Strage di Erba, si riapre il processo

Strage di Erba, riaperto il processo di uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana

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Strage di Erba, si riapre il processo. Accolte le istanze del procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser: “Olindo e Rosa vittime di un errore giudiziario”. Sostiene l’ipotesi anche Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna.

La riapertura del processo

Erano circa le 20:15 dell’11 dicembre 2006 quando al numero 25 di via Armando Diaz divampava un incendio. Due abitanti della palazzina, accorsi a causa del fumo, noteranno un uomo gravemente ferito alla gola sulle scale.

Quell’uomo era Mario Frigerio, unico sopravvissuto all’eccidio in cui rimasero coinvolti Raffaella Castagna, il figlio di due anni Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. I soccorritori, sopraggiunti nel giro di poco, potranno solo estrarre dalla palazzina i corpi delle vittime.

Da allora, sono passati quasi vent’anni, in cui le indagini hanno portato, il 3 maggio 2011, alla condanna all’ergastolo di Rosa Bazzi e Olindo Romano, due coniugi che vivevano nella palazzina. Un ergastolo di cui la giustizia si era sempre dichiarata assolutamente certa in ogni grado, anche in Cassazione. Almeno fino a oggi.

La Corte d’Appello ha infatti accolto la richiesta del procuratore generale Cuno Tarfusser, stimatissimo magistrato che, dopo aver esaminato la documentazione, ha avanzato la proposta di un nuovo processo con richieste di prova, dibattimento, discussione e sentenza. Un’opportunità attesa per più di 10 anni dai due coniugi di ottenere una nuova valutazione del caso, a fronte delle numerose prove dubbie.

La nuova valutazione avrà luogo l’1 marzo 2024, giorno in cui in tribunale saranno presenti anche Olindo Romano e Rosa Bazzi.

La ricostruzione: cos’è successo l’11 dicembre 2006

Sono circa le 20:00 quando Raffaella Castagna, Paola Galli e il piccolo Youssef varcano la soglia del loro appartamento. Dentro è il buio più totale. Nel giro di pochi secondi, i tre vengono aggrediti da due individui armati di un oggetto contundente e due coltelli.

Tutte le vittime vengono uccise brutalmente, con ferite di precisione millimetrica. Gli aggressori, dopo aver compiuto la mattanza, spostano meccanicamente alcuni libri impregnati di alcol etilico sui letti, dopodiché appiccano il fuoco.

I vicini sentono alcuni rumori e delle urla, ma non intervengono. Alle 20:05, Valeria Cherubini esce per portare a spasso il proprio cane, e sono le 20:15 quando uno dei vicini nota del fumo provenire dalla finestra della casa scena dell’eccidio.

Nel frattempo, Valeria Cherubini rientra dalla passeggiata, e notando del fumo provenire dall’appartamento corre al piano superiore a chiamare il marito, Mario Frigerio. I due si precipitano al piano di sotto per cercare di intervenire, ed è lì che si consuma la seconda parte della carneficina.

Frigerio viene aggredito, ferito al collo e scagliato a terra, ma grazie a una malformazione congenita riesce a salvarsi. Viene ritrovato di lì a poco sulle scale da Cartesaghi e Ballabio, due vicini intervenuti a loro volta a causa del fumo. Gli uomini trascinano fuori Frigerio, dopodiché entrano nell’appartamento da cui estraggono anche il corpo di Raffaella.

Mentre tirano fuori i corpi, i soccorritori sentono nitidamente le grida di una donna. È Valeria Cherubini, tornata al piano di sopra. La donna, faccia a faccia con gli aggressori, viene a sua volta scannata e uccisa, con un accanimento senza precedenti.

I soccorritori tentano di raggiungerla, ma senza successo. Il troppo fumo impedisce loro di percorrere la rampa che li separa dall’appartamento, e rinunciano all’impresa.

Quando le autorità riescono, placato il fuoco, a estrarre i corpi, le vittime della strage sono quattro: Raffaella Castagna, il piccolo Youssef, Paola Galli e Valeria Cherubini. Degli aggressori, non vi è più traccia.

Le prove contro Olindo e Rosa: sono davvero colpevoli?

Giunti sul luogo della carneficina, i carabinieri cominciano a interrogare i vicini. Tra questi, anche i due coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, che abitano al piano di sotto rispetto ai Castagna.

Dopo le prime indagini, proprio la coppia verrà accusata di aver compiuto la strage, nonostante in casa loro non venga rinvenuta nemmeno una traccia di sangue legata alla scena del crimine. Ma sono loro i mostri responsabili dell’eccidio, non c’è alcun dubbio. Eppure, quelle prove che il 3 maggio 2011 inchiodarono Olindo e Rosa condannandoli all’ergastolo, oggi non sembrano più così convincenti.

La ricostruzione imprecisa di una strage avvenuta nel buio più totale

A guidare gli inquirenti sulla pista dei due coniugi, i precedenti penali che la coppia aveva avuto con la famiglia Castagna, a causa di discussioni legate a tipici fastidi condominiali. I due, la sera dell’11 dicembre 2006, si sarebbero quindi recati al piano superiore, dove avrebbero ucciso Raffaella Castagna, il piccolo Youssef e Paola Galli.

Gli assassini avrebbero ucciso recidendo la carotide. Tale arteria, quando recisa, porta immediatamente al dissanguamento della vittima. Gli omicidi avrebbero quindi richiesto una discreta familiarità con armi e anatomia, soprattutto considerato che sono avvenuti nel buio più totale.

Già, perché in casa Castagna, secondo i registri della luce, la corrente è stata staccata alle 17:30 di quel pomeriggio. E non solo. Una coppia che abitava al piano di sotto, dichiara di aver sentito movimento nell’appartamento già alle 18:30.

