Esattamente dieci anni fa, il 13 Marzo del 2013, si affacciava alla finestra della Loggia delle Benedizioni di San Pietro per presentarsi ai fedeli e a tutto il mondo Jorge Mario Bergoglio, o meglio – come si definì lui stesso – il “Papa venuto dalla fine del mondo”. Gesuita argentino, vescovo di Buenos Aires dal 1998, 266° papa della Chiesa cattolica e Vescovo di Roma, Bergoglio è il primo pontefice proveniente dal Sud America.
“Habemus Papam, qui sibi nomem imposuit Franciscum”
Il nome, Francesco, simbolo di semplicità e povertà, rivela da subito il nuovo corso che si vuole dare alla Chiesa, la nuova fase della cristianità che si è appena avviata.
Fin dal primo momento appare chiaro l’indirizzo che vuole dare al suo pontificato: la semplicità, la sobrietà, la rinuncia agli agi e ai privilegi. Rimane infatti a vivere a Santa Marta, la residenza vaticana che ospita cardinali e vescovi di passaggio a Roma, nata come casa di accoglienza per ecclesiastici provenienti da tutto il mondo, e dove Papa Francesco ha deciso di continuare a vivere anche dopo l’elezione al soglio pontificio, non solo per rinunciare ai vantaggi e alle comodità dell’appartamento papale posto in cima al palazzo apostolico, ma per rimanere ancora di più a contatto con le persone e non divenire, come lui stesso ha affermato, irraggiungibile dalla gente.
Qui trascorre anche i periodi estivi e di vacanza dedicandosi agli incontri non ufficiali, allo studio e al riposo, e facendo diventare la residenza estiva di Castelgandolfo un museo.
La semplicità, la sobrietà e la normalità sono i tratti che caratterizzano tutti gli aspetti della vita di Bergoglio: non ha segretari particolari, ma collaboratori che si avvicendano per periodi non troppo lunghi, indossa la croce pettorale d’argento e non d’oro come i suoi predecessori, chiede auto non di lusso per gli spostamenti.
“Nessuno si salva da solo”
Oggi, a dieci anni dalla sua elezione, possiamo dire che in tutto questo tempo ha portato avanti con coerenza e determinazione il suo programma dottrinale, affrontando tutti i temi e le sfide più importanti: la povertà, l’emarginazione, le disuguaglianze, le malattie, la sofferenza, la pace perduta.
La sua semplicità deve essere intesa come essenzialità, concretezza e forza nel sostenere la Chiesa verso la sua ricostruzione dall’interno e facendone percepire l’importanza all’esterno, nelle questioni internazionali come nella vita di tutti i giorni, come ha decisamente affermato nell’enciclica “Fratelli tutti”, in cui sostiene che “nessuno si salva da solo”, ognuno ha bisogno dell’altro nella vita di tutti i giorni, nella chiesa come tra le comunità tutte.
In un periodo di difficoltà enormi e di equilibri instabili come quello attuale, sta cercando di mediare e portare all’unione, alla comprensione, alla pace.
E’ un grande comunicatore, ed il suo modo di parlare alle persone è semplice, lineare, facilmente comprensibile, e rafforzato dall’esperienza di una vita a contatto con la gente, da quando era arcivescovo a Buenos Aires e predicava la parola di Dio fra le persone delle parrocchie come tra gli ultimi nelle strade. Francesco sta cercando di dare voce a chi soffre, a chi è emarginato, a chi è malato, perché nessuno va dimenticato.
Sta camminando con la gente e fra la gente per la realizzazione di un’umanità più fraterna, più accogliente. Può sembrare una sfida utopistica sia a chi è credente, sia a chi non lo è, però sta tentando, da dieci anni si sta adoperando per questo e per molto altro, facendo sentire con forza la presenza della Chiesa a livello internazionale.
Le riforme e i traguardi
Il periodo particolarmente difficile in cui si è svolto e sta continuando a svolgersi il suo pontificato, passando per gli anni della pandemia, i conflitti sociali, la corruzione, la guerra, lo hanno portato a condannare con forza e a trovarsi contro molti critici e avversari.
Stroncare la pedofilia, mettere fine alla corruzione in Vaticano, approvare una nuova Costituzione Apostolica, ridurre i poteri della Segreteria di Stato Vaticana, sono solo alcuni degli obiettivi raggiunti da Papa Francesco in questi anni.
Riceve critiche sia dalla destra più conservatrice, che lo accusa di troppe aperture destabilizzanti per la tradizione cattolica, sia dalla sinistra più progressista, che auspica di arrivare presto ad una transizione democratica più forte, dall’abolizione del celibato all’apertura al sacerdozio delle donne e alla liceità dei matrimoni omosessuali.
Oggi non sono previste particolari celebrazioni in Vaticano, come il Papa stesso ha deciso, ma si terrà solamente una messa con tutti i cardinali del Collegio.
Sicuramente anche in questo giorno, come sempre, Francesco cercherà di parlare a tutti, uomini di chiesa e laici, credenti e non, per far percepire la presenza della Chiesa nelle questioni del mondo e riflettere sulla sinodalità, punto centrale del suo predicare, per riscoprire gli insegnamenti cristiani e l’importanza dei valori che oggi stiamo perdendo: la fratellanza, la solidarietà, il rispetto, importanti per tutte le persone, di qualunque credo religioso esse siano.
Roma omaggia i dieci anni dè Papa Francesco (di Walter Festuccia)
Io credo chè nun mè sbajo sè dico chè nella storia recente dè lì Papi, tre sò stati quelli chè nella memoria dè là gente stànno sempre dentro ar còre.
Uno è Papa Giovanni XXlll eletto nèr 1958 chè cò quer faccione pacioccone mise nà parola bòna pè fermà nà gùera, poi venne nèr 1978 n’Papa che veniva dà Est ma che sembrava Trasteverino, “Dàmòse dà fà, volemòse bene sèmo Romani” e forte e tenace diede nà mano a buttà giù n’muro.
Er Terzo, Papa Francesco venne eletto er 13 Marzo dèr 2013 veniva dà lontano pure lui e quanno lo vedi pensi che assomja a tù patre, speramo tutti che campi cent’anni perché è uno che s’empegna, lotta, s’encazza e sì sèrve arza pure la voce quànno vede che er monno n’pazza.
Papa Francesco è uno che soffre quasi fosse n’croce crocifisso e vorebbe dà la vita sua pè la sàrvèzza der creato. Er 13 Marzo der 2013 è stato eletto Papa e ad oggi anno dòmini 2023 sò passati dieci anni ma n’fònno sembra solo ieri, n’tanto er monno stà cambiando a n’passo dalla fantascienza, lui còr sòriso cè rassicura dè annà avanti e dè avè fede, cò la concretezza sua sà chè cò stò monno nun sè scherza, la pazzia sconquassa l’esistenza eppure lui cè fà tènè stretta la speranza che l’umanità proprio nei momenti estremi dè difficòltà sà rimànè a galla.
Dieci anni dè pontificato nun sò pochi e a Roma sè dice che la vecchia nun vòleva mai mòrì, perciò tocca a lui fino a chè potrà dè tirà la caretta della Cristianità, Roma che è città eterna solo nun lò lassa perché Roma pè tutto er monno è simbolo dè pace e fratellanza.
Foto di copertina: Agenzia Dire