Al processo del Morandi un ex dirigente spiega le incurie della privatizzazione

Processo Morandi un ex dirigente spiega le incurie della privatizzazione

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È una relazione lucida e dettagliata del corso delle manutenzioni quella che emerge dalle dichiarazioni spontanee di Gabriele Camomilla al processo per il crollo di Ponte Morandi: l’ex dirigente, imputato nel procedimento per la strage del 14 agosto 2018, ha occupato una posizione chiave nel periodo in cui ha avuto luogo la privatizzazione di Autostrade.

Camomilla ha occupato il ruolo infatti di responsabile delle manutenzioni a livello nazionale prima di Michele Donferri Mitelli (a sua volta imputato nel processo). La sua esperienza, risalente per lo più agli anni ’80 e ’90, potrebbe giocare un ruolo fondamentale per far luce sugli aspetti tecnici legati ai controlli del ponte.

Tuttavia, secondo Camomilla, la ricostruzione dei pm sulle manutenzioni sarebbe errata

Nell’udienza di ieri, l’ex dirigente ha rilasciato una dichiarazione spontanea: «La storia delle manutenzioni al Morandi è stata molto diversa da come l’hanno racconta i pm finora. Alcune scelte dettate direttamente dal suo progettista e tutto ciò che dico si basa su documenti. Senza dimenticare che finora in aula non è emerso un dettaglio chiave, cioè che il nostro obiettivo era svolgere un servizio».

La situazione, ha precisato Camomilla, è cambiata all’ingresso dei soggetti privati. «La privatizzazione fu preparata in modo accurato. Il ministero del Tesoro, usando una formula certo originale eppure incisiva, ci chiese di trovare un metodo che obbligasse il compratore a svolgere le manutenzioni, e questo è stato fatto», ha spiegato.

Questo tipo di dichiarazione non prevede che l’imputato risponda a domande dell’accusa o dei suoi avvocati difensori. Inoltre nel processo Camomilla ha citato alcuni passi da una memoria scritta in cui si analizza come si siano dilatati i tempi di intervento dalla scoperta di un’anomalia o un difetto in una specifica infrastruttura come Ponte Morandi, dopo la privatizzazione.

Inoltre, ha insistito, dopo la privatizzazione ci sono state spese per questo tipo di manutenzione e «agli atti ci sono informazioni obiettive che sono in netto contrasto con le tesi accusatorie su presunti risparmi ai fini dell’accrescimento degli utili».

L’ex dirigente rivendica le diverse modalità di test effettuate nel corso del suo incarico

«Non è vero», ha affermato Camomilla rispetto a uno dei temi chiave del processo, «che tutte le decisioni per la manutenzione di Ponte Morandi erano basate sulle prove riflettometriche. Quelle erano usate in aggiunta ad altri rilievi».

Questo tipo di test valuta l’affidabilità di un’opera basandosi sulla risposta fornita a un impulso elettromagnetico, ma non terrebbe però conto dello stato di corrosione interna. Secondo i pm si sarebbe sottovalutato il rischio del crollo di Ponte Morandi proprio per queste mancate rilevazioni.

L’ingegnere ha escluso pertanto qualunque responsabilità personale: «Nessuno, in coscienza, può dirmi che ho omesso. Ho fatto delle scelte, ho preso delle decisioni, ho compiuto azioni positive e le ho basate sulle conoscenze e sugli strumenti dell’epoca. Se oggi qualcuno si sente in grado di dire che ho compiuto valutazioni errate lo dica e lo dimostri, calandosi però sulla base delle consapevolezze di allora».

«Prima della privatizzazione, le manutenzioni avvenivano su input di Morandi», ha raccontato al processo

Gabriele Camomilla è in pensione dal 2005 e, a suo dire, già questo potrebbe essere sufficiente a dimostrare che non ha alcuna responsabilità in possibili omissioni successive a quella data. Nelle sue dichiarazioni ha ricordato più volte il suo lavoro a stretto contatto con Morandi e come le sue relazioni sul rischio corrosione fossero note da tempo. Tanto che, come ha ribadito più volte, al tempo del concessionario pubblico si pretendeva il massimo rigore nella prevenzione e nella manutenzione.

A corroborare le sue parole, Camomilla ha mostrato foto d’epoca che ritraggono Morandi e il suo staff al lavoro, oltre a rilievi tecnici su difetti del viadotto, poi sanati, compresi i piloni che il 14 agosto del 2018 hanno ceduto. In particolare «il pilone 9 è stato oggetto di restauri approfonditi», ha ribadito.

Tra gli esempi portati dall’imputato, i lavori di consolidamento della pila 11, eseguiti negli anni ’90 durante il suo incarico. Un elemento sostanziale durante il periodo del controllo statale è l’impiego dei pedaggi per manutenzione e costruzione di nuove infrastrutture. «I soldi non mancavano, grazie al sistema dei pedaggi perché gli utili per l’azienda potevano essere al massimo all’8%, gli altri le spendevamo per noi. Con i soldi dei pedaggi del Nord si costruivano le strade al Sud». Anche questo faceva parte del concetto di servizio pubblico, ha ribadito Camomilla, come la logica con cui dichiara di aver sempre lavorato: riparare, prevenire prima della rottura.

Il processo riprenderà lunedì 11 dicembre, quando comincerà l’esame dei testimoni chiamati dalle difese dei vari imputati.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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