Oggi permettetemi, cari Lettori, di portarvi in un paese della Liguria fuori dalla Liguria.
Pochi chilometri a ponente del confine con la Francia c’è un borgo di collina alle spalle di Mentone, di quelli che i francesi chiamano “villages perchés“, traducibile con “paesi appesi”, perché a osservarli dal mare sembrano davvero appesi alle colline e alle montagne su cui si arrampicano.
Questo borgo “appeso” sopra la città e il mare di Mentone, abbracciato alle spalle dalle aspre colline calcaree che segnano il passaggio dalla Liguria alla Provenza, si chiama Gorbio.
Ha mantenuto il nome italiano anche dopo la cessione della Contea di Nizza alla Francia nel 1860 (beh, in francese suona Gorbiò…). I suoi abitanti sono “gorbarini” e parlano un dialetto di tipo mentonasco (come a Mentone), transitorio tra i dialetti liguri e quelli occitani.
Gorbio è un insediamento antichissimo.
La collina è stata abitata almeno dalla fine della preistoria, anche se il paese attuale sorse come insediamento militare templare sotto il conte Ottone II di Ventimiglia. Nel 1157 è documentato come “Golbi”, dal 1301 è Gorbio.
Credo che sia poco conosciuto dai tanti liguri e piemontesi che affollano i lungomare, i ristoranti e i negozi di Mentone.
Dal centro di questa città si prende la D23 e si sale per sette chilometri di strada “ligure”, tortuosa e per niente larga, che porta ad una piazzetta dalla pavimentazione chiara con un paio di locali per la ristorazione dove ci dà il benvenuto un magnifico albero monumentale.
Si tratta di un olmo di 309 anni, come dice un’iscrizione (scritta in italiano, lingua ufficiale dell’allora contea di Nizza governata dai Savoia) che ne segna la data di nascita nel 1713.
Da lì si dipartono i vicoli (chiamiamoli caruggi, dai) che risalgono con lieve pendenza il crinale della collina su cui poggia il paese.
I due caruggi principali hanno i nomi di due nizzardi celeberrimi: Rue Garibaldi e Rue Massena.
Seguendo Rue Garibaldi tra i muri delle antiche case in pietra e gli archivolti si incontra subito la fontana del Conte di Malaussène del 1882.
Poi si arriva alla chiesa parrocchiale di San Bartolomeo di fine Seicento (ma rinnovata nel 2010) con la vicina cappella quattrocentesca dei Penitenti Bianchi della Confraternita della Santa Croce.
Procedendo verso la “punta” del paese ecco il vecchio forno comunale per il pane e il castello (in realtà un palazzo) dei Conti di Malaussène, datato secc. XV-XVIII.
Si sale un poco per raggiungere la torre Lascaris (grande famiglia feudale erede dei conti di Ventimiglia) del XII-XIII secolo, che testimonia l’esistenza dell’antico castello. La torre oggi è un “contenitore culturale” che ospita mostre ed eventi.
Qua e là, tra le viuzze e gli archivolti del tranquillo paese, si fanno incontri curiosi, come le “crèches animées“, i presepi animati (ci sono anche in settembre, non occorre aspettare Natale per vederli).
O il “Potager partecipatif“, un piccolo orto pubblico condiviso nella piazzetta sotto la torre antica.
Lasciata la piazzetta della torre, Rue Gambetta ci riporta alla piazza dell’olmo.
Percorriamo la via accompagnati da un magnifico gatto dal pelo grigio e dallo sguardo intenso, da vero “ras del quartiere”.
Tutte le fotografie sono di proprietà di Gianni Dall’Aglio