Le persone umane godono dello sviluppo di una caratteristica, a renderle specifiche, nella loro biologia. La maturata consapevolezza dello spazio. Ciononostante, tutti gli animali sociali hanno una propria consapevolezza, coabitanti in una rete interagente di eco-sistema: il nostro Pianeta.
Non esiste qualcuno di migliore rispetto a qualcun altro, esistono solo contesti personali per tutti i viventi.
Scrive Konrad Lorenz, il padre dell’etologia – lo studio della psicologia animale, nel 1949:
«Negli animali sociali, la capacità di comprendere anche i più lievi movimenti espressivi è così, enormemente, sviluppata, proprio perché essi non comprendono la parola, proprio perché non sono in grado di parlare.»[1]
Il linguaggio parlato è il frutto di centinaia di migliaia di anni di adattamento, di una specie – quella umana, tra i mammiferi, dotata della facoltà causale e casuale di spostarsi, per i territori del globo, imparando comandi vocali e nell’adattarsi ai diversi ambienti di sostentamento, per il tramite di affabulazioni.
Questi sono ordini onomatopeici di intesa verbale: sono le parole: strumenti di comunicazione elaborati e magici – dal sanscrito “magh”, “grande, fascinoso, potente”, armi o accudimenti, usati per agire con più efficacia organizzativa, secondo la propria sopravvivenza, nella caccia o nella guerra, così come nel riposo o nella pace.
Le parole sono una prerogativa umana e, lungi da ogni forma di esaltazione della condizione della specie, sono l’anello mancante di congiunzione tra la consapevolezza neurologica maturata dello spazio – secondo le condizioni specifiche di adattamento ambientale – e gli oggetti della percezione animale.
Nessun altro animale può parlare un linguaggio umano e per tale ragione non è possibile da considerarsi classificabile nella sua totalità, secondo scale di valori e percentuali, umanamente concepite.
Dato, anche, il valore relativo di ogni misurazione sul quoziente di intelligenza personale, sottoporre qualsiasi animale a uno studio relativo è un risultato relativo a una funzione specifica, a uso dedicato e contingente dello studio stesso.
Per potere conoscere gli animali è necessario volerli conoscere. Non basta osservarli da lontano.
Se le parole sono insufficienti, dunque, a spiegare l’oltre-umano, l’animale storico, l’”esemplare” da studiare, allora sia possibile lasciare andare le cognizioni condizionanti dell’ambiente familiare, per abbracciare la via, il viaggio, della conoscenza ancestrale, in rotta verso i luoghi naturali in cui gli animali vivono, da molto tempo.
Sia, anche, possibile sospendere le osservazioni critiche e lasciarsi abbracciare dal forte vento delle spontanee incertezze, ricercando le vie degli animali e il loro vivere, insieme alle oneste intenzioni di osservarli da vicino, nelle vive relazioni con loro.
I cani, per esempio, non parlano come gli umani e sono una delle specie animali più empatiche dell’eco-sistema biologico.
Non sono un intrattenimento, malgrado molte delle interazioni abituali, messe in atto dalle persone umane nei loro confronti; non vivono il gioco esattamente allo stesso modo di altri viventi. Sono animali con la propria personalità, divergente da altri, nel modo di vivere, rappresentarsi, percepire e cercare il proprio spazio vitale.
I cani hanno delle personalità specifiche, secondo la specie e attinente a un insieme di viventi, condividenti caratteristiche comuni di adattamento per la sopravvivenza; per cui, ogni altra specificità biologica, in rapporto di relazione, presenta somiglianze e divergenze.
Sulla scena delle vicende animali, ci siamo anche noi, umani, a rifletterci nelle pieghe degli eventi, tentando di osservarli per ricongiungerci con la fitta ricerca sulle nostre origini.
Ed è in questo viaggio, che da una finestra di osservazione, auspicabilmente libera e sincera, la possibilità si manifesta di riconoscere e apprezzare un contesto altro da quello umano, in cui le parole non bastano. In cui potere esprimersi, guardandosi negli occhi e percependosi sensibilmente.
Gli animali, le loro vite, le loro vie, le transumanze, i lunghi cammini e gli stretti spazi sono l’epicentro intorno a cui ruotano le grandi domande degli uomini, discendenti come tutti gli animali dal potere della comunicazione e dello spazio della vita.
[1] KONRAD ZACHARIAS LORENZ, L’anello di Re Salomone, Milano, Adelphi, 2012