Sandro Marenco: il professore social che sa ascoltare i suoi studenti
“I giovani sono come una scatola di cioccolatini – dice Sandro Marenco, il social Prof più amato d’Italia – quando li apri sembrano normali, ma quando li assaggi sono spettacolari.”
Nato a Savona, docente al Liceo Scientifico di Alessandria, Sandro Marenco è il professore social più famoso e più apprezzato d’Italia.
I suoi video su TikTok sono da tempo un appuntamento imperdibile per i suoi studenti virtuali, ma anche per il variegato mondo dei social che continua a seguire con sempre maggiore interesse le performance canore – con annesso testo in inglese – del professore.
Autore del libro Dillo al Prof edito da Salani, Marenco nel 2021 è stato nominato Learning Hero dall’Organizzazione Internazionale Twinkl, che si occupa di didattica in tutto il mondo.
Questa la motivazione: “Per l’impegno nella diffusione di soluzioni didattiche creative e positività in quest’anno particolarmente difficile per tutti.
Per i fantastici obiettivi raggiunti e per aver lavorato duro durante il 2020 per cercare di superare i limiti imposti dal Covid-19 al fine di rendere possibile la scuola e l’apprendimento”.
Professore, la sua carriera passa dagli studi di medicina all’attività di manager per approdare a quella di professore star di TikTok. Da buon Gemelli lei è una persona eclettica che ha scelto percorsi molto diversi tra loro. C’è, e se sì qual è, il denominatore comune della sua vita?
Il filo conduttore della mia vita è senza ombra di dubbio la voglia di scoprire. Ho sempre avuto la curiosità di capire come funzionano le cose.
Mi ricordo che da piccolo, per esempio, rompevo gli orologi per vedere com’erano fatti dentro e come funzionavano.
Anche a scuola la curiosità è stato il mio tratto distintivo e quello che mi ha salvato: ero pigro, ma il desiderio di scoprire mi permetteva di apprendere con facilità.
Sono ostinato, non rinuncio mai a comprendere le cose nuove, vado avanti e non mi accontento finché non padroneggio quello che mi interessa.
Da pochi giorni, dopo aver vinto il posto come professore ordinario, insegna all’Itis A.Volta di Alessandria: insegnare a scuola è una missione, deve prendersi cura dei suoi studenti ed accompagnarli durante il loro percorso di crescita. Come vive questa importante esperienza?
La vivo con profondo senso di responsabilità: insegnare è una missione e una necessità che comportano una grossa responsabilità.
Credo infatti che i bravi insegnanti siano quelli davvero consapevoli dell’importanza del lavoro che svolgono.
Non è sufficiente insegnare, bisogna prendersi cura dei propri allievi. Se fai il professore, sei un professore, sempre, anche sui social.
Torniamo un po’ indietro: si ricorda il momento esatto in cui, durante la pandemia, ha deciso di trovare un canale di comunicazione, con i suoi studenti, in grado di oltrepassare i limiti della DAD?
Bisogna andare al 2020, ad un pomeriggio di marzo dopo le ore di lezione in DAD.
Quel giorno ho percepito che c’era qualcosa che non andava tra i miei studenti.
Ho capito che parlavano davanti al PC, ma che di fatto non comunicavano e si sentivano soli.
Allora mi è venuta un’idea: perchè non andarli a trovare nella loro sala giochi, ovvero su TikTok?
Mi sono armato di pazienza e ho iniziato questa nuova avventura: il primo video l’ho girato con un filtro che mi ha trasformato in uno scheletro!
Da lì in avanti non mi sono più fermato e con il tempo sono arrivati anche i video con le canzoni.
Il lato buono dei social
I social sono stati molto utili durante il periodo pandemico, hanno accorciato le distanze tra lei e i suoi alunni. Qual è stato a suo avviso il problema più sentito dagli studenti in questi anni particolarmente difficili?
Due gli aspetti principali. Credo che i ragazzi si siano sentiti, per prima cosa, molto soli, isolati.
Un altro aspetto riguarda poi l’interruzione brusca ed improvvisa della loro quotidianità.
Nel Liceo Scientifico dove insegno ci sono sportivi di livello mondiale: immaginiamo che cosa può aver rappresentato per loro l’aver dovuto interrompere, da un giorno all’altro, ogni tipo di allenamento.
Hanno subito un vero e proprio shock: si sono ritrovati soli e con tutti i loro sogni frantumati.
Ho cercato di aiutarli e ho pensato di utilizzare la chiave del divertimento e dell’ironia: in questo modo si sono sentiti liberi di aprirsi.
I dialoghi con gli studenti diventano un libro, Dillo al Prof edito da Salani.
Professore, com’è nato questo progetto?
E’ nato per caso, quando ho deciso di aprire uno spazio più intimo, dove chiunque potesse condividere le gioie, i pensieri e i dolori di ogni giorno: una casella email dilloalprof@sandromarenco.it e l’hashtag #DilloAlProf
Ho ricevuto tantissimi scritti, davvero belli e così pieni di vita.
