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Ferma il dolore, firma la pace: da sabato 22 aprile la raccolta firme dei referendum Italia per la pace

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Sabato 22 Aprile banchetti su tutto il territorio nazionale per firmare contro la guerra e a tutela della sanità pubblica

Ferma il dolore, firma la pace: per la raccolta firme scende in campo un comitato di esponenti di spicco del mondo accademico, della magistratura, della cultura e della comunicazione: “Il Governo prevede un aumento di 12 miliardi per il budget della Difesa a fronte di una riduzione di 2 miliardi per le spese sanitarie pubbliche. Noi chiediamo più soldi per la salute degli italiani, meno per gli strumenti di morte e la guerra”.

Due referendum abrogativi, uno contro il costoso invio di armi italiane in Ucraina e l’altro a tutela del Servizio sanitario nazionale.

I due quesiti sono redatti e sostenuti da un comitato formato da professori ordinari in materie giuridiche, esponenti del mondo accademico, della magistratura, della cultura e della comunicazione.

Ugo Mattei, Alessandro Somma, Marina Calamo Specchia, Anna Maria Poggi, Sergio Foà, Luca Nivarra, Paolo Cappellini, Maurizio Borghi, dal magistrato emerito di Cassazione Giuseppina Leo.

Da Geminello Preterossi e Pasquale De Sena, entrambi membri della Commissione DuPre, dagli economisti Guido Viale e Vladimiro Giacchè.

E ancora da Carlo Freccero, Vauro Senesi, Moni Ovadia, Franco Cardini, Marco Guzzi, dall’ex ambasciatore Alberto Bradanini e dai giornalisti Manlio Dinucci, Germana Leoni e Marinella Correggia.

No all’aumento delle spese militari e al degrado della sanità pubblica

Un fronte ampio che mira a rappresentare il vasto dissenso nel Paese – testimoniato da tutti i recenti sondaggi – contro l’aumento delle spese militari e il parallelo degrado della sanità pubblica manifestatosi drammaticamente durante la pandemia.

Ingenti risorse pubbliche vengono oggi dirottate sulla produzione di armi letali invece di essere impiegate per riaffermare il diritto alla salute degli italiani, come prova l’ultimo DEF, Documento di Economia e Finanza del Governo, che prevede nel 2023 un aumento di 12 miliardi di euro per il budget della Difesa a fronte di una riduzione di 2 miliardi per le spese sanitarie pubbliche.

Attraverso il referendum, il popolo sovrano può resistere di fronte a queste decisioni palesemente inaccettabili.

La politica, in sostanza, dimostra di ritenere prioritario l’acquisto di sistemi d’arma rispetto al garantire servizi pubblici indispensabili per la popolazione italiana (lo smantellamento del settore pubblico, tra l’altro, costituisce un’opportunità di profitto ingente per la sanità privata).

Questa politica, che preferisce le armi alla salute pubblica, si riflette in atti aventi forza di legge che possono essere oggetto di referendum abrogativo.

I quesiti proposti dal comitato referendario

Il nuovo comitato referendario ha dunque ritagliato due quesiti semplici, idonei ad evidenziare questa connessione.

Un primo quesito, sulla salute bene comune, vuole limitare il conflitto di interesse fra privato e pubblico nella pianificazione sanitaria, facendo tesoro della lezione che la ‘crisi Covid’ dovrebbe averci insegnato. Ai sensi della prima riforma neoliberale del Servizio Sanitario Nazionale (legge 502/92), al tavolo per l’annuale programmazione sulle priorità di spesa non partecipano solo i rappresentanti delle istituzioni pubbliche, ma anche i privati.

I privati hanno perciò ufficialmente voce in capitolo nella scelta delle priorità di investimento di quel quasi 7% del Pil investito nella nostra sanità.

Non è un caso che a soffrire siano terapie intensive e medicina di prossimità, ambiti in cui i margini di profitto privato sono molto sottili rispetto ad altri settori convenzionati.

Si tratta della solita logica dei servizi pubblici a gestione privatizzata con costi a carico della collettività e benefici a favore dei privati convenzionati.

Il primo quesito referendario proposto è semplice, non fa che eliminare i privati dai soggetti protagonisti della programmazione sanitaria pubblica, e recita come segue: Vuoi tu abrogare l’Art. 1 (Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza), comma 13, Dlgs 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (GU n.305 del 30-12- 1992 – Suppl. Ordinario n. 137) limitatamente alle parole “e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale”?

Le risorse per rafforzare la sanità pubblica possono agevolmente rinvenirsi interrompendo la consegna di armi all’Ucraina.

Tutti i partiti della presente legislatura e di quella precedente si sono schierati a favore dell’incremento di armi nel conflitto.

Con il secondo quesito referendario, si tratta di abrogare la normativa eccezionale voluta dal Governo Draghi e poi prorogata dal Governo Meloni.

No all’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell’Ucraina

Infatti, con il decreto legge n. 185 del 2022, convertito in legge n.8 del 2023, è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 l’autorizzazione ad inviare mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell’Ucraina in barba all’Art. 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra…”).

Ne segue un quesito referendario lineare: Vuoi tu che sia abrogato l’Art. 1 del DL 2 dicembre 2022 n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell’Ucraina), convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023: “È prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, di cui all’articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n.14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite?”

Comunicato Stampa

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