurezza del suo Paese.

Il presidente russo per ora non si è rivolto direttamente alla popolazione ma ha mandato i suoi auguri per una pronta guarigione ai feriti e le condoglianze alle famiglie delle vittime. Si è inoltre complimentato con il personale sanitario al lavoro da ieri sera.

Sarebbe in corso intanto la caccia agli uomini che, dopo aver aperto il fuoco con armi automatiche e avviato diverse esplosioni nella sala concerti, si sono dati alla fuga.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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