A un certo punto mi sono detto: non possono restare unicamente qua dentro, non possono vivere soltanto per il tempo di una lettura, la mia.
Devono restare più a lungo, diventare patrimonio di tutti. Così è nata l’idea di questo libro, dove a guidare è la mia voce, ma quello che più conta sono le singole storie delle persone che hanno voluto aprirmi il loro cuore.
Secondo lei che cosa ha permesso ai ragazzi di sentirsi liberi di confidarsi così spontaneamente?
Li ho ascoltati, abbiamo condiviso realmente il terribile momento storico che ci era piombato addosso: si sono sentiti accolti senza remore di alcun tipo.
Ho sempre cercato di stare loro vicino e, soprattutto, di comprendere la difficoltà del momento che stavano vivendo.
Addirittura prendevo in giro i professori che pretendevano lo specchio durante le interrogazioni per far sì che non leggessero gli appunti.
Dico io, questi ragazzi avevano genitori e nonni che morivano da soli in ospedale e dovevo aggiungermi io a stressarli per delle sciocchezze?
Se dovesse descrivere i giovani di oggi, quali aggettivi utilizzerebbe?
I giovani sono un po’ come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump: quando li apri sembrano normali, ma quando li assaggi sono spettacolari.
Che cosa impara ogni giorno dai suoi studenti?
Apprendo sempre nuovi linguaggi, nuove parole che non capisco e che loro puntualmente mi spiegano.
Il bullismo riguarda giovani e adulti
Il bullismo tra i giovani è davvero un problema così forte? Come si può intervenire?
Il bullismo, purtroppo, è presente anche tra gli adulti. Ritengo fondamentale educare i giovani al valore dell’autostima e al bello.
Proprio in quest’ottica sono Ambassador nazionale del progetto Dove incentrato sull’autostima.
Ai ragazzi bisogna insegnare il valore della propria bellezza e non di quella che viene imposta da altri.
Ogni giorno incentivo i miei studenti a creare qualcosa di meraviglioso. E ricordo loro le parole del grande Mahatma Gandhi: “ La bellezza dopotutto sta nella purezza dei vostri cuori.”
Lei è stato un buon studente? E, soprattutto, ha avuto dei buoni insegnanti?
Sì, sono stato un bravo studente: studiavo ed apprendevo con facilità.
Tra tutti gli insegnanti ricordo in modo particolare Felice Rossello: posso dire che è stato lui a formarmi totalmente.
Mi ha stimolato a conoscere e a capire le cose, a metterle sempre in discussione, ad essere ironico.
E, soprattutto, a non accontentarmi mai e a cercare sempre un approfondimento.
Il Prof. Rossello è stato un insegnante davvero eccezionale che al posto del voto, sul compito in classe, scriveva: Viva i tulipani!
Da buon studente ad ottimo insegnante. L’Osservatorio Media del Movimento Italiano Genitori le ha consegnato il Premio Moige.
Grazie all’attestazione di stima di studenti e genitori, per essere stato un “esempio propositivo che incarna nel suo progetto digitale, capace di interfacciarsi con diversi registri, dal serio al faceto, offrendo momenti di apprendimento, di accoglienza, parlando di tematiche importanti quali bullismo e razzismo, stimolando un percorso di crescita emotiva e morale e puntando dritto alla coscienza dei più giovani”. Come ha accolto questo riconoscimento?
Ricevere questo premio per me equivale all’aver vinto una medaglia alle Olimpiadi.
E’ la dimostrazione di come i social possano avere un’importante valenza positiva e di come si possa fare cultura con metodi innovativi e diversi da quelli tradizionali.
Al di là degli aspetti tragici della pandemia, secondo lei c’è qualcosa di buono che ci ha lasciato in eredità questo periodo così difficile?
Di sicuro ci siamo tutti svecchiati un bel po’ a livello tecnologico: per necessità abbiamo dovuto prendere confidenza con strumenti nuovi quali la DAD ed i social.
Abbiamo anche recuperato del tempo: gli spostamenti sono diminuiti – e questo è stato un bene a livello di impatto ambientale – siamo rimasti a casa ed abbiamo apprezzato la comodità dei convegni on line, per esempio.
La pandemia, inoltre, mi ha lasciato l’idea che posso stare bene anche in casa.
E soprattutto ha legittimato questo mio stare in casa: prima, infatti, non era molto ben visto stare troppo tra le mura domestiche.
La lingua inglese e la musica sono due sue grandi passioni. Eppure dopo il Liceo Classico si è iscritto a Medicina e ha dato tutti gli esami dei primi tre anni. Per curiosità ci racconta com’è nata questa sua scelta?
Bisogna tornare all’ultimo anno di liceo e alle famose giornate di orientamento: tutti i professori mi dicevano che avevo un’intelligenza creativa e di provare quindi a fare un percorso a medicina.
Non sono arrivato fino in fondo, però: ho superato tutti gli esami dei primi tre anni e poi ho smesso.
Ho capito che non era la mia strada quando ho iniziato ad andare in corsia.
Non sarei stato un bravo medico perché mi sarei fatto coinvolgere troppo dall’aspetto emotivo della malattia.
