L’entroterra ligure abbonda di quei paesi che definisco “tipici” dove la tipicità sta nell’essere quasi sconosciuti ai liguri che vivono nelle città della Riviera.
Ogni tanto però in questi “paesi appesi“, come direbbero i francesi della Provenza, si organizzano eventi che attirano l’attenzione persino dei cittadini rivieraschi, che salgono in gran copia – magari sfidando il tempo uggioso – e alla fine della giornata ridiscendono verso la costa dicendosi l’un l’altro “ma guarda che bello questo paese e che cose interessanti che ci sono! E io non c’ero mai venuto, e si che non è lontano da casa mia….”
Il paese “tipico” di cui vado a scrivere è Carpasio, ben sistemato tra i boschi della Val Carpasina, tributaria della Valle Argentina alle spalle di Taggia.
Carpasio conta meno di duecento abitanti e fu comune autonomo sino al 2017. Dal 2018 è unito a Montalto Ligure nel nuovo comune di Montalto Carpasio e già questa mi pare una notizia degna di nota.
Due piccoli comuni hanno avuto il buon senso e la lungimiranza di unirsi senza badare a quei campanilismi e gelosie di buon vicinato che affliggono gran parte della vasta e variegata provincia italiana. Sono stati gli unici in Liguria, almeno finora.
Il borgo di Carpasio è compatto, aggrappato a metà pendio tra boschi e terreni coltivati che lasciano intravedere la quantità di antiche fasce, quei terrazzamenti che tanto caratterizzano la montagna ligure.
Poco a valle del borgo una strada stretta e tortuosa sale a una delle sue minuscole frazioni, Costa, su un breve crinale secondario.
A Costa di Carpasio l’impegno di chi visse i tempi oscuri della Seconda Guerra Mondiale e di coloro che hanno deciso di tramandare la loro memoria ha dato vita a un Museo della Resistenza, piccolo ma ricco di testimonianze materiali e spirituali sulle battaglie dei partigiani locali durante la lotta per la liberazione del paese e delle valli dell’estremo Ponente ligure.
Occupa il “casone” che fu sede del comando partigiano locale e illustra la vita, le azioni e le modalità della guerriglia partigiana.
Ci sono armi, lettere, libri, elmi, gavette per il rancio, manifesti dei comitati partigiani e dei comandi tedeschi, elenchi di vittime, reperti dei lanci americani di armi e materiali. Le foto del grosso castagno che fungeva da rifugio di emergenza per i partigiani ammalati (nel suo trono cavo potevano nascondersi fino a sette persone), una stampatrice di volantini e addirittura una macchina per cucire i pantaloni…
Sono due piani di stanze piccole ma meravigliosamente piene di testimonianze, un luogo come ce ne sono pochi a livello nazionale.
Al Museo della Resistenza, permanente, si accompagnano eventi temporanei organizzati per mantenere vivo il senso della storia.
Storia che purtroppo, come diceva Eugenio Montale “non è magistra di niente che ci riguardi” nel senso che l’umanità non riesce quasi mai a imparare nulla da essa, ma è comunque altamente lodevole il volerla ricordare e tramandare. Chissà mai che alla lunga qualcuno riesca davvero a far tesoro delle esperienze passate e a non ripetere gli errori già commessi…
Un bel successo di critica e di pubblico ha ottenuto la manifestazione del 25 Aprile 2022, seconda edizione dopo quella del 2019 precedente all’interruzione dovuta al Covid, organizzata dall’amministrazione comunale non solo per coltivare la memoria e il ricordo degli eventi storici ma – come dice Antonella Bignone, Assessore alla Cultura e mente organizzatrice dell’evento – “per creare momenti di riflessione, dibattito e confronto. Teatro e musica, letture drammatizzate e canti della Resistenza, proiezioni, tutto per accompagnare chi vorrà partecipare a un viaggio volto a commemorare sì la lotta dei Partigiani, ma anche a ritrovarsi in uno spazio dove lo scambio di idee possa far crescere una coscienza collettiva volta ai valori della libertà di opinione, di parola e di pensiero (da non dare mai per scontate), oltre che alla costruzione di una società consapevolmente pacifica“.