eredità del Covid
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Non è andato tutto bene, ma qualcosa di buono il Covid l’ha lasciato

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No, inutile negarlo, non è andato tutto bene. E non siamo diventati migliori. Anzi, nel periodo del vaccino e del Green Pass abbiamo assistito ad un’involuzione umana degna di nota.

Ciascuno di noi in questi due anni targati Covid ha dovuto fare i conti con tante, troppe cose: dall’ansia alla paura, dalla claustrofobia alla pigrizia, passando naturalmente anche per il dolore.

Già, perché in questi ventiquattro mesi ciascuno di noi ha ricevuto una dose pro capite di dolore da esaurirsi in un colpo solo o da spalmare nell’arco di questi due anni.

Abbiamo sofferto tutti, ad intensità differenti. La morte ci è rimasta accanto fedele per quasi ottocento giorni e non se n’è ancora andata.

 

eredità del Covid
Covid-19

 

Ci ha camminato a fianco, silenziosa e severa. Categorica ha condannato senza appello sei milioni di persone ed ha gettato nello sconforto più profondo tutti i familiari che non sono potuti stare nemmeno un secondo, negli ospedali, accanto ai propri cari morti senza più un contatto o un ultimo saluto.

Difficile uscire migliorati da esperienze che hanno il sentore di un’improvvisa portonata sulla faccia.

Da febbraio 2020 è iniziato un periodo scandito dalla perplessità, dall’angoscia, dalla frustrazione, dall’incomprensione.

Tutti gli equilibri personali, lavorativi, relazionali sono stati di colpo presi a cazzotti.

Come le nostre giornate con le ore dilatate e vuote dove andare a fare la spesa è diventata di colpo una botta di vita stile il concerto di Vasco Rossi a Modena Park.

Ho chiesto ad alcune persone che ho intervistato nel corso di questi mesi che cosa ci avesse tolto il Covid e, magari, anche che cosa ci avesse lasciato.

La mancanza più grave registrata dalle persone è stata senza dubbio quella di un contatto fisico con i propri cari e con i propri amici.

Questa distanza fisica forzata, che peraltro non ci appartiene proprio da un punto di vista culturale, ci ha costretti a rivedere tutti i nostri codici comportamentali.

Oltre alla solitudine imposta a chi non si è potuto recare al lavoro e all’isolamento dei ragazzi imprigionati in una DAD altalenante e di certo poco soddisfacente. Il vedere un abbraccio come un gesto pericoloso ci ha davvero costretti ad una violenza, contro noi stessi, che pensavamo di non dover conoscere.

L’incredulità di dover stare distanti da genitori anziani muniti di mascherina e spesso incapaci di tradurre questa nostra distanza in un gesto d’amore nei loro riguardi ci ha impastato l’anima di incertezza e di magone sordo.

 

La solitudine degli anziani

 

Lo scorrere del tempo ci è apparso all’improvviso mutato. Minuti che parevano ore, ore che parevano giorni e giorni che si moltiplicavano in settimane quasi tutte uguali. Abbiamo pensato e temuto di essere stati rinchiusi in una prigione. A questo somigliavano le nostre mura di casa, dalle quali potevamo evadere solo per motivi di lavoro, salute, o di spesa.

Abbiamo cercato di mantenere inalterati alcuni orari, tipo quello dei pasti e della televisione serale, ma inevitabilmente abbiamo sforato andando a dormire più tardi e crogiolandoci nel letto al mattino. I nostri ritmi circadiani hanno sofferto con noi di queste alterazioni tanto inaspettate quanto inevitabili seppur controproducenti.

I Social, diciamolo subito, ci hanno aiutato.

Che si sia trattato di leggere aggiornamenti sul Covid – ricordiamoci che da febbraio 2020 sono diventati quasi tutti medici e nella fattispecie virologi ora in cambio turno come esperti di geopolitica – oppure di ascoltare che cosa stesse succedendo nelle altre parti del mondo. 

I social hanno fatto un po’ di compagnia nei momenti pesanti, il poco gossip del momento ci ha comunque rinfrancato lo spirito ed anche vedere i vari vip costretti in casa esattamente come noi, preoccuparti come noi, reclusi ed annoiati come noi, alla fine male non ci ha fatto.

