Sara Durantini torna in libreria con Annie Ernaux – Ritratto di una vita (Dei Merangoli Edizioni), una monografia sulla vita e sulle opere della scrittrice francese che ha appena vinto il Premio Nobel per la Letteratura (2022).
L’opera contiene le illustrazioni dell’artista Floriana Porta e si completa con una lunga intervista che la scrittrice francese ha rilasciato all’autrice presso la sua casa a Cergy, nell’ottobre del 2021.
Le difficoltà nei rapporti familiari e parentali, la sessualità femminile, la libertà e l’educazione sessuale, i disturbi dell’alimentazione nelle giovani donne, l’aborto e l’aborto clandestino, la posizione sociale della donna, la malattia, la vita matrimoniale, la maternità e le difficoltà professionali, il divorzio, l’emancipazione femminile e l’Alzheimer, sono solo alcuni dei temi civici, sempre attuali, di cui la scrittrice francese tratta nei suoi libri. Ma la caratteristica che probabilmente l’ha resa famosa è che lo fa sempre in modo almeno parzialmente autobiografico, quasi incidentale e, quindi credibile e verosimile, alla portata di chiunque.
La sua scrittura è costituita da frammenti di vita reale restituiti alla collettività.
“Ogni corpo appartiene a un rango definito”. Cosa possiamo imparare da questo dato di fatto e dalle sue trasformazioni nella contemporaneità?
È una frase che sento mia e che per molto tempo mi è rimasta addosso come un marchio.
Il corpo che appartiene a un rango, a una classe sociale ben definita e da quella non può sfuggire come se il destino di una persona non avesse alternative. E questo è ancora più forte e vero se a viverlo è una donna.
Ce lo insegna la storia e ce lo insegnano molte scrittrici attraverso la loro storia individuale come Annie Ernaux.
Per molto tempo Ernaux ha vissuto il senso di colpa per aver voltato le spalle alla propria “razza”, al mondo nel quale è cresciuta, un mondo povero. Il senso di colpa alimenterà quella della vergogna per poi esplodere attraverso la scrittura diventando strumento per dare voce alle ingiustizie e alla propria stirpe quella che, nel discorso in occasione del Nobel per la letteratura 2022, ha definito “di contadini senza terra, di operai e di piccoli commercianti, di gente disprezzata per i loro modi, il loro accento, la loro ignoranza, (pensavo che, ndr) una vittoria individuale potesse cancellare secoli di dominazione e povertà”.
Questo discorso mi colpisce poiché io stessa vengo da una famiglia di contadini e operai e da loro ho preso le distanze, in un qualche modo sento di aver voltato le spalle, di essermi allontanata ma non potevo far altrimenti.
Credo che la società contemporanea tenda ad acuire le disuguaglianze in termini sociali e di genere.
Le stesse piattaforme social e l’offerta culturale italiana esasperano un certo tipo narrazione dove tutto diventa spettacolarizzazione. Parlare di queste tematiche è tutt’altro che anacronistico anzi aiuta a riflettere sulla direzione che stiamo prendendo, con un po’ di delusione mi verrebbe da dire la deriva verso la quale stiamo andando. Ma sta a noi, alle istituzioni, alla politica, prendere coscienza delle problematiche reali per poter agire in modo efficace.
“Non ha un io determinato ma diversi io che passano da un libro all’altro” – citazione da Memorie di ragazza. È così oppure è come se l’opera dell’autrice fosse un unico libro?
Quando Annie Ernaux ha scritto quella frase era la fine degli anni ’90 mentre stava scrivendo Memoria di ragazza e contemporaneamente L’evento.
Ripensando alla ragazza del ’58, Ernaux scrive proprio quelle parole: “Non ha un io determinato ma diversi io che passano da un libro all’altro” delineando i contorni di una giovane ragazza alla scoperta di se stessa, che si identifica con i personaggi dei libri letti poiché non trova, nella realtà, dei modelli di riferimento femminili.
Solo a posteriori identificherà la madre come colei che la introdusse al femminismo ma in quel momento, nel 1958, Annie è una ragazza che fluttua alla ricerca di se stessa.
Questo lo testimonia anche il bisogno di essere accettata dal gruppo di ragazze della colonia dove trascorrerà l’estate come educatrice e successivamente il desiderio di essere amata dal capogruppo identificato come “H” (esperienza dalla quale ne uscirà devastata e che la segnerà per tutta la vita tanto da impiegare quasi quarant’anni prima di scrivere quello che le accadde).
Memoria di ragazza si inserisce nella produzione letteraria di Annie Ernaux dove ogni libro è un capitolo della sua vita. Una produzione che non è semplicemente autobiografica ma auto-socio-biografica guidata da una scrittura etnografica, politica, femminista.
