Le recenti difficoltà dell'iconica città della Baia rischiano di diventare simbolo del terremoto portato dall'intelligenza artificiale

San Francisco, presagio del cambiamento

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Le recenti difficoltà dell’iconica città della Baia rischiano di diventare simbolo del terremoto portato dall’intelligenza artificiale

San Francisco è una città in crisi. Dal 2019 al 2021 ha perso il 6,3% dei suoi residenti, 60000 taxpayers che dichiaravano 14 Mld di dollari l’anno, una media di 230k dollari pro capite. La maggior parte di questi lavora nel settore tecnologico o ne è imprenditore. Quando la diffusione del remote working, spinta dalla pandemia, ha dato la possibilità a questi abbienti San Franciscans di sfuggire al pessimo rapporto prezzo/qualità degli ultimi anni, hanno colto l’occasione trasferendosi in luoghi altrettanto costosi ma caratterizzati da una fiscalità migliore e/o da una qualità della vita superiore.

Infatti, se da un lato i prezzi degli immobili (e coerentemente degli affitti) e la fiscalità sono molto elevati a San Francisco, dall’altro la città è afflitta da gravi problemi di criminalità e droga. Le scuole pubbliche sono scadenti, numerosi i senzatetto e fare business è costoso. Questi Techie in fuga dalla Baia hanno scelto di trasferirsi in Florida, dove la fiscalità è sensibilmente inferiore, oppure nelle lussuose località sciistiche del Wyoming, come Jackson Hall, che sono di fatto enclavi per ricchi, dove non esistono criminalità e povertà.

Da questa condizione, di certo non ottimale, San Francisco affronterà la rivoluzione indotta dall’intelligenza artificiale. Secondo le stime di Layoffs.fyi da inizio anno sono state licenziate quasi 90000 persone nel settore tech, che si vanno ad aggiungere alle 160000 rimozioni del 2022. Di questi 250000 licenziamenti a livello globale negli ultimi 13 mesi, uno su tre è stato nella San Francisco Bay Area. Apple è stata l’unica società del Big Tech a non aver ancora annunciato licenziamenti. Amazon, Meta, Microsoft e Alphabet (Google) hanno, al contrario, tagliato complessivamente 50000 dipendenti. I Ceo delle quattro società sono stati concordi nel giustificare questi tagli con l’aggressivo ritmo di assunzioni compiute nel biennio 2020/21. Le condizioni di mercato sono mutate in negativo e di conseguenza, la necessità di difendere i margini, richiede inevitabilmente tagli del personale nel settore tecnologico.

Ma dietro a questi licenziamenti vi è anche l’intelligenza artificiale. Sundar Pinchai (Ceo di Alphabet) è stato esplicito nel dichiarare l’intenzione di ristrutturare in modo duraturo la base costi della società diminuendo le assunzioni e facendo leva sugli strumenti di intelligenza artificiale sviluppati in house per migliorare l’infrastruttura tecnica e la produttività dei suoi dipendenti. Nardella (Ceo di Microsoft) dal World Economic Forum di Davos conferma che dopo i fasti della pandemia, il settore tech deve produrre di più con meno, dovrà dimostrare attraverso i suoi stessi miglioramenti di produttività le potenzialità della tecnologia che ha sviluppato e sta sviluppando.

La strada tracciata è quella dell’intelligenza artificiale che assiste il lavoratore, non lo sostituisce. Finora abbiamo parlato genericamente di intelligenza artificiale, ma possiamo essere più precisi definendo questa tecnologia rivoluzionaria come algoritmi generativi, ovvero algoritmi che creano un nuovo contenuto originale sulla base dei dati su cui sono stati allenati. Un esempio di algoritmo generativo è il popolare ChatGPT, allenato su quasi l’intero internet, 45 Terabytes di testi. Come molti di noi hanno sperimentato direttamente, ChatGPT è una chat capace di rispondere alle più svariate domande, scrivere codici, superare esami. È in grado di interagire con l’utente in maniera praticamente indistinguibile da un altro utente umano.

San Francisco, presagio del cambiamento. Le recenti difficoltà dell’iconica città della Baia rischiano di diventare simbolo del terremoto portato dall’intelligenza artificiale

In un futuro che è quasi presente, questi algoritmi ci assisteranno nel nostro lavoro, aumentando drasticamente la nostra produttività. Questo perché potremo ricercare informazioni più rapidamente, demandare agli algoritmi i compiti routinari, colmare anche i nostri limiti tecnici come non saper programmare. Il lavoratore diventerà un supervisore di algoritmi, che deve sapergli dire cosa fare e verificarne l’operato. Da un lato questo renderà il lavoro più stimolante e meno alienante, dall’altro le mansioni meramente esecutive verranno progressivamente assolte da algoritmi e non da persone.

La tecnologia porta a un’estrema competizione e meritocrazia che è spesso brutale. Paradossalmente San Francisco, la città simbolo della tecnologia nell’immaginario comune, ha perso la sua rendita di posizione su cui si era adagiata proprio a causa dell’avanzamento tecnologico e sta crollando a un ritmo vertiginoso. Ognuno di noi deve farsi trovare pronto a saper scalare il livello superiore della catena del lavoro, altrimenti rischia di fare la stessa fine.

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Info Edoardo Ciech

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