Sfilate di moda
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Milano Fashion Week. Cari stilisti, l’anno prossimo voglio sfilare in passerella!

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E niente. Anche quest’anno non mi hanno invitato alla Milano Fashion Week e alle sue sfilate di moda super seguite dagli amanti del fashion.

No, no, non come ospite. Io volevo sfilare in passerella!

Ma lo so perfettamente perché non mi hanno invitato! Perché ho un centesimo dei followers di Chiara Ferragni? Perché non pubblicizzo nessun marchio? Perché ho superato gli anta?

Ma no, non mi invitano per tirchieria.

Sfilata di moda – Foto di nappy da Pexels

Ebbene sì, questi famosi stilisti italiani, francesi, inglesi, alla fine hanno tutti lo stesso difetto: sono tirchi.

Hanno capito perfettamente che per confezionare degli abiti su misura per me dovrebbero utilizzare almeno il 30-40% di stoffa in più!

Ora, fughiamo subito dubbi sacrosanti e caliamo gli assi. Altezza 170 cm. per un tot di chili che, ve lo giuro, non so quanti siano. Ogni tre mesi mi pesano in palestra, annotano il dato senza proferire verbo e ciò significa che è tutto sotto controllo.

Misure over 100 seno e fianchi, vita scendiamo verso un vitino di vespa un po’ meno filiforme delle altre. D’altronde non l’ho deciso io se a 12 anni ne dimostravo 18, tanto che in vacanza a Londra con i miei genitori avevo già libero accesso ai pub. Ma i guai sono arrivati dopo, verso i 15, 16 anni.

Erano i gloriosi anni 80 con le mitiche top model su tutte le riviste.

Ringrazio di cuore la mancanza di Instagram e Social vari. Ma ciò nonostante lo specchio che ti rimanda un’immagine di te totalmente diversa da quella di Naomi, Claudia e Cindy, ti getta nella disperazione più totale.

Ai tempi mi pesavo: 63 kg. Troppi, decido di dimagrire e comincio una dieta.

Niente di strano, allora c’era la Weight Watchers che in effetti garantiva una perdita di peso graduale e costante. Meno 3, meno 5, meno 10, arrivo in circa 7 mesi a 50 kg.

Mi sento praticamente una top model: il viso scavato, il seno rimpicciolito, le gambe belle magre.

Evidentemente, però, gli altri mi vedevano in modo diverso perché la domanda era ormai sempre la stessa: Ma stai bene? Sei così magra!”

Per le mie orecchie quel “Sei così magra” suonava meglio di una dichiarazione d’amore di Brad Pitt.

No, non stavo bene per niente. Il ciclo si era interrotto, lo stomaco era irrimediabilmente chiuso ed io mangiavo sempre meno.

Ai tempi non si parlava tanto di anoressia. Sì parlava più di droga e di Aids. Ma intanto ci si ammalava e si moriva anche, di anoressia.

Sono passati quasi 40 anni e tante cose sono cambiate.

Non la taglia delle indossatrici. La 36 sarà pure stata eliminata, ma io la 38 non l’avevo neppure a 10 anni!

Gli stilisti mi devono cortesemente spiegare una cosa: se i loro abiti stanno meglio su un manico di scopa – d’altronde mannequin vuol dire anche manichino – piuttosto che su un corpo femminile, evidentemente non sono concepiti e realizzati bene. 

Ovvio che qualsiasi capo di abbigliamento debba piegarsi alle forme di chi lo indossa.

Moda – Foto di Genaro Servín da Pexels

La vera sfida sarebbe quella di disegnare vestiti in grado di valorizzare il corpo femminile.

O devo pensare che agli stilisti, in linea generale, il corpo femminile non piaccia?

Perché un conto è essere alte e magre di costituzione –  la Chiaretta docet pure in questo –  altro è avere un aspetto patibolare e ricoprire di stoffa la pelle e le ossa.

Che poi, visto che uno degli obiettivi della moda è quello di migliorare la qualità della vita di una persona, mi dite perché 8 donne su 10 devono sentirsi escluse a priori da questa possibilità?

E poi i modelli che la società propone sono importanti. Oggi si parla tanto di discriminazione, di DDL Zan, di abolizione delle differenze anche nei colori cosiddetti maschili e femminili, ma non è forse discriminazione anche questa?

Poter indossare l’ultimo modello di jeans alla moda dovrebbe essere un diritto di tutte, diciamo così. Invece certi modelli sono improponibili a seconda del fisico che hai.

Mia mamma, piccolina e molto magra, indossava i tailleur di Giorgio Armani come una mannequin. Io, invece, non entro neppure in una 46 perché re Giorgio non ha contemplato il seno femminile, se non quello che sta in una coppa di champagne da astemi.

Ovvio che ciascuno di noi scelga il proprio outfit per valorizzare al meglio le proprie caratteristiche fisiche. 

Ma quello che non mi va giù è questa proposta di un modello estetico univoco che a 15 anni diventa deleterio perché senti di dovervi aderire per essere accettato dal gruppo.

L’anoressia nervosa è una malattia psichiatrica complessa ed insidiosa.

