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120 anni/n. 13 – So.Crem, i giovedì letterari del Centro Studi Edoardo Vitale

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SPECIALE 120 ANNI DI SO.CREM NUMERO 13


Il 16 novembre 2023, presso il Centro Studi Edoardo Vitale di So.Crem Genova, si è tenuta la conferenza dal titolo “Il trattamento del dolore e le cure palliative”, condotta dal professor Franco Henriquet. Questo incontro fa parte del ciclo dei Giovedì Letterari, che offre al pubblico genovese l’opportunità di affrontare tematiche complesse legate alla salute e alla qualità della vita, attraverso il contributo di esperti di vari settori. L’evento, arricchito da un intervento musicale di Sara Capellini Maggiore al soprano e Enrico Grillotti al pianoforte, con la direzione artistica di Rita Maglia, è stato un momento di grande riflessione collettiva sul valore della cura e dell’accompagnamento alla fine della vita.

Cure Palliative e Valore della Persona

Durante l’incontro, il professor Franco Henriquet ha esplorato l’evoluzione storica e medica del trattamento del dolore. È stato un percorso che ha mostrato quanto, per lungo tempo, il dolore sia stato considerato come un male necessario, quasi inevitabile, soprattutto nei pazienti terminali. Solo negli ultimi decenni, grazie al progresso della medicina palliativa, si è riconosciuta l’importanza di trattare adeguatamente il dolore, vedendolo non solo come un problema fisico, ma anche come un fenomeno multidimensionale che coinvolge aspetti psicologici, sociali ed esistenziali.

Il professor Henriquet, medico chirurgo specializzato in Anestesiologia e Rianimazione, ha sottolineato come la gestione del dolore rappresenti un ineludibile principio di etica medica e un dovere morale per tutti i professionisti della salute. Trattare il dolore non significa solo somministrare farmaci, ma anche creare una relazione di cura che includa l’ascolto e la comprensione delle storie individuali di ciascun paziente. Ogni persona in fase terminale ha una storia unica, e il tempo dedicato all’ascolto e alla relazione può diventare il vero valore aggiunto dell’assistenza.

Uno degli aspetti centrali dell’incontro è stato il richiamo alla dignità della persona, che deve essere rispettata attraverso percorsi di accompagnamento che privilegiano il tempo e la relazione umana. L’intervento del professor Henriquet è stato seguito da un lungo applauso, un tributo della comunità genovese per il lavoro che ha svolto attraverso l’associazione Gigi Ghirotti, da lui fondata nel 1984.

Il relatore, Prof. Franco Henriquet

Il professor Franco Henriquet è una figura centrale nel panorama delle cure palliative in Italia. La sua esperienza nel settore e il suo impegno a favore dei malati terminali hanno avuto un impatto profondo sulla comunità.

La sua visione, esposta durante l’incontro, è chiara: le cure palliative non si limitano al trattamento del dolore fisico, ma comprendono anche il supporto emotivo e psicologico del paziente e dei suoi cari. Questo approccio umanistico e integrato rende l’esperienza di fine vita un momento in cui il dolore non viene ignorato, ma ascoltato e trattato con compassione e rispetto.

Eventi e attività ospitate

Il 14 dicembre 2023, il centro studi Edoardo Vitale ha ospitato un evento dei giovedì letterari dedicato alla figura del caregiver, condotto dal neurofisiopatologo Guido Rodriguez. L’incontro, intitolato “Avere cura di chi si prende cura”, ha affrontato una delle questioni più delicate e spesso trascurate nel mondo dell’assistenza sanitaria: l’impatto emotivo, fisico e psicologico su coloro che quotidianamente dedicano la propria vita all’assistenza di un familiare malato.

Il ruolo fondamentale del caregiver

Durante l’evento, Guido Rodriguez ha presentato dati tratti da un’inchiesta condotta dal servizio di neurofisiologia clinica dell’Università di Genova, che ha messo in luce aspetti fondamentali del ruolo del caregiver. In particolare, è emerso come il 75,8% dei caregiver sia costituito da donne, un dato che evidenzia l’importanza del contributo femminile nella gestione della malattia e del supporto quotidiano. Questo dato è destinato a crescere con il peggiorare delle condizioni cliniche del paziente, dimostrando come il carico assistenziale diventi via via più impegnativo.

Il rapporto tra caregiver e medico di medicina generale è stato un altro tema centrale della discussione. Il rapporto tra caregiver e paziente è stato descritto come intimo e profondo, caratterizzato da un legame che va oltre la semplice assistenza, e che si fonda su empatia, affetto e sacrificio.

