suicidio in carcere Spezia
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La Spezia, dall’ora d’aria al suicidio in carcere

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LA SPEZIA – Dall’ora d’aria al suicidio. Aumentano i casi di suicidio avvenuti all’interno del carcere della città dell’Arsenale. Ed il sovraffollamento continua ad essere il tema da rivedere e riconsiderare.

Un uomo di 53 anni si è impiccato qualche giorno fa in una delle celle della struttura di reclusione spezzina al rientro dall’ora d’aria, momento nel quale nessuno aveva sospettato delle sue intenzioni.

Il detenuto ha utilizzato il solito lenzuolo, prelevato direttamente dalla cella dove era entrato soltanto qualche giorno prima, dopo aver ricevuto un rigetto alla richiesta di pena alternativa avanzata dal suo legale. I tentativi di soccorso praticati dalla polizia penitenziaria e la rianimazione cardiaca del personale medico non sono serviti a salvarlo.

L’uomo condivideva con un compagno una delle celle al piano terra della struttura, una di quelle di norma destinate all’isolamento; ma un problema di infiltrazioni d’acqua che ha reso inagibile una vasta parte del carcere, aveva spinto il direttore del carcere alla soluzione alternativa. Pare siano cinquanta, infatti, i posti non utilizzabili. E pare che per questa ragione, a fronte di una popolazione di 160 reclusi, vengono usati proprio tutti gli spazi possibili.

La Uil Penitenziaria, attraverso il delegato Fabio Pagani, aveva immediatamente diffuso una nota segnalando che il piano di ristrutturazione delle carceri da 166 milioni, non prevede “neanche un centesimo per la Liguria”. Oltre al fatto che “la casa circondariale spezzina è stata ristrutturata di recente, ma il dato di fatto è che fa acqua da tutte le parti, e quei lavori – ha spiegato Pagani – erano finiti al centro di una inchiesta per presunti “appalti truccati”.

Secondo dati da poco diffusi dall’Associazione Ristretti Orizzonti, inoltre, solo nel 2022, i suicidi negli istituti penitenziari italiani sono stati 84. Allarme che va a sommarsi a quello lanciato nella prima parte del 2009, anno dei record negativi in tal senso, dove soltanto in Liguria si era arrivati a ben 19 morti.

Da più parti per il carcere di La Spezia si denuncia il problema strutturale, ovvero innanzitutto la mancanza di agenti che possano garantire turni dignitosi e poi l’impianto idraulico e di riscaldamento fatiscenti. Ma il problema più serio, come in tante altre strutture italiane, è rappresentato dal sovraffollamento: nelle casa circondariale di La Spezia oltre 160 persone si dividono spazi che sarebbero destinati ad un massimo di 50.

L’associazione “Nessuno tocchi Caino, che oramai da decenni si occupa del rispetto dei diritti dei carcerati e di chiedere il rispetto delle condizioni minime di dignità nelle strutture penitenziarie italiane, presieduta da Rita Bernardini e rappresentata sempre da Sergio D’Elia, gira le città italiane per visitare le carceri e organizzare discussioni pubbliche sul tema.

Sono oltre 6mila – ha ricordato la stessa Bernardini – i detenuti in tutta Italia, oltre centomila i “liberi sospesi” sui quali i magistrati si devono pronunciare. Però a volte – ha aggiunto – riscontriamo una certa indolenza, una certa rigidità nei rapporti”.

Parlando per esempio del carcere di Cosenza, ha detto tra le altre cose: “Qui non c’è attenzione e ne va dei diritti fondamentali dei detenuti. Ci sono alcuni detenuti con un ‘fine pena’ molto basso, alcuni di pochi mesi, ma sono pochissimi quelli che hanno possibilità di accedere all’affidamento al lavoro, ai permessi premio o alle misure alternative. Se in un paese non funziona la giustizia, non funziona il paese“.

E la Calabria, come si è visto, non è l’unica parte d’Italia in difficoltà.

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