Liceo Classico Chiabrera Martini
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“Stranieri in Italia”: lo sfogo delle famiglie per la circolare del Liceo Classico Chiabrera che “invita soprattutto le studentesse ad un abbigliamento consono per non offendere le altre culture”

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Tempo di lettura: 3 minuti

Nel mirino delle famiglie una circolare del dirigente scolastico

La polemica cresce di giorno in giorno al Liceo Classico Chiabrera Martini di Savona dove da fine settembre gira una circolare che ha fatto infuriare molti genitori.

Il dirigente scolastico Domenico Buscaglia ha scritto alle famiglie, come avviene ad ogni inizio dell’anno scolastico e, tra i vari temi toccati, si è soffermato sull’abbigliamento da tenere a scuola.

L’esigenza di un abbigliamento consono a scuola che tenga conto delle diverse esigenze culturali degli alunni è un argomento di per sè molto importante

L’abbigliamento può addirittura influenzare la vita degli studenti e può anche riflettere la diversità culturale all’interno di una comunità scolastica.

“Riguardo all’abbigliamento – si legge nella circolare – il Patto di corresponsabilità chiede agli studenti di adottare comportamenti e abbigliamento pienamente consoni all’ambiente scolastico.

Invito quindi soprattutto le studentesse a sorvegliare il loro abbigliamento, riflettendo sul fatto che, in un contesto multiculturale come quello in cui siamo, abbigliamenti troppo disinvolti rischiano di offendere sensibilità proprie di altre culture che hanno ormai pieno diritto ad essere rispettate”. 

Due gli aspetti che non sono andati giù alla maggior parte delle famiglie: la questione del contesto multiculturale e quel “soprattutto le ragazze”.

Lo sfogo di un genitore: “Stiamo diventando stranieri in Italia”

La scuola per prima dovrebbe incoraggiare il rispetto e l’apertura verso le diverse culture rappresentate tra gli studenti, ma senza propendere per l’una o per l’altra.

“Noi dobbiamo giustamente accettare un velo – dice un genitore – e dobbiamo nel contempo privarci di una maglietta un po’ più scollata? Qui stiamo diventando stranieri in Italia!”

Sarebbe importante, nel momento in cui si riconosce che gli studenti provengono da sfondi culturali diversi e possono avere esigenze e abiti tradizionali specifici legati alla loro cultura,  cercare di trovare un equilibrio tra uniformità e diversità culturale.

Una famiglia, però, non ha perso tempo ed ha subito scritto una prima lettera al dirigente scolastico in data 7 ottobre. Quello che segue è il testo della lettera.

Il testo della lettera di un genitore del Liceo Chiabrera Martini al dirigente scolastico

“Nei giorni scorsi abbiamo letto la circolare di cui all’oggetto e da lei firmata, assolutamente non abbiamo nulla da eccepire (e ci mancherebbe ancora), ma le ultime frasi ci hanno lasciato piuttosto con l’amaro in bocca per il loro contenuto a nostro avviso sottinteso.

La mia premessa è che ci troviamo in tempi difficili, dove trovare le parole giuste per non offendere vale più di mille azioni valorose, dove la donna è sempre più vista come un oggetto o come colei che istiga ed anche la magistratura in qualche infelice sentenza avvalora questa tesi, dove trovare il giusto equilibrio con culture differenti non è ancora facile.

Quindi perchè calcare il dito sulle ragazze come le principali portatrici di abbigliamento non consono o sul dovere di vestirsi adeguatamente coperti per non disturbare culture differenti, addossandole una responsabilità enorme?

Noi pensiamo che proprio per facilitare quel complesso iter di integrazione fra culture sarebbe bastato dire che a SCUOLA occorre un abbigliamento consono, decoroso e dignitoso, pur senza rinunciare ad esprimere la propria individualità personale, a prescindere, così come in ogni luogo pubblico o soprattutto istituzionale,per il rispetto di CHIUNQUE.

“Lei sa bene in alcuni casi…non è certo l’abbigliamento ad essere indecente”

Anche se purtroppo come lei sa bene in alcuni casi…non è certo l’abbigliamento ad essere indecente ma la struttura di molte scuole stesse, fatiscenti e altro ancora.

Inutile, a parer nostro, anche calcare l’accento sulle ragazze che altresì sempre più si stanno adeguando ai modelli errati dei social network, ma non per questo vanno additate come quelle vestite poco,diventa pericoloso questo modo di pensare.