L’importanza di supportare chi si prende cura

Guido Rodriguez ha sottolineato come la figura del caregiver non debba essere lasciata sola. La totale dedizione di queste persone spesso si traduce in sacrifici personali enormi, come l’abbandono delle proprie attività, la riduzione delle interazioni sociali e, in alcuni casi, l’erosione del proprio benessere fisico e mentale. La società ha quindi il dovere di riconoscere il valore di chi presta assistenza, offrendo un sostegno concreto a livello sia emotivo che materiale.

La chiusura dell’incontro è stata dedicata all’importanza di creare reti di supporto per i caregiver, affinché possano trovare spazi in cui condividere le proprie esperienze e ricevere il sostegno di cui hanno bisogno. Spesso, l’attenzione è concentrata esclusivamente sul paziente, mentre il benessere del caregiver viene considerato secondario. Eppure, per garantire una qualità della vita dignitosa al malato, è fondamentale che chi si prende cura di lui sia sostenuto, compreso e aiutato.

Le prossime attività del centro studi Edoardo Vitale

L’impegno del centro studi Edoardo Vitale (So.Crem Genova), attraverso incontri come quello dei Giovedì Letterari, è quello di creare una consapevolezza collettiva e promuovere iniziative che puntino al benessere complessivo di tutti gli attori coinvolti nel processo di cura. Solo riconoscendo il valore e l’importanza del lavoro invisibile dei caregiver, possiamo costruire una società realmente inclusiva e solidale, capace di affrontare le sfide del fine vita con umanità e dignità.

Per ulteriori dettagli sugli eventi e sulle attività ospitate dal Centro Studi Edoardo Vitale, puoi consultare la pagina ufficiale qui.

Spoglie: riti e funzioni nella storia

Buddismo

Possiamo dire che per il buddismo la morte è fondamentalmente soltanto una trasformazione di energia (si potrebbero trovare analogie con l’einsteiniano concetto dell’uguaglianza tra materia ed energia espresso dalla equazione E=mc2). Morendo la vita non scompare, si trasforma in qualcosa di più profondo. Fin qui in realtà non sembrano esserci tante differenze da ciò che predicano anche altre religioni, la sopravvivenza dell’anima proclamata dal cristianesimo non sembra poi diversa, a prima vista.

Però mentre l’anima secondo il cristianesimo e le religioni monoteistiche abramitiche, una volta concluso il suo unico periodo nel mondo materiale non ne farà più ritorno, per il buddismo il percorso continua quindi la morte si rivela come un momento necessario per poter proseguire il rinnovamento e iniziare una nuova crescita. Dopo la morte fisica, l’anima di un essere vivente trova nuove condizioni idonee per reincarnarsi in un nuovo essere vivente, ricominciando una vita nel mondo materiale per proseguire il suo cammino verso il nirvana.

Siccome i corpi sono fondamentalmente dei “contenitori” dello spirito, non è importante ciò che succede ad essi dopo la morte ed è molto naturale nei paesi dove il buddismo è la o una delle religioni principali far concludere la loro esistenza materiale con la cremazione, anche se non esiste una precisa prescrizione in merito.

Il buddismo è diffuso in quasi tutto il mondo, inevitabile che i riti funebri buddisti si differenzino nei diversi paesi, in considerazione non solo delle diverse sensibilità culturali dei popoli ma anche delle differenti legislazioni.

In generale si ritiene che l’anima del defunto vaghi tra i vivi per i quarantanove giorni successivi al decesso, aspettando la rinascita sotto altre sembianze materiali.

La tradizione “stretta” prevede che la salma rimanga esposta al sole per due o tre giorni senza esssere toccata affinché l’anima, la coscienza, abbia il tempo di abbandonare pienamente la dimensione terrena e uscire dal corpo prima di esso sia posto nel feretro. Questa pratica ovviamente non è ammessa in Italia ma sono previste bare refrigerate dove la salma può essere custodita per un periodo più breve dei tre giorni. Un ragionevole compromesso tra esigenze di fede orientali e normative igieniche occidentali.

Poi si compie la pulizia e la vestizione della salma, curata da un sogiya un monaco specializzato in questa funzione, che indossa un abito particolare. Non ci sono prescrizioni di abbigliamento per i parenti, familiari ed amici ma è abitudine indossare abiti semplici di colore bianco che è il colore del lutto. In Giappone si vestono di bianco anche le salme con un “abito del viaggio”, lo shinishozoku dei pellegrini, perché nel passaggio attraverso la morte il defunto è un pellegrino in viaggio.

Ai familiari spettano due compiti importanti nella celebrazione delle esequie: accendere l’incenso, che simboleggia lo svuotamento della mente, e fare un offerta ai poveri a nome del defunto. Una piccola statua di Buddha viene posta accanto al feretro.