Da questo punto di vista, e come ho avuto modo di scrivere nel ritratto che ho fatto di Ernaux, si ogni libro va a comporre una grande opera letteraria contemporanea unica nel suo genere.
Ci parli della metanarrazione nei romanzi di Ernaux?
Nel mio libro cito una frase di Annie Ernaux tratta da Gli Anni: “Le sembra che dietro di lei ci sia un libro che si scrive da solo, semplicemente vivendo” e a questo aggiungo che, dedicandosi alla scrittura, nel tempo intreccerà “la sua voce, intima e potentissima, a quella di tante altre donne. Tutte le immagini che bucano le pagine dei suoi libri, il rapporto con i genitori, la sorella mai conosciuta, il cibo, il sangue, il corpo, la memoria, prendono vita sulla carta delineando una sorta di metanarrazione in cui la sua storia personale si dispiega in un racconto collettivo che trascende i confini del tempo e dello spazio“.
La metanarrazione nei libri di Annie Ernaux si riflette proprio in questo intervento dell’autrice nel testo modellandolo per donargli uno stile personalissimo e ben riconoscibile per poi distaccarsene, scrivendo come se la donna del libro non fosse lei.
A questo proposito Annie Ernaux parla di “io transpersonale”, un io che le appartiene e al tempo stesso non fa parte di lei, la storia narrata che non è storia semplicemente individuale ma diventa collettiva.
La scrittura è un mezzo per far rivivere (e forse rendere giustizia e dignità) alla realtà?
Per Annie Ernaux la scrittura è (anche e soprattutto) atto politico. Di questo ha parlato ampiamente durante il discorso in occasione del Nobel per la Letteratura. La scrittura è strumento per salvare dall’oblio le immagini che altrimenti si perderanno e si cancelleranno nel tempo (lo scrive nell’incipit de Gli Anni), ed è altresì uno strumento per ridare dignità (trovo che la parola che hai utilizzato sia azzeccata) al mondo dal quale proviene, all’esistenza femminile. È una scrittura onesta che si immerge nella storia per raccontarla con sguardo acuto e profondo. Una vita, quella di Annie Ernaux, consacrata alla letteratura e qui in filigrana si vedono gli echi del lavoro immenso e magnifico di Proust (scrittore da lei amato e ammirato).
Il linguaggio come strumento di indipendenza. Quali sono il potere e limiti?
La scrittura di Annie Ernaux è una scrittura libera e in nome di questa libertà ha raccontato, nel tempo, le donne e si è battuta, attraverso i suoi libri, per i diritti femminili (L’evento, La donna gelata, Memoria di ragazza, Passione semplice…), per le ingiustizie sociali (Guarda le luci amore mio…), ha raccontato il corpo delle donne attraversato dalla malattia (L’usage de la photo), il suo essere un “disertore” sociale.
La sua scrittura non assoggettata da logiche politiche e sociali ma totalmente libera è stata, negli anni, molto criticata: già nell’ ’84 dopo la pubblicazione de Il Posto, oppure nel ’97 a proposito di Non sono più uscita dalla mia notte, negli stessi anni per Passione semplice e più tardi per L’evento.
Nonostante ciò, la sua scrittura non si è mai fermata, mai scesa a compromessi, sempre fedele al suo progetto letterario. In questo sta il grande potere della lingua di Annie Ernaux.
Lungo il testo ci sono varie riflessioni su come la società si aspetta che una donna debba scrivere. Ce ne parli?
Queste riflessioni riguardano la ricerca letteraria di Annie Ernaux quando lei raggiunge una certa maturità. Siamo alla fine degli anni Novanta, ha già pubblicato Il Posto e Una donna, due libri che consacreranno il suo stile auto-socio-biografico e definiranno la direzione del suo modo di fare letteratura.
La questione femminile era già stata affrontata da Ernaux con la pubblicazione de La donna gelata ma ritorna prepotentemente con Passione semplice, caso editoriale che le portò non poche critiche da parte di un pubblico soprattutto femminile e anche da parte di una buona fetta di giornalisti.
Qui lei si lascia andare a una scrittura che esalta i sentimenti femminili solitamente considerati frivoli (basti pensare alla celebre frase di Natalia Ginzburg “spesso le donne, quando scrivono, non riescono a liberarsi dei sentimenti, non sanno guardare a se stesse ed agli altri con ironia”) prendendo forza dalle parole di Simone de Beauvoir sul percorso femminile, sull’intreccio fra scrittura narrativa e scrittura autobiografica, fra voce personale e collettiva.
Ci sono state altre donne che hanno illuminato la strada di Ernaux, sotto diversi punti di vista, verso una posture d’écriture libera e non asservita allo sguardo maschile: Virginia Woolf, Simone Veil, per non parlare delle donne della sua famiglia, prima fra tutte la madre.