E non è certo causata dalle sfilate delle indossatrici manico di scopa o dalle scuole di danza dove ti impongono, al pari della passerella, di essere leggera come una piuma.

L’anoressia, però, trova terreno fertile in queste situazioni. Diciamo che il modello proposto e al quale a 15 anni differiamo, mediamente, moltissimo, può fungere da innesco per una patologia che oggi attacca anche i maschi.

La mania della perfezione, non solo a livello estetico, la paura patologica del grasso, la smania di controllo: spesso un adolescente, a seconda del contesto in cui vive, “capisce” che può controllare il cibo che ingerisce, che può’ esercitare un potere che nella maggior parte degli altri ambiti ovviamente ancora non detiene.

Credo che non avrei potuto fare l’indossatrice, neppure in età prepuberale. Le misure ancora oggi richieste sono, infatti, le seguenti: 76-78 cm. di seno, 58-60 di vita e 84-86 di fianchi. 

Rigorosamente taglia 40.

Moda urbana – Foto di Tim Douglas da Pexels

Non era nelle mie ambizioni calcare le passerelle. Tanto è vero che l’ossessione per il cibo mi ha catturata lo stesso e non mi ha più mollata.

Mi hanno salvato in tempo: un bel bombardone di ormoni per ripristinare il ciclo, punture di ricostituenti e stimolanti dell’appetito, mi sono ritrovata nel giro di qualche mese a pesare 20 kg in più.

Ero passata dall’anoressia alla bulimia nervosa.

Come me milioni di donne hanno sprecato anni della loro vita a combattere contro il proprio peso e le proprie forme.

La dismorfofobia, ovvero la preoccupazione eccessiva e patologica per caratteristiche fisiche assolutamente normali, è un disturbo comune a donne di tutte le età.

Oggi, poi, ci sono più occasioni di sofferenza, diciamo così… Con tutte queste/i influencer che quotidianamente ci fanno vedere seni perfetti, labbra carnose, bicipiti e tricipiti impeccabili, ringrazio il cielo di non avere più 16 anni perché altrimenti non saprei come gestire questo confronto mediatico così pressante.

E che, ad ogni modo, mi infastidisce lo stesso perché non mi sento vista e presa in considerazione nella proposta degli outfit.

Moda per bambini – Foto di Misha Voguel da Pexels

Questa continua pressione sui giovani, poi, non è solo riferita all’estetica, ma a qualsiasi altro ramo della loro esistenza.

La competitività è diventata una norma ingestibile e ci ritroviamo di fronte ragazzi che devono dimostrarsi sempre speciali ed eccellere in qualsiasi ambito.

La scuola non aiuta anzi, in moltissimi casi, penalizza chi manifesta qualche difficoltà anziché tendere la mano ed offrire un aiuto concreto per andare oltre le incertezze scolastiche.

Chi, invece, studia senza problemi e coltiva interessi paralleli alla scuola viene “spremuto” per dare il massimo. E viene penalizzato se non dedica tutte le sue energie al programma scolastico.

Ecco, credo che il problema delle sfilate di moda nasca da lontano, in famiglia e sui banchi di scuola.

Ed è certo che se non cambiano alcune regole – condivise ed accettate dagli stilisti – per far sfilare indossatrici ed indossatori più normali e più in carne, è probabile che certi mondi possano diventare ricettacolo di disturbi pronti ad esplodere.

Negli ultimi anni si è incominciato a parlare chiaramente di autismo, di disturbi dell’apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia), di disagio giovanile specie in epoca Covid.

Manca, però, una visione più ampia di questo disagio: bisogna pensare che spesso quel problema è la somma di più problemi, e che non ci sono una, ma più cause.

E, soprattutto, bisogna farsi sentire.

Modella oversize – Foto di Polina Tankilevitch da Pexels

Noi donne che non abbiamo più 20 anni e che, nella maggior parte dei casi abbiamo fatto un po’ pace con noi stesse, dobbiamo pretendere dagli stilisti, dai fotografi, dai marchi famosi un’attenzione maggiore ai modelli che propongono ai nostri ragazzi.

I Social possono essere utili in questo caso. Possiamo scrivere, non una, ma almeno mille, diecimila, centomila messaggi sotto le foto delle modelle che hanno sfilato a Milano per alcuni “grandi” della moda.

Possiamo decidere di comprare prodotti di altri stilisti, magari più attenti a veicolare un’immagine femminile e maschile più sana, “normale” e meno anoressica.

L’adolescenza è un periodo complicato. Chi ha figlie e figli dai 15 anni in su sa perfettamente che si tratta di un periodo di passaggio, caratterizzato da solide certezze ed altrettanto solidi dubbi.

Lo specchio  è un nemico che spesso rimanda un’immagine che non piace e che crea disagi o problemi.

Se almeno ogni tanto questi adolescenti potessero imbattersi in foto di corpi e visi più vicini ai loro, credo che sarebbe meglio per tutti.

Io, comunque, ci riprovo: l’anno prossimo voglio sfilare.

E sono sicura che se convincessi alcuni stilisti a strizzare l’occhio agli adolescenti e alle over anta “normali”, durante le loro sfilate di moda, sarebbe un grande successo.

Se invece non ci vogliono, ricambiamo noi l’interessamento.

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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