Rimango perplessa che gli studenti stessi non abbiano ravvisato nulla da questa circolare che valesse la pena controbattere, quasi ormai non intuissero più che hanno il diritto di dire la loro. Una volta per molto meno avrebbero fatto “baccano”mi passi il termine.

Ecco per concludere, secondo noi bastava assolutamente chiedere legittima adeguatezza ad un dress code dignitoso e decoroso, ma per tutti, senza fare riferimento al genere o ad altre culture,noi genitori altresì ci impegneremo a ripetere l’insegnamento a casa di certe norme di buona educazione per la crescita intellettuale dei nostri figli in continuità con la scuola  e in armonia con la società multiculturale che noi tutti auspichiamo.

Mi sono confrontata con altri genitori che la pensano come noi, ma mi espongo in prima persona, in quanto trattasi meramente di una critica costruttiva e democratica”.

Studenti in classe

La replica del dirigente del Liceo Chiabrera Martini Domenico Buscaglia

Il dirigente Buscaglia non ha ovviamente esitato a rispondere ed ha anzi spiegato che l’accento sulla popolazione scolastica femminile è stato messo perchè le lamentele sull’abbigliamento riguardano nella maggior parte dei casi proprio le studentesse.

“[…] Riguardo alla sottolineatura sulle ragazze, riconosco senza difficoltà che può apparire come un messaggio “schierato”su un fronte maschilista. Non lo è.

Semplicemente, nel corso del passato anno scolastico e anche in quello attuale, le numerose segnalazioni che i docenti, di entrambi i generi e di entrambi i plessi, mi hanno fatto, riguardavano sempre studentesse.

Questo è il motivo per cui ho malaccortamente inserito una sottolineatura che era passibile, come in effetti è stato, di generare dissapori.

Me ne scuso con voi e con tutta la comunità scolastica.

In quanto all’accesso alle differenti culture, devo fare una necessaria premessa.

Per sette anni ho diretto una scuola, il CPIA della Provincia di Savona, in cui l’utenza musulmana è una componente preminente.

In questi anni ho maturato la convinzione che, se abbiamo tutto il diritto e anche il dovere a sentirci e a comportarci come Europei, portatori di una cultura democratica e pluralista, non dobbiamo invece ritrovarci eurocentrici, ignorando che, ormai anche nel nostro Paese, le comunità sociale, lavorativa, scolastica, ospitano numerose culture che devono trovare spazio e tutela.[…]”

Una frase stonata in un periodo storico di lotta al sessismo

Di certo il passaggio “Invito quindi soprattutto le studentesse a sorvegliare il loro abbigliamento” pare, anche se nelle intenzioni del dirigente non lo è, inopportuno ed antistorico, in un periodo che ci vede quotidianamente impegnati nella lotta al sessismo e alla tutela della figura femminile.

A scuola è bene che gli studenti si sentano liberi di esprimere la propria personalità  attraverso l’abbigliamento senza discriminazioni o pregiudizi. Certo, con sempre alla base un solido rispetto dell’istituzione scolastica.

Aspetto, questo, mai messo in dubbio dalle famiglie che hanno contestato il dirigente.

C’è stata infatti un’altra lettera, questa volta firmata da quasi 70 nuclei familiari, inviata il 13 ottobre in risposta alla precedente puntualizzazione del dirigente scolastico.

Si rimarca l’inopportunità della frase rivolta alle studentesse, senza per questo mettere in dubbio il rispetto del decoro scolastico richiesto.

“Nella circolare si fa riferimento al patto di corresponsabilità che chiede agli studenti di “adottare comportamenti e abbigliamento pienamente consoni all’ambiente scolastico”.

E noi ci troviamo totalmente d’accordo su questo punto.

Del resto, questo aspetto è già stato regolato dal patto di corresponsabilità firmato da noi genitori.

Quello che però ci ha molto colpiti e scossi è l’invito con cui prosegue la circolare e che è rivolto soprattutto alle studentesse.

Citiamo: “invito quindi soprattutto le studentesse a sorvegliare il loro abbigliamento riflettendo sul fatto che in un contesto multiculturale come quello in cui siamo abbigliamenti troppo disinvolti rischiano di offendere sensibilità proprie di offendere di altre culture che hanno ormai pieno diritto ad essere rispettate”.

