Il voto in Russia, tra proteste e repressione
Sono aperte da ieri notte – per i fusi orari nell’estremo oriente – le consultazioni elettorali in Russia. Le urne resteranno aperte fino a domani, in quello che sembra – al solito – un voto pro o contro Putin, malgrado i diversi nomi sulle schede. La popolazione russa è chiamata a votare in questo fine settimana per decidere se garantire altri sei anni al Cremlino per il leader del Paese e, malgrado la possibilità di votare altri tre candidati (il comunista Kharitonov, l’ultranazionalista Slutski e il liberista Davankov), la sensazione generale è che nessuno abbia reali speranze di portare un cambiamento nel Paese.
Per la Russia è la prima elezione presidenziale da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina e proprio in questi giorni un duro attacco nella regione di Belogorod, che segna la frontiera tra i due Paesi. I raid hanno registrato diversi danni e un morto. La guerra è un argomento tabù nella campagna elettorale, a maggior ragione dopo l’esclusione di due possibili candidati che si erano espressi esplicitamente contro il conflitto.
I tre sfidanti rimanenti in gara, in realtà, non mettono veramente in discussione l’autorità di Putin secondo gli osservatori internazionali e altre figure contrarie all’attuale regime; la loro partecipazione avrebbe più che altro lo scopo di aggiungere una facciata di legittimità alle votazioni, evitando situazioni sfacciatamente controllate come accaduto in Bielorussia nelle ultime due tornate elettorali. Malgrado questa mossa, in ogni caso, Vtsiom – l’agenzia statale dedicata ai sondaggi – prevede un’affluenza alle urne del 71% e la conferma di Putin con l’82% dei voti.
Su questo voto in Russia aleggia anche la morte di Aleksej Navalny
Morto all’improvviso poche settimane fa in una colonia penale in Siberia, la fine del più noto dissidente politico russo ha scosso l’opinione pubblica sia in Russia che sulla scena internazionale Una morte naturale, secondo le autorità, dovuta a un trombo, ma rifiutata e contestata dai legali e dalla famiglia di Navalny.
In particolare Yulia, la vedova, ha puntato il dito direttamente contro Putin, esortando i sostenitori di Navalny a protestare e a votare in massa domenica 17 marzo a mezzogiorno, formando grandi code ai seggi elettorali.
“Mezzogiorno contro Putin”, così è stata battezzata questa iniziativa, che aveva ricevuto anche l’approvazione dallo stesso Navalny prima di morire. Un gesto piccolo di ribellione mentre si esercita un diritto, certo, ma ritenuto pericoloso dalle autorità russe, che minacciano di punire chi aderirà all’iniziativa con cinque anni di prigione. Rimane dunque da vedere come si agirà domani, perché non è chiaro su che basi si vorrebbe agire e quale crimine – al di là del dissenso – si desideri reprimere.
Il clima in Russia è molto teso dalla morte di Navalny
Dall’annuncio della scomparsa dell’antagonista politico, si sono verificati arresti a centinaia. Molte persone sono state identificate o arrestate per aver partecipato alle manifestazioni per chiedere la verità sulla morte di Navalny ma anche al suo funerale, che si è tenuto la scorsa settimana.
Identificazioni sono avvenute anche all’estero, Italia compresa, per cittadini russi che hanno manifestato davanti alle ambasciate o ai consolati. A Genova una signora è stata identificata per aver portato dei fiori e una fotografia di Navalny davanti al consolato di Nervi, prima di raccogliersi in preghiera davanti al portone d’ingresso.
Inediti invece solo gli episodi di violenza a urne aperte, almeno per le elezioni presidenziali in Russia
In diverse città si segnalato atti vandalici e aggressioni ai seggi, che possono essere letti come atti di protesta individuali. Si va dall’inchiostro gettato nelle urne a una molotov lanciata all’ingresso di un seggio a San Pietroburgo.
Solo nella giornata di ieri, il comitato investigativo ha aperto otto procedimenti penali legati a incendi dolosi nei seggi elettorali e danni alle urne. Alcuni di questi episodi si sono verificati in Crimea, che è stata annessa alla Russia nel 2014 dopo il precedente conflitto con l’Ucraina, ma anche in altre quattro regioni. Secondo Ella Pamfilova, longevo numero uno della Commissione elettorale centrale, coloro che rovinano le schede elettorali sono dei “bastardi” e devono subire l’arresto. Anche il suo vice si è espresso duramente parlando di “atti di terrorismo” e invocando pene severe.
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