A quel punto ho lavorato per un’agenzia di assicurazioni, ma in realtà il mio desiderio era quello di riprendere a studiare.
Mi sono iscritto alla Cattolica dove mi sono laureato in Lingue e Letterature Straniere con una specializzazione in Scienze della comunicazione.
Si è laureato con una tesi particolare dedicata al Grande Fratello, quando si era ancora agli inizi di questi nuovi format televisivi.
Sì, sono stato il primo nel 2001 a scrivere una tesi del genere: “La televisione negli anni ‘90: l’esempio multimediatico del Grande Fratello”
Ai tempi c’erano ancora le videocassette e le ho visionate tutte: le edizioni italiane, tedesche ed inglesi del famosissimo format di Endemol.
Lei è nato a Savona, città che ha lasciato molto presto. Che ricordi ha? Ci torna ogni tanto?
Sono nato a Savona, ma ho vissuto a Mallare.
Tanti sono i ricordi che mi legano alla città di Savona: il Luna Park al Prolungamento, il frappè in Piazza Chabrol, il panino con le fette in Via Pia.
Mi rivedo bambino con la mia mamma per gli acquisti delle grandi occasioni: il vestito da Mariangela e le scarpe da Nobili.
E ancora le passeggiate al Priamar: sono molto legato alla Liguria e a Savona in particolare. Mi mancano sempre l’odore del mare e il vento, soprattutto d’inverno.
Se chiude gli occhi dove e come si immagina tra cinque o dieci anni?
E che cosa ne so io! Quello che so è che vorrei tanto avere una casa luminosa ai Piani di Invrea, a Varazze, dove vivere con i miei gatti.
Poi vorrei aver scritto un libro da cui hanno realizzato un film: immagino di aver guadagnato talmente tanto da poter vivere facendo solo video su TikTok!
I Måneskin hanno pubblicato un video del Prof sul loro TikTok
Quale esperto ed appassionato di musica, chi salva oggi e chi butta giù? Che cosa pensa del rap? E dei Måneskin?
L’unica musica che non capisco e che non mi arriva è il trap, per il resto salvo tutti.
Si figuri che ho iniziato a Radio Cairo con un programma serale di liscio con i Casadei: la musica è una costante della mia vita e ascolto veramente di tutto.
A volte mi piace il testo, oppure la melodia, altre volte l’artista: non butto via niente.
I Måneskin, poi, sono i miei eroi: italiani con un inglese perfetto, sono internazionali e li vedo molto spontanei, loro stessi.
Anche su TikTok si mostrano per quello che sono, in tutti i frangenti.
La cosa incredibile è che i Måneskin mi hanno persino inserito in un loro video con l’ultima canzone The Loneliest!
@therealmaneskin You never fail us 💙 You guys sang and played #TheLoneliest along with us and this is why we love you!!! Thank you 💋
La prima canzone che le viene in mente la mattina appena sveglio.
Non ne ho nessuna in particolare: ogni giorno è diversa!
Quanto impiega mediamente per realizzare un video TikTok? Buona la prima?
Sempre buona la prima perché mi interessa che sia spontanea, senza copione.
A fare un video impiego cinque minuti, ma il lavoro è dietro: capire che cosa scegliere, cercare come farlo.
Ogni video un paio di occhiali diversi: di tutte le forme e colori: si direbbe un vero e proprio appassionato.
Assolutamente! Indosso occhiali dai tempi del liceo e proprio non riesco a vedermi senza.
In più mi piace l’abbinamento cromatico con i vestiti.
A questo punto quello che mi manca è uno sponsor. Eccomi, sono qui, pronto ad indossare tutti gli occhiali più belli.
Dal libro Dillo al Prof di Sandro Marenco
“Auguro a tutti un buon viaggio tra le vite degli adolescenti.
Agli adulti chiedo di rispettarle così come sono, ritardando il momento dei giudizi, perché credetemi, non è né l’età né tantomeno il periodo storico adatto per caricarli anche delle nostre idee.
Lasciamoli spiccare il volo e non perdiamoli mai di vista. Se dovessero cadere saremo pronti a soccorrerli, ma diamo loro la libertà di cadere.”
La bocca della verità
Venti curiosità per conoscere ed apprezzare meglio
SANDRO MARENCO
Nome completo e soprannome
Sandro Marenco
Le tue origini
Ligure, nato a Savona
Età
27/05 – Gemelli
Studi
Laurea Lingue e Letterature Straniere con specializzazione in Scienze della Comunicazione
Professione
Professore
Famiglia
I miei due gatti
Una canzone
Believe di Cher
Un artista
Banksy il graffitaro
Un film
Le parole che non ti ho detto
Un libro
Il gabbiano Jonathan Livingston
Una frase
Respira
Un animale
Gatto
Un luogo
Spotorno
Una bevanda
Birra
Un piatto
I ravioli della mia mamma
Un tuo pregio
Bontà
Un tuo difetto
Bontà
Un desiderio
Serenità
Un rimpianto
Nessuno
Il tuo prossimo progetto
Il mio prossimo libro
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