Dopo aver appiccato il fuoco, Olindo e Rosa si sarebbero ritrovati faccia a faccia con Valeria Cherubini e Mario Frigerio sul pianerottolo, dove li avrebbero colpiti e feriti. Sarebbero quindi usciti in cortile, portando con sé il sangue delle vittime e, davanti a tutti i vicini accorsi per via del fumo, sarebbero entrati nel locale lavanderia a cambiarsi i vestiti.

La morte di Valeria Cherubini

Ma sono molti gli elementi che non tornano. Secondo la ricostruzione, non solo i due sarebbero passati inosservati davanti alla folla accorsa per via del fumo e della confusione interamente ricoperti di sangue, ma avrebbero ferito a morte Valeria Cherubini proprio sulle scale dove poi fu ritrovato anche Frigerio. La donna si sarebbe poi trascinata al piano di sopra, dove sarebbe morta.

Quest’elemento, in particolare, non risulta coerente coi racconti dei testimoni e con le condizioni in cui venne rinvenuto il corpo della Cherubini. Cartesaghi e Ballabbio, i due soccorritori intervenuti per salvare Frigerio, hanno infatti dichiarato di aver sentito una voce femminile chiedere aiuto dal piano di sopra.

Questo significa che, quando il fumo già divampava nella palazzina impedendo l’accesso al piano superiore, Valeria Cherubini era ancora viva. Solo successivamente la donna sarebbe stata uccisa brutalmente, lasciando evidenti prove ematiche di quanto accaduto nell’appartamento.

Vie di fuga e criticità fisiche

E se così fosse, da dove sarebbero potuti fuggire Rosa e Olindo? Tra le ipotesi prese in considerazione quella del terrazzo, confermata dalla presenza di tracce di sangue. Una via piuttosto ardua, soprattutto per Rosa, che a causa di alcune criticità fisiche medicalmente accertate potrebbe avere difficoltà anche solo nel percorrere rapidamente le scale della palazzina.

Le confessioni

A inchiodare i due coniugi, tuttavia, sarebbero state le confessioni registrate in un video allo psichiatra Massimo Picozzi. Una prova insindacabile, passata prima per la televisione e la stampa e quindi in tribunale.

Tali video, secondo alcune recenti scoperte, non sarebbero però ciò che sembrano. Sarebbero infatti delle registrazioni di confessioni inventate che, stando a quanto raccontato dai due coniugi, avrebbe richiesto il loro avvocato, nel tentativo di provarne l’infermità mentale.

La versione sarebbe confermata dall’evidente presenza di alcuni tagli dei video, che permetterebbero di intuire però alcune frasi dei due coniugi esterne alla confessione: “L’altra volta come sono andata? Male?” chiede Rosa all’inizio di alcune riprese. “Ma no dai, bene” risponde sicuro Picozzi.

Ma gli inquirenti, prima di ricevere tali registrazioni, avevano raccolto altre confessioni dei due coniugi. Confessioni tutte diverse, imprecise e spesso discordanti. Questo accade perché Olindo Romano e Rosa Bazzi, una coppia sempre vissuta insieme, avrebbero subito numerose pressioni dalle autorità, oltre alla promessa che, se avessero confessato, sarebbero stati perlomeno riuniti in cella.

Impossibile, ma i due decidono di assecondare gli inquirenti. E così, prima dei video, raccolgono confessioni imprecise e discordanti, con cui però alimentare l’ipotesi che i due siano effettivamente colpevoli.

Il testimone

Stessa cosa accade con l’unico testimone, Mario Frigerio. Deceduto nel 2014, l’uomo era stato interrogato nei primi giorni di ricovero seguiti alla strage. Inizialmente, Frigerio dichiarerà di non conoscere i due soggetti responsabili della carneficina, che descriverà come magrebini.

Solo in seguito a diverse pressioni nei giorni successivi l’uomo comincerà a dichiarare di aver riconosciuto Olindo Romano in uno dei due aggressori. Ma sono tutti elementi che il tribunale valuterà con attenzione, grazie alla presenza di numerose intercettazioni che vedono i carabinieri chiedere insistentemente: “Non poteva essere l’Olindo, vero?”, contribuendo allo sgretolarsi delle certezze di Frigerio.

Le prove e la versione di Azouz Marzouk

E sono ancora molte le prove che, alla luce delle ricostruzioni prodotte negli ultimi anni, vedrebbero scagionati i due coniugi. Dalle testimonianze di chi abitava al piano inferiore, all’impronta rinvenuta sul battitacco dell’auto, le prove raccolte saranno valutate dal tribunale alla luce dei nuovi sistemi a disposizione delle autorità.

A favore dell’innocenza dei due coniugi, anche Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna, che al momento dell’eccidio si trovava in Tunisia.

Marzouk, già in passato, aveva inviato una richiesta di prove alla procura generale di Milano, per tentare di scagionare Olindo e Rosa: “Non possono essere autori di una strage così terribile, ricorda l’operazione di un commando”, scriveva.

Tuttavia, all’epoca, le confessioni dei coniugi avevano fatto decadere la richiesta e aprire un processo per calunnia nei confronti di Marzouk. L’uomo aveva allora tentato di indirizzare le indagini verso la famiglia Castagna: “Indagate sulla famiglia”, aveva detto Marzouk. “Mio figlio Youssef conosceva l’assassino. Lo ha ucciso qualcuno vicino a mia moglie. Basta leggersi le carte per capire che qualcuno voleva l’eredità di mia moglie.”

In attesa dell’appuntamento in tribunale fissato per l’1 marzo, possiamo solo chiederci se la giustizia italiana abbia davvero messo dietro le sbarre due innocenti, lasciando per quasi vent’anni i veri responsabili della strage a piede libero.

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