Anche a Genova manifestazione dei cittadini turchi contro la repressione di Erdoğan

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Anche a Genova scendono in piazza i cittadini turchi per chiedere la liberazione di Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul e principale oppositore politico di Erdoğan e per chiedere il rispetto dei diritti umani nel loro paese, come il diritto di manifestare e di potersi esprimere senza temere ritorsione.

Molti si coprono il volto e chiedono di oscurare i visi, per paura di poter essere identificati dai servizi segreti turchi: il pericolo è reale, considerando che sono stati emessi già diversi mandati di arresto internazionale per chi manifesta all’estero. C’è poi l’ansia per le famiglie: molti giovani in piazza sanno che i genitori e i loro parenti stanno manifestando nelle loro città di origine, ma la paura che i loro cari possano subire delle ritorsioni a causa della loro esposizione mediatica è concreta.

Dei giovani che manifestano, tanti sono studenti, altri lavorano: molti sono arrivati a Genova pensando di restare per il periodo dell’università, come ci racconta Fatma, (nome di fantasia, ndR), 25 anni, a Genova dal 2020. La preoccupazione per il proprio Paese d’origine tuttavia non cessa con la distanza fisica.

Le speranze dei giovani turchi che risiedono a Genova

La manifestazione «è un atto di solidarietà per tutto ciò che sta accadendo in Turchia. Volevamo far sentire la nostra voce a quelli che sono in piazza da una settimana lottando, combattendo per i nostri diritti, per la giustizia e per la libertà di Ekrem İmamoğlu. Tutto è nato dal suo arresto ma è l’inizio di una rivoluzione», ci dice Fatma.

L’iniziativa vuole non solo far sentire la voce dei cittadini turchi a Genova ma rendere anche più consapevole la popolazione italiana di cosa sta accadendo in Turchia, perché possano appellarsi alle istituzioni per chiedere un intervento.

Dalle istituzioni italiane ed europee, Fatma auspica che si uniscano «alle nostre voci a livello europeo contro questa violazione dei diritti fondamentali e della democrazia, che sono elementi fondamentali per un futuro migliore. Soprattutto per noi come giovani è molto importante scendere in piazza e far sentire la nostra voce ovunque in Europa, quindi io, più che alle istituzioni, voglio parlare alle persone. So che stanno già accadendo varie manifestazioni in altre città, in Italia ma anche in altri paese europei. È molto importante dimostrare che questa non è una questione che rimane solo nei confini della Turchia».

La situazione in Turchia

L’arresto di Ekrem İmamoğlu, avvenuto il 19 marzo 2025, ha fatto da miccia per la rabbia dell’opinione pubblica, preoccupata per il giro di vite repressivo sulla società civile e gli avversari politici di Erdoğan. Tuttavia, ci sono anche altre motivazioni, come la profonda crisi economica in cui ristagna la Turchia da tempo e che non sarà sanata a breve – negli ultimi giorni la lira turca è crollata al minimo storico rispetto al dollaro americano, spaventando gli investitori.

I più insofferenti sono i giovani, che guardano all’Occidente e vorrebbero più apertura nel paese, ma non soltanto. Secondo alcuni analisti, la scelta di Erdoğan di agire adesso contro il suo principale antagonista potrebbe essere una mossa per sfruttare da un lato il suo ruolo fondamentale sulla scena internazionale per evitare interventi dall’estero e, dall’altro, per avere il tempo di fiaccare e demotivare le proteste che, com’era prevedibile, si sono attivate in tutto il paese. Mancano infatti tre anni alle prossime elezioni in Turchia.

I manifestanti turchi in piazza a poche centinaia di metri dal Consolato presidiato dall’esercito

La curiosità della manifestazione genovese: la protesta pacifica si è svolta in piazza Matteotti, dall’altro lato di Palazzo Ducale rispetto a dove si trova il Consolato turco (in un palazzo che affaccia su piazza De Ferrari), dove dal 2019 si può vedere un picchetto dell’esercito italiano.

La misura preventiva aveva seguito alcuni gesti di minaccia contro il console per le politiche repressive contro il popolo curdo, in particolare il lancio di un secchio di vernice rossa contro il portone del consolato. Oggi il presidente turco continua le sue politiche non solo in Turchia ma anche nei paesi confinanti, approfittando del caos regionale anche a seguito del crollo del regime siriano, in cui le milizie curde hanno svolto un ruolo cardine, ma che oggi, come nel 2019 dopo la caduta dell’ISIS, potrebbe non garantire alcuna tutela per un popolo che vorrebbe solo potersi costruire una propria indipendenza.

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