La salma poi dovrebbe essere sistemata in posizione dormiente o fetale, di lato con le gambe rannicchiate e la mani giunte sotto la guancia. Un po’ per simbolegggiare il ritorno al grembo materno del defunto, un po’ perché Buddha è sovente rappresentato in quella posizione. A volte la si ricopre con un telo bianco.

Curiosa (almeno secondo il punto di vista occidentale) l’uso di porre sul petto del defunto un coltello che gli permetta di difendersi dagli spiriti maligni…

Segue una veglia di alcune ore, o di una notte, mentre il monaco recita preghiere e la famiglia mantiene accesi i ceri e l’incenso. Infine si pone la salma nella bara, generalmente di legno semplice (preferito il cipresso) e non verniciato. Nella bara si possono mettere oggetti religiosi o legati al defunto, come il rosario buddista con 108 grani. In Cina si usa ancora porre due bamboline che accompagnino e proteggano il defunto.

Il rito funebre è officiato da un monaco ma in assenza di monaci un familiare può sostituirlo; si leggono testi sacri e preghiere e i partecipanti possono pronunciare brevi discorsi.

Sia la sepoltura sia la cremazione sono ammesse e praticate ma la cremazione è la preferita. A differenza dell’induismo, nel buddismo le ceneri del defunto non si disperdono ma si conservano dentro urne e cappelle funerarie; molti cimiteri italiani hanno aree specifiche per i defunti di fede buddista.

Il personaggio
“Se la morte è il fine necessario della vita, tutta la saggezza consiste nell’affrettarne il conseguimento”
Federico De Roberto


So.Crem, La Società Genovese di Cremazione

Fondata il 14 aprile 1897 e riconosciuta come Ente Morale nel 1902, rappresenta una realtà consolidata nel panorama del Terzo Settore italiano.

Il convegno su Mazzini e la commemorazione di Luigi Maria D’Albertis (2)

La commemorazione di D’Albertis è tenuta dal socio Gian Giacomo Perrando, direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Genova, che sarà il presidente della Società di Cremazione genovese dal 1913 al 1919. Egli, prima di scoprire il busto di bronzo sito sopra l’arca marmorea che racchiude l’urna con le ceneri, situata in una nicchia al primo piano del tamburo della cupola del tempio, ricorda le avventurose vicende dei viaggi e delle scoperte del D’Albertis, citando un brano scritto dall’esploratore  nel novembre 1877, sfiduciato dall’ultima spedizione lungo il fiume Fly in Nuova Guinea. Un brano celebre nell’ambito di chi aveva conosciuto D’Albertis, sulla fatalità e sull’ineluttabilità della morte.

Perrando aveva conosciuto personalmente D’Albertis e commemorandolo lo ricorda forse un po’ enfaticamente (ma si sa che i defunti sono sempre stati in vita persone esemplari e senza difetti…) come un uomo che “aveva uno scetticismo speciale per molte delle bugiarde convenzioni sociali, una ripugnanza invincibile per ogni blandizia corrompitrice. Fedele ai dettami della natura non ammetteva eccitamenti o regole prederminate alle opere buone”.

E ancora… “Ebbe un concetto semplice ma prepotente della giustizia ch’egli volea applicata in tutte le sue più delicate sfumature. Parve per ciò un uomo burbero, misantropo, in quanto non soffriva né per sé, né per altri, la ben che minima prepotenza… Era sensibile ad ogni più fine vibrazione del sentimento ma, per contro, avea degli scatti violentoìi, quasi eccessivi contro le sopraffazioni di qualsiasi genere. L’animo suo fu naturale, generoso, bello quanto la sua maschia figura, visse puro, sprezzante d’ogni malizia del mondo.”

Il convegno su Mazzini vero e proprio si apre il 23 giugno presso la Società di Mutuo Soccorso “Nuovo Secolo” (ignoro dove fosse la sua sede…) con la presidenza onoraria di Malachia De Cristoforis e la presidenza effettiva di Domenico Di Negro, il presidente della So.Crem. genovese.

Il giorno successivo, 24, viene organizzata una gita via mare a Savona e visitare la fortezza del Priamar dove Mazzini aveva trascorso un periodo di prigionia. Il giorno 25 i lavori del convegno si concludono con generale soddisfazione dei partecipanti.


So.Crem invita chiunque a sostenere i suoi ideali di civiltà e progresso, offrendo la possibilità di partecipare a iniziative culturali e di esprimere la propria volontà di cremazione attraverso l’iscrizione all’associazione. Con sede e direzione in Via Lanfranconi, 1/4 Sc. A, Genova, So.Crem continua a essere un punto di riferimento per chi cerca un approccio rispettoso e consapevole alla cremazione e al fine vita.


SPECIALE 120 ANNI DI SO.CREM NUMERO 13

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