Tutti hanno concordato quasi all’unanimità sul fatto che il Covid ci ha tolto la possibilità di un rapporto diciamo normale.

Da un giorno all’altro baci, abbracci, semplici strette di mano sono diventati un pericolo, un attentato alla nostra salute.

Una condizione alquanto innaturale ed una sorta di violenza imposta nel caso di parenti stretti, nonni e genitori in primis che abbiamo dovuto proteggere.

Il Covid ci ha poi tolto la scuola, l’ha tolta ai nostri ragazzi costretti in casa per una didattica a distanza che fin da subito ha fatto capire più o meno a tutti che no, non è la stessa cosa e l’ha tolta a noi genitori che in moltissimi casi abbiamo dovuto fare i salti mortali per conciliare lavoro e pargoletti da accudire a casa.

 

eredità del Covid
I ragazzi e la DAD

 

L’eredità del Covid.

Il Covid ci ha tolto la libertà di programmare un viaggio o anche un semplice spostamento laddove non giustificato da motivi di lavoro o di salute. Anche prendere un treno è diventato all’improvviso un lusso, una trasgressione. Siamo stati costretti, sempre all’improvviso, a rivedere i paradigmi delle nostre esistenze.

Di contro il Covid ci ha permesso di riappropriarci degli spazi esterni: anche le persone solitamente più restie adesso apprezzano lo stare all’aria aperta.

Il Covid ci ha anche sbattuto in faccia l’utilità di Internet, al netto dei detrattori degli ordini on line.

Ma come non ammettere che la possibilità di ricevere a casa un libro, piuttosto che un bagnoschiuma o semplicemente il cellulare che si è rotto ci ha permesso di vivere la nostra reclusione con minore affanno.

Il problema grosso se mai, veramente grosso, che né Amazon, né Zalando o Pincopallo.net hanno potuto risolvere, è stato quello della solitudine, a tutte le età ed in ogni parte del globo.

Anche qui, però, dobbiamo ammettere che la tecnologia ci è venuta incontro. Avete pensato a che cosa sarebbe stato un lockdown, per adulti, ragazzi e bambini negli anni ‘80 con il telefono fisso, cinque canali alla televisione e il negozietto di alimentari sotto casa che dopo tre giorni sarebbe rimasto completamente vuoto?

Ci ho pensato spesso, sono sincera, soprattutto quando ho avuto la possibilità, come tutti, di fare una videochiamata a mia mamma o a mio fratello.

La distanza rimaneva invariata, certo, ma poter trascorrere qualche minuto in compagnia del volto dei propri cari mi è subito sembrata una faccenda importante a tal punto di non riuscire mai, in questi due anni, a farmi dire male della tecnologia.

E poi dobbiamo pensare ai vari Tinder, Meetic e via dicendo che sì, non hanno certo potuto organizzare incontri o appuntamenti al buio, ma sicuramente hanno garantito un minimo di compagnia a quanti si sono ritrovati completamente soli.

Perché hai voglia a registrare video mentre suoni sui tetti, ma poi non è nemmeno detto che uno sappia suonare uno strumento o che abbia un tetto in grado di fungergli da improvvisato palcoscenico.

 

La normalità di un bacio

 

E il problema di base, la solitudine, rimane invariato. Allora si torna al punto precedente, ai social che hanno permesso a milioni di persone nel mondo di interagire, di organizzare aperitivi on line e riunioni di lavoro da un capo all’altro del  mondo.

Ecco, sinceramente penso che certe buone abitudini non andranno perse dopo la pandemia.

La possibilità di prendere parte online ad un convegno che si svolge a New York mentre noi siamo comodamente seduti alla nostra scrivania a Genova, bè, è un qualcosa che abbiamo sperimentato per ovvia necessità, ma che continuerà a tornare estremamente utile.

Così come godere appieno degli spazi aperti. E sono convinta che il nostro rapporto con il tempo sia inevitabilmente mutato.

Dopo l’estenuante lentezza e ripetitività delle giornate targate 2020, adesso sentiamo tutti l’esigenza di recuperare e di assaporare il tempo a nostra disposizione.

Pronti per  una cena fuori in tranquillità, per un viaggio e, soprattutto, per un abbraccio infinito a chi è accanto a noi.

 

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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