Omicidio della freccia di Genova, continua il processo a Evaristo Scalco

Omicidio della freccia di Genova, continua il processo a Evaristo Scalco

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Nella giornata dii ieri, giovedì 7 dicembre, si è tenuta una nuova udienza per il processo a carico di Evaristo Scalco accusato dell’omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero per mezzo di arco e freccia nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2022. La vittima, un 41enne originario del Perù, stava festeggiando nei vicoli del centro storico con un amico la nascita del  figlio.

L’imputato ieri è stato a lungo interrogato dalla pm che segue il caso, Arianna Ciavattini, e ha raccontato la sua versione dei fatti. «Ho visto due persone per strada dalla finestra, uno dei due ha iniziato a fare la pipì contro una saracinesca, così ho detto loro gentilmente di non farlo. Mi hanno guardato e detto che non erano affari miei», ha ricordato ieri Scalco. «È degenerata, hanno iniziato a farfugliare, mi hanno insultato. Poi sono andato in cucina e mentre ritornavo in salotto ho sentito un botto enorme e odore di polvere da sparo». 

L’imputato ha spiegato di essersi infuriato quando ha capito che i due gli avevano tirato un petardo attraverso la finestra aperta. «Quando si è raffreddato gliel’ho lanciato contro, mi hanno insultato, ma io ho risposto che non ero scemo visto che erano in due».

La situazione sarebbe degenerata allo scoppio di un altro petardo, nella ricostruzione dell’omicida

«A quel punto ho afferrato l’arco e l’ho mostrato. Pensavo di mettere paura e che finisse lì. Purtroppo non è andata così, mi hanno continuato a insultare. L’alterco dagli insulti reciproci passa alla violenza quando Scalco incocca la freccia e colpisce Miranda Romero al torace. «Non volevo colpire nessuno ma i vasi di plastica. Ho capito che lo avevo ferito quando l’ho visto cadere a terra. A quel punto sono sceso in strada e mi interessava solo di soccorrerlo. Oggi sono disperato perché non volevo ucciderlo», ha spiegato Scalco.

Una versione che non convince la pm Ciabattìni, che lo incalza «Sì, ma alla fine l’ha detta quella frase, “stranieri di m…”?». Il passaggio è cruciale, perché se fosse riconosciuto il crimine d’odio a sfondo razziale la sentenza potrebbe essere più pesante. Scalzi tergiversa: «Non sono razzista, non è da me quello che ho detto, non ricordo se ho detto stranieri o persone di m…. Comunque sì»

Anche la volontà di soccorrere il ferito non emerge dalle altre testimonianze raccolte quella fatale notte raccontano che il 63enne sembrava più che altro interessato a recuperare la freccia e a lasciare la scena del delitto, come si vede anche nel video girato sul posto dall’amico con cui si trovava la vittima.

Ieri Scalco si è definito a più riprese pentito: «Quella sera ho fatto la più grande stupidaggine della mia vita, che non mi perdonerò mai. Mi devo portare sulla coscienza l’aver tolto la vita a un uomo giovane e un papà a un bambino. Per qualcuno può non essere un peso, ma io non sono un killer. L’arco e la freccia servivano per spaventare quei due, fargli paura. Non volevo ferire o fare del male a nessuno».

Un pentimento che però non convince i familiari della vittima di questo caso terribile

«Non ho visto un pentimento al 100%. Sembra che si sia dimenticato di me e che io esista», commenta Alessia Marta Miranda Mendoza, la figlia più grande della vittima, di 19 anni. «Sono uscita dall’aula perché non ce la facevo a sentire. Chiedo venga fatta giustizia per mio papà, per il mio fratellino e per me».

La giovane si era fatta carico di molte delle questioni a seguito dell’omicidio del padre, tuttavia non è stata neanche nominata nella ricostruzione di Scalco. Inoltre ha puntualizzato che lei come tutta la famiglia è una vittima di un omicidio brutale e insensato, che aveva scosso profondamente la comunità genovese.

Alessia ha ricordato anche l’ultimo incontro col padre, la mattina di quel fatale 1° novembre: «Quella domenica abbiamo fatto colazione insieme, con lui avevo un bellissimo rapporto. Poi al pomeriggio mi ha mandato una foto del mio fratellino. Gli ho risposto che era molto carino. Poi più nulla, i carabinieri mi hanno fatto chiamare a scuola la mattina dopo per dirmi cosa era successo».

In favore dell’imputato invece ha parlato la moglie, Gloria Eleonora Affinito, di nazionalità argentina, a contestare le accuse di odio razzialie. Secondo lei Scalco non sarebbe «mai stato razzista, sennò non potrei stare con lui. “Evy” non è mai stato violento. Ora faremo di tutto per aiutare la famiglia della vittima, abbiamo quotidianamente presente il fatto che questo bambino crescerà senza papa e faremo fronte per quanto possiamo, ma non sapevo che Romero avesse anche una figlia più grande».

Scalco si trova al momento ai domiciliari nella sua abitazione nel varesotto. Le accuse contro di lui sono di omicidio volontario aggravato dall’aver agito per futili motivi e mosso dall’odio razziale. Il processo continuerà il 15 dicembre con la requisitoria del pm e il 18 con le conclusioni delle due parti. Il verdetto potrebbe arrivare già nell’udienza fissata per l’11 gennaio 2024.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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