Servono comprensione, accoglienza ed integrazione

Il contesto multiculturale in cui viviamo comporta un’integrazione e un’accoglienza che certamente passano attraverso il rispetto, ma troviamo queste indicazioni e suggerimenti, dati in particolare alle studentesse, svilenti e degradanti per le ragazze stesse.

Non solo, ma una precisazione di questo tipo va a ledere anche il ruolo che le famiglie hanno nell’ambito dell’educazione dei propri figli e dell’insegnamento delle regole di rispetto e convivenza a livello sociale.[…]”

La scuola può infatti sì svolgere un ruolo importante nell’educare gli studenti al decoro, alla diversità culturale e all’importanza del rispetto reciproco, ma sempre in collaborazione con le famiglie.

Coinvolgere genitori, docenti e rappresentanti della comunità nelle decisioni riguardanti le politiche sull’abbigliamento può aiutare a garantire che siano rispettate le esigenze culturali di tutti e che ci sia un consenso all’interno della comunità scolastica al fine di promuovere un ambiente davvero inclusivo. 

La scuola dovrebbe quindi sviluppare politiche sull’abbigliamento che siano inclusive e rispettose delle diverse esigenze culturali degli studenti.

Queste politiche dovrebbero essere chiare e comunicate in modo efficace a studenti, genitori e personale scolastico.

Anche a seguito della seconda lettera, il dirigente Buscaglia si è subito premurato di rispondere in modo chiaro e dettagliato.

“La scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza”

Non sono mancate precisazioni anche in merito all’imprescindibile  ruolo educativo della scuola.

“[…] Ci sono due punti però che desidero esaminare con voi, specifici della vostra lettera.

Le mie indicazioni sarebbero, a parere dei firmatari di questa lettera, “svilenti e degradanti”. Questo giudizio, molto forte,non è motivato.

Avrei capito se fossero state ritenute inopportune, o passibili di fraintendimenti; invece gli aggettivi usati sono ben altri.

C’è inoltre il sentimento che io sia stato lesivo del “ruolo che le famiglie hanno nell’ambito dell’educazione dei propri figli”.

Non pare che qui si tenga conto che la scuola è un’agenzia formativa quanto educativa che la comunità scolastica, nel suo insieme di studenti,docenti e famiglie,è un ineludibile punto di riferimento per i nostri ragazzi.

Ciò è ricordato, oltre che da vasta letteratura pedagogica,anche e con forza dal CCNL comparto scuola e ricerca, che, all’art.24 recita: “la scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni.”

Certo, una gestione partecipata prevede e richiede momenti di confronto dialettico, anche impegnativo; l’importante è si tratti di confronto autentico, che non ci siano condanne a priori.

Unendo gli stralci esaminati nei due precedenti capoversi ho il timore che invece il giudizio sia già stato dato.

Mi auguro solo che la discussione, di cui non so nulla, ma che immagino ci sia stata, in seno alle famiglie, sia avvenuta evitando con ogni cura di delegittimare l’Istituzione scolastica e i suoi appartenenti.

Questo perché, nell’interesse dei loro figli, le famiglie hanno bisogno di una scuola che sia un interlocutore credibile e che possa fornire loro il necessario supporto nei tanti momenti impegnativi che si presentano nell’arco del quinquennio di studi”. 

La notizia della circolare incriminata del Liceo Classico di Savona sta facendo il giro di tutti i giornali liguri e nazionali

Sembra che il tentativo da parte del dirigente di spegnere la polemica – rispettosa e  garbata – delle famiglie sia allo stato attuale fallito.

Il dialogo auspicato non si è rivelato proficuo: il tema è di per sè delicato – abbigliamento ed inclusività culturale – mettere di mezzo anche la discriminazione contro le donne – seppur non voluta – ha di certo acceso gli animi delle famiglie delle studentesse.

L’abbigliamento scolastico e l’inclusività dovrebbero di fatto riflettere l’equilibrio tra uniformità e diversità culturale, promuovere l’uguaglianza e l’inclusione tra gli studenti.

Si diventa adulti migliori se si cresce con il rispetto per le istituzioni e per chi ci sta accanto, se si impara a convivere con armonia e se, soprattutto, non si è oggetto o soggetto di discriminazioni di qualsiasi tipo.

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