Nel secolo scorso lo scrittore britannico J.R.R.Tolkien inventò una complessa mitologia che aveva come protagonisti le “Razze Parlanti” della Terra di Mezzo; la saga del Signore degli Anelli è la principale delle storie mitiche uscite dalla fervidissima fantasia di Tolkien.
Ho pensato a Tolkien, agli Hobbit e a tutto il loro mondo fantastico quando ho visitato la mostra “Il cuore saggio della montagna – gli gnomi di Genepio nella Valle di Ollomont“, aperta nel mese di agosto a cura di Simona Oliveti nella Casa Alpina di Ollomont, che dal punto di vista culturale e storico è una “exclave” genovese in Valle d’Aosta.
Due sale della vecchia Casa popolate di creature alte trenta centimetri con lunghe barbe grigie, rusticamente ma elegantemente abbigliate con colorati vestiti in lana di pecora e capra e con lunghi cappelli a punta. Intorno a loro, oggetti naturali e manufatti che raccontano agli umani visitatori qualcosa della vita di queste piccole creature della montagna.
Insieme a loro c’è la loro deliziosa creatrice, Roberta Bianchetti, aostana di vita anche se non di nascita. Li descrive ai visitatori e li vende ai tanti che decidono di portarsene uno a casa.
Gli gnomi di Roberta hanno nomi propri e una storia personale perché sono individui, non “pupazzi” fatti in serie.
Non sono semplici soprammobili da appoggiare su una mensola e far vedere agli amici in visita. Se li immaginate così potete evitare di andare a conoscerli dalla loro creatrice o sul sito di Genepio – storie, fatti, tradizioni, genti, luoghi ed incontri di montagna.
Da dove nasce uno gnomo? Lascio che risponda Roberta: “Nasce dalla fantasia, ma ha preso vita, identità e forma dalle pagine lette, dai paesaggi che passando dagli occhi si sono fermati nell’animo, dai colori, dai profumi, dai ricordi. Il poeta Baudelaire indicava nel viaggio fantastico una via di fuga dallo spleen odierno, chini sugli schermi di uno smartphone, rinchiusi con gli “scenari di pietra e di carne” che ci scivolano a fianco, nella moderna città dove “ogni uomo è straniero all’altro”; invece gli gnomi di montagna desiderano essere “viaggiatori l’uno accanto all’altro”.
La montagna è la grande ispiratrice. E’ madre di ricordi, sapori e luoghi, è la custode del mondo, lassù dove spesso l’uomo tecnologico non arriva e rimane il sentore del mondo che era. Dove le rocce si fanno aspre ma ricche di racconti, e rimane il rifugio ultimo quando il mondo dà cenni di pazzia, quando noi umani, la gente alta, non sappiamo più riconoscere alcun limite.
Allora entrano in scena gli gnomi, portatori di memoria, di riti antichi, di leggende assopite tra i cembri e le sorgenti, in attesa di essere raccontate nuovamente in una sera senza televisione.
Gli gnomi diventano piccoli genii dei luoghi dell’animo, creature sfuggenti e benevole, anche se schive e distanti dal rumoroso movimento delle città, nascono e vivono prima dentro brevi racconti di montagna poi diventano reali, acquistano la dimensione tridimensionale e materiale, alti poco più di 30 cm.
Il calore della lana di pecora e capra e dei materiali naturali danno loro la forma, unica e diversa per ognuno di loro.
Lana, feltro, legno, cotone, canapa e ciò che il bosco regala bastano per fare uno gnomo, sono esserini modesti, magari cocciuti, ma umili. Se doveste perdere uno gnomo lungo un sentiero, col tempo non lascerebbe traccia di sé, tornerebbe a vivere nella fantasia ma tutto ciò che lo compone non lascerebbe traccia, nemmeno un pezzetto di plastica…
La lana e la canapa raccontano un’attività femminile fondamentale del mondo contadino e alpino, la filatura di lana ovina e caprina.
Una tecnica spesso ormai perduta, ma l’archeologia ci dice che in Italia settentrionale era praticata già durante l’Età del Bronzo.
La lana contiene idrogeno, ossigeno, zolfo e molti altri elementi. Un vero toccasana per il corpo. La strada della lana risale le valli alpine (Coop. Les Tisserands in Vagrisenche) come le Ande (Malabrigos Dos Tierras tra Uruguay e Perù), passa anche tra gli gnomi, abili filatori e tessitori (Raffrenate le compere di questi nobili, rimettete in assetto l’agricoltura e il lavorio di lana. Utopia di Tommaso Moro cancelliere d’Inghilterra, I, pg.18-19, Milano per Vincenzo Ferrario, MDCCCXXI).
Gli gnomi sono fatti a mano perché, seppur molto longevi, ci mettono del tempo per venire al mondo, non si costruiscono, si creano mentre sono tra le mani… spesso finiscono con l’essere molto diversi da come dovevano essere, ma fa tutto parte del gioco.
Alcuni di loro sono legati a luoghi specifici, a quella montagna lontana dal turismo di massa che ha ancora infinite storie da raccontare, genti e tradizioni da tramandare, in un tempo sospeso tra passato e presente. Legami sottili che gli gnomi vorrebbero tener stretti, riavvolgere e non strappare.
Nei loro nomi spesso si celano rimandi a luoghi delle valli alpine, paesi, sentieri, passaggi, colli, villaggi, alcuni dei quali non ci sono più. In altri riecheggiano suoni celtici, in onore del gallico parlato dai Salassi abitatori delle Alpi occidentali, in altri ancora si mescolano i nomi dei fiori, delle piante e degli animali dell’arco alpino, senza dimenticare quelli leggendari.
In essi rivivono le leggende e i grandi abati valdostani del passato. Gli gnomi condividono le tradizioni culinarie alpine, non mangiano carne ma hanno un occhio di riguardo per le antiche coltivazioni locali e per i prodotti della montagna (formaggi, brossa, segale, castagne, pane, noci…)”.
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