Paul Roland è un musicista e scrittore inglese, una figura di culto che ha pubblicato svariati album e libri nel corso della sua carriera. Musicalmente è influenzato, a inizio carriera, da artisti come Marc Bolan (dei T. Rex importante gruppo glam britannico) e il suo stile naviga tra il dark rock, il pop psichedelico e il folk, dal punto di vista letterario i suoi ispiratori sono E.A. Poe e Lovecraft (a cui dedicherà un libro).
Tra i suoi album ricordiamo l’esordio ‘Werewolf of London’, ‘A cabinet of curiosities’, ‘Duel’, ‘Re Animator’ e il nuovo ‘Morbid beauty’. Tra i suoi libri sicuramenti quelli inerenti la figura di Marc Bolan, ‘Il nazismo occulto’ e ‘Ghost stories’.
Frank Zappa disse di lui una volta: ‘Scrive belle melodie e ha una personalità particolare ma è troppo intelletuale per me!’. La cosa curiosa è che Roland stesso dissè lo stesso di Zappa (senza saperlo).
Ho incontrato il musicista a Bobbio dopo il suo concerto.
Ti chiedo subito di parlarmi della tua recente collaborazione con Astral Magic per l’ep ‘Mind melt machine’. (Astral Magic è in realtà una sola persona che produce space rock ndr)
Santuu Laasko (la persona che si cela dietro il monicker ndr) mi ha contattato tramite Facebook e sono rimasto molto colpito dalla musica che produceva, aveva molte idee e ho notato che era molto prolifico, inoltre i nostri modi di pensare si sono intrecciate notevolmente, pur lavorando a distanza, la psichedelia e la mia tipica melodia hanno creato un ep di cui andiamo molto orgogliosi, volevamo ottenere un feeling alla ‘Silver machine’, il brano degli Hawkwind.
Trovare un musicista simile nella contemporaneità non è facile, con questo space rock hawkindiano. Non ci siamo preoccupati del mercato discografico, del quanto produrre. Anche l’artwork dei suoi dischi è spettacolare, speciale. Sono rimasto impressionato davvero. Abbiamo anche altre canzoni e ci sarà spazio per un’altra collaborazione perchè in realtà a me sarebbe piaciuto suonare in un album intero.
Hai scritto alcuni libri su Marc Bolan , è stato per te una figura importante?
Non più. Lo è stato per la maggior parte della mia vita, non voglio dire che ‘ne sono uscito’ (in inglese lui dice ‘grew out’ termine che indica più precisamente non essere più dentro a certe cose ndr) perchè sarebbe denigratorio nei suoi confronti, sono tornato ad ascoltare i suoi dischi una seconda volta ma notai che non avevano più nulla da dirmi, ero scioccato, non mi parlava più attraverso le sue canzoni, anche se sono sempre buone. Probabilmente lo ricordavo perchè, appunto, fu importante durante un periodo della mia vita, ora lo associo alla mia gioventù. Posso apprezzare magari la sua musica ì, certo, ma non è più un riferimento di culto, è come quando ti trasferisci in un’altra città e non hai più interesse a tornare nella tua dove sei cresciuto.
Mi è molto interessanto il tuo libro ‘Il nazismo occulto’, avevo già letto un altro libro su questo tema chiamato ‘Le radici occulte del nazismo’
Sei andato molto a fondo riguardo queste tematiche?
Ho avuto molte esperienze significative e, si, ho voluto approfondire, anche se, potenzialmente, poteva essere una cosa pericolosa da fare. Verso i 30 anni mi sono unito a un gruppo ‘Healing’ perchè pensavo di essere al sicuro assieme a persone che aiutavano gli altri, il fatto di non essere ‘self centered’ è molto importante, ho fatto esperienze molto positive e ho inizato a insegnare, li ho intervistati per scoprire di più.
Studiai anche seriamente la Cabala perchè , in qualche modo, faceva parte delle mie tradizioni e questi studi risposero a molte domande, anche grazie a un teacher , un’autorità nel campo che io rispettavo molto, è stata un’opportunità incredibile.
Hai in discografia un album intitolato ‘White Zombie’, è stato il film omonimo di Victor Halperin con Bela Lugosi influente per te?
La prima volta che vidi quel film al cinema, consideriamo che fu uno dei primi in bianco e nero, era molto lento e quasi senza alcun tema musicale, così pensai di comporre io una sorta di soundtrack. Il setting di ‘White Zombie’ era straordinario comunque anche se il film procedeva appunto troppo lento.
Da giovane tentai di fare lo score per il film sulla stregoneria ‘Haxan’ con degli amici ma non funzionò benissimo, così riprovai con quexto film, ho inserito sonorità voodoo, ‘magic chants’, è stato molto interessante.
Il gruppo con il quale ti sei esibito stasera è stato davvero valido, sono tutti giovani musicisti vedo.
PR. Si, sono fantastici, abbiamo Christian Castelletti alla chitarra, Alex Canella alla batteria e Annie Barbazza al basso e voce.
Ho avuto il piacere di poter scambiare anche due chiacchere con Annie Barbazza, giovane musicista milanese che ha iniziato la sua carriera molto presto suonando la batteria in un gruppo che proponeva cover di King Crimson e Pink Floyd.
Ispirata poi da musicisti come Tim Buckley si dedica alla chitarra e, casualmente, viene scoperta da Greg Lake tanto che le affiderà le parti vocali per il progetto Moonchild. Da lì in poi condividerà il palco con Eugenio Finardi, Robyn Hitchcock aprendo anche concerti per Peter Hammill.
Hai iniziato a suonare da giovanissima. Come hai iniziato ad ascoltare musica?
Ti direi grazie a Max Marchini (manager anche di Paul Roland e fondatore dell’etichetta Dark Companion ndr) che mi faceva ascoltare un sacco di bei dischi, poi ascoltavo molto la radio, però davvero merito delle compilation di Max. Suonando al conservatorio sentivo molta classica e poi è arrivato il prog rock.
Il tuo album solista ‘Vive’ ha ricevuto recensioni molto positive
Si, è uscito poco prima della pandemia, amo questo disco, è molto personale. Pensa che volevo fare un album completamente da sola ma poi ho avuto la fortuna di avere parecchi ospiti (infatti in ‘Vive’ vi partecipano Paul Roland stesso, John Greaves, Lino Capra Vaccina tra gli altri ndr) che si sono offerti. Io per pudore non ho mai chiesto! (ridendo).
Prossimi progetti?
Ho un po’ di date in programma, c’è qualcosa che bolle in pentola anche a livello discografico però non voglio fare dischi senza un senso quindi mi prendo il mio tempo.
Un grazie speciale a Max Marchini che ha reso possibile l’incontro con Paul Roland e il suo gruppo.
Di Francesco Franchini