Ho atteso tanto che la regina del giallo nordico Camilla Läckberg riprendesse le fila dei suoi protagonisti. Con “Il figlio sbagliato”, recentemente pubblicato, finalmente torniamo a Fjällbacka: Erica Falck è divenuta nel frattempo una nota scrittrice e il sostegno tra lei e suo marito, il poliziotto Patrik Hedström, è immutato.
È autunno. In paese sono in corso i preparativi per un’importante mostra fotografica: Rolf Stenklo sta per esporre le sue opere più personali ed intime. Ma quando mancano solo due giorni all’inaugurazione viene ritrovato senza vita. Questo delitto è solo il primo di una serie di fatti aberranti e atroci che si susseguiranno. Quando anche la casa dello scrittore Henning Bauer subisce una efferata aggressione diventa apparentemente inevitabile il collegamento con il Blanche, un esclusivo club culturale svedese destinato a pochi eletti.
Sia Bauer che Stenklo ne erano i fondatori.
Nel frattempo Erica va a Stoccolma per seguire una nuova pista per un romanzo, ispirato ad un fatto risalente agli anni ‘80. I due piani temporali si intersecano abilmente.
Trova Lola. E imbattersi in lei è qualcosa che non si può dimenticare. Così innamorata della vita, in un corpo che non le corrisponde. Lesioni da congelamento, cicatrici non risanabili, cresciuta nell’astio di non essere accettata per ciò che sentiva di essere.
Ciò che mi ha colpito in “Il figlio sbagliato” è stato in particolar modo l’affresco multidimensionale dei personaggi e l’indagine sulla natura umana, che si conferma più viva che mai nel libro dell’autrice. Ci troviamo in un ambiente culturale elevato dove ogni personaggio ha segreti da nascondere, lati oscuri, melma dove cercare di non sprofondare. E, nel contempo, emergono dinamiche familiari conflittuali inenarrabili che travolgono. Spesso il rancore si accumula per anni per poi esplodere all’improvviso. Oppure ci sono dolori coltivati nel tempo, che scardinano da dentro l’anima, la frastagliano fino a trasformarla in un brandello di oscurità dalla quale alcuna luce può più filtrare.
Una storia che parte in sordina ma che divampa e srotola davanti ai nostri occhi disfunzionalità familiari raccontandoci insieme un mondo, quello sotterraneo dell’emarginazione subita da chi sente nascere in sé una sessualità non convenzionale. E induce a riflettere su tantissime tematiche, così tante che elencarle sarebbe forse riduttivo.
Con una scrittura limpida e avvolgente, la Läckberg, semmai fosse servito, si conferma una protagonista assoluta del thriller scandinavo. Quel tipo di thriller che si snoda e stratifica su vari livelli senza mai trascurare la più rotonda e piena delle indagini: quella sull’animo umano e sul suo dolore, sulle dicotomie, sulle cicatrici. E sugli sbagli. Un solo errore può ripercuotersi irrimediabilmente sulle vite degli altri.
Consigliatissimo.