«Beati gli ultimi perché saranno i primi», recita la parabola della vigna nel Vangelo, ma non ad Albaro: sembra infatti ormai inevitabile lo sfratto delle Suore Sacramentine dal complesso monasteriale di Casa Raphael, visto che la casa madre dell’ordine (a Monza) ha deciso di trasformare la struttura in una RSA ben più redditizia.
Tutto legale, se non che Casa Raphael non ospita solo dodici suore e tre frati, ma anche 35 assistiti fragili (profughi ucraini, ragazze africane, migranti, senza tetto e religiosi anziani con problemi di salute mentali). Non solo: le suore sono un presidio per molte persone in difficoltà che sanno di poter bussare alla loro porta per un pasto caldo. Un presidio che andrà perso, se si realizzerà la proposta di trasferire le sorelle residenti in via Byron negli spazi del Santuario della Madonna della Guardia, in cima al monte Figogna (Ceranesi).
Un cambiamento che preoccupa non poco le suore, come ha dichiarato la madre superiora, suor Maria Chiara Prestigiacomo: «Come potrebbe essere possibile tutto questo alla Madonna della Guardia? Diventeremmo molto più difficili da raggiungere».
Uno sfratto pendente da quattro anni sulle Suore di Albaro
Grazia Maria Costa, direttrice sanitaria della struttura, aggiunge: «Sono quattro anni che resistiamo. Noi vorremmo semplicemente continuare ad amare e a servire gli ultimi. Se ci trasferiamo alla Guardia, non riusciamo più ad aiutare nessuno. Troppo lontano per poveri e mercati. Chi ci aiuta più?».
Tuttavia, da Monza le Suore Sacramentine sembrano irremovibili e a novembre lo sfratto dovrebbe diventare esecutivo. Negli ultimi quattro anni si sono raccolte quasi trentamila firme per sostenere la presenza delle Suore ad Albaro. Nonostante la ricezione del pubblico e l’attenzione mediatica su questo casa, però, a oggi le istituzioni cittadine sia laiche che religiose non si esprimono, malgrado i diversi appelli.
Negli anni, le Suore hanno inoltre aperto le porte a diversi progetti sociali e attività ludiche proprio per dimostrare il valore della loro sede come centro di aggregazione nel quartiere. Un esempio sono gli appuntamenti del Silent Book Club di Genova, che almeno una volta al mese si ritrova qui per leggere.
Il blitz nel CAS di febbraio
Cercando di far quadrare i conti per perorare la propria causa, le Suore negli anni hanno ridotto i costi aderendo anche a progetti per ridurre lo spreco alimentare, ricevendo le eccedenze sia dal MOG che dai supermercati Coop e Conad nei dintorni. Tuttavia, quest’anno si è verificato anche un incidente non di poco conto che potrebbe far valutare negativamente la struttura di accoglienza e la sua gestione.
A febbraio infatti un blitz della Asl3 aveva definito una “cucina degli orrori” quella del monastero, disponendo l’immediata sospensione dell’attività di preparazione pasti e sanzioni per 10mila euro, denunciando i gestori della struttura di accoglienza. Il CAS, affidato direttamente dalla prefettura nel 2022 a un’associazione temporanea di scopo tra il Ce.Sto e l’Istituto Edith Stein, era stato infatti trovato ben sotto i livelli accettabili di igiene nelle zone adibite alla cucina: sporcizia, insetti sia vivi che morti, muffa e una quantità di altri problemi che avevano obbligato la Asl a far scattare le sensazioni.
Un episodio quanto meno spiacevole, anche se non direttamente imputabile alle Suore di Via Byron, che potrebbe contribuire a staccare la spina al progetto di accoglienza in modo da procedere con lo sfratto esecutivo.
Se non potranno restare nella sede attuale, le Sacramentine chiedono almeno di poter restare in centro città dove possono essere d’aiuto, magari con la collaborazione del Comune e di Arte. «Servono 30 stanze. Si può riaprire, sicuramente, qualche edificio pubblico, oggi chiuso», fa notare la madre superiora. «Noi vogliamo continuare ad amare e a servire!».
L’attesa ora è per il 2 novembre, data dell’udienza del ricorso per evitare lo sfratto. «Continueremo a bussare a varie porte, nella speranza che almeno una si apra».