A poco più di una settimana dal lancio della raccolta firme per il referendum contro la legge sull’autonomia differenziata, iniziata ufficialmente il 20 luglio, l’implementazione della piattaforma digitale per firmare da remoto ha dato una bella spinta all’iniziativa. Il portale è stato infatti attivato il 26 luglio su un sito a cura del Ministero della Giustizia e, a poco più di 48 ore dal lancio, ha già superato le 150mila firme, quasi un terzo dei nomi necessari per avviare l’iter referendario. Un’iniziativa fulminea, che è partita a un mese di distanza dall’approvazione della legge alla Camera (il 19 giugno) e che sta evidentemente raccogliendo un supporto popolare forse inatteso.
Il referendum è promosso da tutti i partiti di opposizione, tranne Azione, insieme alle principali sigle sindacali e a diverse associazioni nazionali. Hanno infatti sottoscritto il quesito referendario 34 persone e, tra gli enti e i soggetti promotori, il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva, +Europa e il Partito della Rifondazione Comunista, tra i sindacati la Cgil e la Uil, e alcune associazioni nazionali come l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), l’Associazione ricreativa e culturale italiana (Arci), Libera, il WWF e il Forum diseguaglianze e diversità.
Tra le opposizioni, l’unico a dirsi contrario al referendum è il leader di Azione, Carlo Calenda, che pur non approvando la legge sull’autonomia voluta dal governo Meloni. Secondo lui, un eventuale mancato raggiungimento del quorum rafforzerebbe le posizioni del governo sull’autonomia.
Raccolta firme per il referendum, cosa propone in quesito contro l’autonomia differenziata
Il quesito referendario, depositato il 5 luglio presso la Corte di Cassazione di Roma, recita: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?».
Un testo semplice, rispetto ad altri referendum del passato, a cui, se la votazione avverrà, si dovrà votare “Sì” per abolire la legge in questione. Nello specifico, il quesito chiede di cancellare la nuova legge sull’autonomia differenziata voluta dal governo Meloni e promossa da Roberto Calderoli, che stabilisce le regole e il percorso con cui alcune regioni potranno chiedere allo Stato maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie.
La Costituzione prevede che per essere valido un referendum abrogativo deve raggiungere il quorum: al voto deve partecipare almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto.
Il referendum in questione, in ogni caso, non toccherà l’articolo 116 della Costituzione, che dal 2001 dà la possibilità alle regioni che ne fanno richiesta di ottenere maggiore autonomia dallo Stato (per fare ciò servirebbe infatti una riforma costituzionale, sottoposta poi eventualmente a un referendum costituzionale).
Soddisfazione da parte dei promotori per la risposta online
E mentre malgrado il caldo in tante città italiane si organizzano banchetti e appuntamenti per raccogliere le firme “alla vecchia maniera”, la piattaforma online ha dato una spinta importante alla raccolta, con questa cifra record nel giro di due giorni.
«Le adesioni online alla richiesta di referendum per abrogare la legge sull’Autonomia differenziata hanno superato quota 100.000 in meno di due giorni, il 20% delle 500.000 richieste, un obiettivo alla nostra portata», ha dichiarato ieri la CGIL, tra i principali soggetti promotori del referendum. «Ma non ci accontenteremo e continueremo a raccogliere le firme per tutto il tempo disponibile, sia sul web che nei banchetti che abbiamo organizzato e che intendiamo moltiplicare in maniera capillare in tutta Italia».
Autonomia differenziata, preoccupazioni per il welfare e la sanità
Un segno che la preoccupazione sull’autonomia differenziata è molto sentita. In Liguria in particolare il comitato promotore si interroga cosa succederà in tema sanità, considerando quanti cittadini sono obbligati a spostarsi verso alcune delle regioni che premono per maggiore autonomia per cure, interventi e anche solo esami diagnostici. Non è chiaro cosa succederà infatti al cosiddetto “turismo sanitario”, ma è facile immaginare la difficoltà della nostra regione – ma anche e soprattutto delle regioni del Meridione – a dover gestire tutti i pazienti e necessità solo sulla base della propria capacità fiscale specifica di ogni territorio, piuttosto che dalle effettive esigenze sanitarie della popolazione.
Se venisse a mancare un meccanismo che tenga conto del principio di solidarietà, elemento essenziale per un paese realmente democratico, e che possa minimamente mitigare e prevenire le disuguaglianze, con disparità importanti tra cittadini in base alla Regione di residenza. La raccolta firme andrà avanti fino a settembre, sia online che ai banchetti.
«L’autonomia differenziata è una riforma sbagliata, che vuole spaccare in due il paese che invece deve essere ricucito», ha dichiarato Elly Schlein, segretaria del PD, nell’Aretino a Pieve Santo Stefano per la festa dell’Unità. «Senza mettere un euro, aumenta i divari che invece vanno ridotti, perché li hanno pagati soprattutto le aree interne e il sud di questo paese. È una riforma sbagliata anche per il nord. È impossibile pensare di avere 20 diverse politiche energetiche senza che questo si traduca nella incapacità di abbassare le bollette a famiglie e imprese. Una riforma senza senso, frutto di un cinico baratto, con il Premierato un’altra riforma pericolosa perché accentra i poteri nel capo del Governo».
Per maggiori informazioni si rimanda al sito del comitato promotore.
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