Rebranding Atlantia

Rebranding in Benetton: Atlantia cambia nome. Possetti: “Nessun restyling può cancellare la tragedia del Morandi”

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La presidente del Comitato vittime del Ponte Morandi, Eagle Possetti, si è espressa ieri sulle dichiarazioni di Alessandro Benetton alla presentazione della nuova holding di famiglia, Mundys. Questo nome dai richiami latini – dativo pl di [mundus], mundă, mundum: pulito – è stato infatti scelto da Benetton per il rebranding di “Atlantia”, il gruppo autostradale a pedaggio holding di Benetton, ma alla Possetti suona come una presa in giro.

Rimangono i buchi inferti dai chiodi che sono stati piantati, noi ne abbiamo 43 di buchi, un vuoto incolmabile“.

La presidente del Comitato vittime del Ponte Morandi, Eagle Possetti, sul rebranding di Benetton
La presidente del Comitato vittime del Ponte Morandi, Eagle Possetti, sul rebranding di Benetton – foto: Secolo XIX

Il rebranding della holding di Benetton

L’annuncio l’ha fatto Alessandro Benetton, presidente di Edizione, sottolineando che “non si tratta di un vestito nuovo su un corpo vecchio, ma di sancire un progetto studiato per più di un anno, un progetto che è fatto di discontinuità e innovazione. Un nuovo ciclo all’insegna della sostenibilità, per un dialogo sempre aperto tra la robotica, l’intelligenza artificiale e il risparmio energetico. Una società con cuore e testa italiane, pronta alle sfide del futuro“.

La presentazione ufficiale del restyling in atto ha avuto luogo ieri a Milano.

A questo, la rappresentante delle vittime del Ponte Morandi ha risposto:

“Atlantia cambia nome e diventa Mundys, che pare evocare il latino ‘mundis: pulito, puro’. Nessun restyling e nessun nuovo nome possono cancellare, far dimenticare, nessun bagno purificatore può affievolire quanto avvenuto. Quando avviene una tragedia come la nostra non c’è nulla purtroppo che si possa fare per tornare indietro, anche se ci fosse buona volontà, rimangono i buchi inferti dai chiodi che sono stati piantati, noi ne abbiamo 43 di buchi, un vuoto incolmabile, abbiamo chilogrammi di rabbia, di amarezza nel vedere quanta incompetenza, delinquenza, leggerezza sia stata introdotta in tutta la vicenda”.

Poi la determinazione nel continuare a non inchinarsi ai poteri forti: “Ogni volta che andiamo in aula ci si rivolta lo stomaco, ed aggiungiamo amarezza e rabbia. Ora che la cassaforte della famiglia Benetton cambia nome, cessa un nome scomodo, noi visualizziamo già il futuro, questa iniziativa di business troverà un’ampia corte che si inchinerà riverente a questo cambio di passo, che si inchinerà alla voglia di “reagire” di questa società, che si inchinerà alle campagne pubblicitarie progresso, alla vicinanza di personaggi di richiamo, ecc…Noi no!“.

Il processo Morandi intanto prosegue con l’ascolto dei tecnici.

Mercoledì 15 marzo, ha parlato in aula il testimone Alberto Gennari Santori, ingegnere strutturalista. Questo era uno dei due soci di Most che per conto di Spea realizzava le indagini riflettometriche. Tra il 1999 e il 2001 le prove riflettometriche, usate per analizzare lo stato di salute dei cavi nei ponti strallati, iniziarono a mostrarsi inattendibili. Eppure Aspi e Spea continuarono a fare affidamento su di esse. Possetti commenta anche le dichiarazioni di Alessandro Benetton – secondo cui per il Morandi erano state date le prove del caso – affermando che la discontinuità tra Atlantia e Mundys indica la consapevolezza delle responsabilità sul caso del Ponte Morandi.

“Tutto quanto avvenuto, a loro dire, per avere troppo “delegato” non convince, e non convince soprattutto noi, viene la pelle d’oca a pensare che questo gruppo possa diventare leader mondiale delle infrastrutture e viene la pelle d’oca a pensare che una nazione possa avere a suo tempo pensato di cedere infrastrutture sensibili, come quelle aeroportuali ad una società privata, ma ora sarebbe comunque tardi per ripensarci. Solo anni ed anni di buon lavoro potranno far sedimentare il loro reale cambio di strategia”.

ha concluso nella sua comunicazione la Presidente Possetti

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