Annucio della caduta del fascismo del 25 luglio 1943

25 luglio 1943, la caduta del fascismo: ricordiamo i fatti di Genova nell’80° anniversario

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Sono quasi le 23:00 del 25 luglio 1943 quando il radiogiornale comunica il «ridimensionamento» di Mussolini e il nuovo governo guidato da Badoglio. La guerra ha posto fine alla fiducia degli italiani nel fascismo: i bombardamenti sulle città, la fame e la repressione degli scioperi dei movimenti operai da mesi danno segnali irreparabili. Gli americani sono già sbarcati in Sicilia e l’intensificarsi dei raid su Roma e altri centri urbani destabilizzano la situazione politica. 

A ottant’anni dalla fine del regime fascista su tutta Italia, ricordiamo come Genova reagì alla destituzione di Mussolini

In città malgrado il coprifuoco in molti già in serata si lanciano nelle strade, con un entusiasmo e un’euforia quasi fosse stata annunciata la fine della guerra. Alla gioia però si mischia l’incertezza, perché non è affatto chiaro cosa succederà dal giorno seguente, come le strutture fasciste saranno riviste o sostituite.

Il 26 luglio è una giornata in cui si mescolano manifestazioni patriottiche e grandi scioperi, spesso spontanei, che bloccano la città, con le rappresentanze dei lavoratori delle fabbriche che si incamminano in corteo verso il centro di Genova. Nelle zone della città a maggioranza operaia, i quartieri del Ponente e la Val Polcevera stessa, si prendono anche d’assalto le case littorie e i centri operativi del fascio, come il Castello Foltzer di Rivarolo. Si distruggono gli arredi e gli archivi, si smantellano i simboli dalle facciate dei palazzi  e ci sono molte testimonianze di aggressioni anche a cittadini privati fieri sostenitori del regime. In via XX settembre si demolisce la lapide posta al civico 42 in memoria del primo fascio genovese.  I più coraggiosi espongono bandiere tricolori senza il fascio e attaccano i monumenti fascisti, come la statua di Costanzo Ciano, che viene abbattuta in Carignano.

In molti cortei si comincia a far circolare la parola pace e si comincia a chiedere la fine della guerra 

prima pagina di un quotidiano romano del 26 luglio 1943

A prescindere dai sentimenti popolari, però la fine del conflitto e il ritorno alla normalità sono ancora lontani. La repressione purtroppo è immediata: il cambio di regime non ha annullato le leggi fascistissime. La risposta delle forze armate in tutta Italia è determinata dal Generale Mario Roatta, che licenzia la circolare che porta il suo nome che autorizza a intervenire con la forza per sedare qualunque tipo di manifestazione:

«…poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine… muovendo contro gruppi di individui che perturbino ordine o non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento e si faccia fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche.»

circolare Roatta, luglio 1943

Nelle prime delle 45 giornate del governo badogliano, si conteranno in Italia 93 morti, circa 540 feriti e più di 3000 arresti

A Genova sono 10 i morti tra il 26 e il 31 luglio, di cui 4 nella sola Sestri Ponente, 175 feriti e circa 200 arresti. Le vittime sono manifestanti appartenenti al movimento operaio e manifestanti contro il regime. 

Durante le manifestazioni, le fabbriche inizialmente rimangono vuote, con l’eccezione dell’Ansaldo Artiglieria di Rivarolo, dove il direttore minacciò di far sparare a chi avesse abbandonato lo stabilimento; gli operai risposero cercando di fermare i reparti produttivi, portando il presidio di militari presenti a schierarsi e a prepararsi a fare fuoco. Solo grazie a Amino Pizzorno, che argomentò a lungo per placare la situazione, si riuscì a evitare la strage, facendo uscire gli operai all’interno in sicurezza ed evitando che i “compagni” all’esterno caricassero i militari per forzare il blocco. Pizzorno, allora semplice “tecnico” dello stabilimento, in seguito sarà responsabile della polizia partigiana e nel dopoguerra diverrà segretario della Camera del Lavoro.

Ma nel caos di quelle prime giornate, si gettano anche le basi della Resistenza. Secondo quanto riporta Paolo Emilio Taviani nel suo libro Breve storia dell’insurrezione di Genova, il 27 luglio proprio in città viene costituito il Comitato locale di Liberazione Nazionale.  Ne facevano parte rappresentanti del Partito d’Azione, del Partito Socialista, della Democrazia Cristiana, del Partito Comunista, a cui si unirono anche membri del Partito Liberale. 

Durante i 45 giorni badogliani,C.L.N. di Genova si concentrò per lo più a chiedere al governo di Roma di ascoltare la voce della popolazione ligure, nella richiesta di una più rapida ed efficace epurazione del fascismo, oltre a cessare immediatamente le ostilità con le Nazioni Unite. A partire dall’armistizio dell’8 settembre, il C.L.N. comincia le azioni attive che si organizzeranno rapidamente nei primi gruppi partigiani genovesi.

Il 25 luglio 1943 ricordato con le pastasciutte antifasciste

Per ricordare questo evento cruciale della storia italiana, il 27 luglio sarà organizzata una pastasciutta antifascista a cura della Fratellanza di Pontedecimo, della Camera del Lavoro di Genova, Anpi Genova e Soms la Filarmonica. Iniziative come questa riprendono la prima pastasciutta antifascista offerta proprio il 25 luglio 1943 dalla famiglia Cervi a tutto il paese di Gattatico. Nel corso degli anni la pastasciutta antifascista è diventata un simbolo per ricordare i sette fratelli Cervi, morti fucilati nel dicembre ’43, e per ricordare la storia e condividere i valori in un contesto di gioia e di convivialità.

La pastasciutta, offerta dalla Camera del lavoro, si svolgerà in Via Val Sugana 2 a Genova Pontedecimo, negli spazi della Fratellanza, a partire dalle 19:30. Ingresso libero, per un momento per stare insieme e celebrare i valori dell’antifascismo anche con la musica della yoU’S Band e i Cugini della Corte.

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