Nascere donna con una sindrome rara espone una atleta che ha da bambina sempre partecipato a competizioni di pugilato femminile e pluripremiata ad una serie di attacchi alla sua persona, con il pretesto di fare chiarezza sul bilanciamento delle forze e le pari opportunità di vincere in un incontro in cui, ed è il caso delle Olimpiadi parigine in corso, due donne si sfidano, di cui una donna è sana, Angela carini, e l’altra ha una malformazione genetica dalla nascita, Imane Khelif , e ciò la espone a battute, attacchi e dubbi circa il suo essere o meno donna e soprattutto partecipante a pieno titolo in una gara femminile. Con buona pace dei commentatori, Imane è nata donna, affetta dalla sindrome di Swyer. La sindrome di Swyer o disgenia gonadica pura riguarda pazienti che presentano una discrepanza tra il cariotipo e il fenotipo sessuale, in sintesi, presentano un aspetto femminile riguardo ai genitali esterni che, tuttavia, non si sono sviluppati in modo completo, per l’assenza di ovaie e l’ evidenza di un utero di piccole dimensioni. Questa rarissima condizione appartiene alla categoria dei “ disturbi dello sviluppo sessuale”. Le pazienti affette da sindrome di Swyer, dopo una accurata visita ginecologica e uno studio degli ormoni sessuali, risultano avere questi ultimi alterati, a causa dell’assenza del gene SRY, e vivono la loro condizione di intersessualità, socializzandosi come donne, e potrebbero anche avere un figlio, attraverso terapia e con ovodonazione, ovviamente con le difficoltà che l’utero ridimensionato potrebbe causare, tra le altre implicazioni di natura anche ormonali presenti. Nascere con questa sindrome è di per sé un processo fisico e psicologico che va ad alimentarsi di incertezze e che richiede spesso un supporto psicologico . A causa di questa sindrome, molti dei caratteri sessuali secondari non si manifestano, come per esempio lo sviluppo del seno e la presenza del ciclo mestruale. Il cariotipo rivela cromosomi XY, maschili, mentre l’imaging rivela la presenza di un utero. Ciò si traduce in un complesso processo articolato che va ad incidere sulla “ differenziazione sessuale”difettosa, mancante, acerba. Una recente pubblicazione della rivista “Gynecological Endocrinology ha riportato il caso di tre sorelle con fenotipo femminile e cariotipo maschile, per la prima volta presente in letteratura scientifica. E tutte con implicazioni diverse anche in riferimento alla salute generale. Facendo chiarezza, questa sindrome è molto impattante e presente dalla nascita e non si parla di “transizione”, né di essere collocata tra i maschi, il soggetto nasce donna, e chiede di potersi esprimere come individuo intersessuale e socializzarsi, cioè presentarsi agli altri, come donna a tutti gli effetti, in tutte le manifestazioni dell’essere, comprese quelle sportive. Ora, il caso ha ottenuto una enorme risonanza per la vicenda legata all’ incontro di pugilato tenutosi oggi alle Olimpiadi di Parigi, e che si è tenuto nonostante la polemica feroce circa l’impari prestazione delle due atlete, di cui una intersex, avvenuto con il placet del Comitato Olimpico che lo ha permesso e autorizzato, considerando i livelli ormonali dell’atleta intersex nei limiti consentiti all’incontro, secondo i paramentri vigenti e il regolamento. La struttura ossea di una paziente affetta da sindrome si Swyer è più elevata, ma non ci sono riferimenti circa la forza fisica o lo sviluppo muscolare o di una prestazione maggiore o minore rispetto ad una atleta nata “sana cioè senza questa sindrome genetica”. La presenza di cromosomi XY è legata alla “malformazione e al deficit del gene SRY”, pertanto l’incontro poteva essere disputato in sicurezza, dato che la scienza e il Comitato Olimpico lo avevano considerato “idoneo”. Il fatto che una atleta con una sindrome rarissima non possa partecipare ad una competizione senza essere attaccata in un contesto internazionale come le Olimpiadi da battute, attacchi politici, pregiudizi, teorie pseudoscientifiche è molto grave, dato il percorso già di per sé difficile che dalla nascita qualunque persona, in qualunque condizione genetica, affronta. Essere Intersex è una condizione di per sé complessa, fisicamente e psicologicamente, anche senza queste implicazioni di natura ideologica, culturale, politica o religiosa e che l’ambiente sportivo di per sé inclusivo, oggi poteva risolvere, con una rara occasione di fare chiarezza in tal senso, e che di fatto lasciando aperta la possibilità della competizione ha favorito. La scelta personale dell’abbandono da parte dell’atleta donna, Angela Carini, che ha ritenuto di dover lasciare l’incontro, a causa della percezione di una prestazione impari e che ha ritenuto che rappresentasse un pericolo per la sua incolumità, va rispettato e compreso, anche alla luce della feroce e violenta polemica, che di certo ha influito non poco nella sua determinazione e sullo stato d’animo con cui è giunta sul ring. Chiunque inneggi a categorie “ speciali” in tal senso, scomodando le par olimpiadi come per analogia, fa di fatto discriminazione. Bisogna dirlo. No si tratta di corpi con evidenti problematiche e pertando costretti a disputare gare diverse con diversi livelli di criticità per questioni fisiche degli atleti, ma di identità. Nata donna, l’atleta algerina Imane Khelif ha combattuto nella categoria pugilato femminile sin da bambina e ha vinto un argento ad Instambul nel 2022, mentre è cronaca che nel 2023 invece fu squalificata per la presenza elevata di testosterone. L’equa competizione è stata sempre presente nel percorso della atleta Imane , che ha invece subito il non-allineamento dei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale e quindi mondiali, europei o olimpici, su cui magari bisognerebbe intervenire con una disciplina unica e concorde per non ingenerare confusione. Il problema negli sport di contatto e della relativa sicurezza è una questione di primo piano che va risolta, caso per caso, senza invalidare i diritti di espressione di una atleta con una sindrome che non impatta sulla parità della competizione, già colpita da una rarissima malformazione genetica, senza aver fatto chiarezza. Squilibrio ormonale, non di forze, nel caso di sindrome di Swyer. L’atleta Imane Khelif si è sempre socializzata donna, e se il Cio ( Comitato Olimpico Internazionale) ha ammesso che tutte le atlete rispettassero pienamente le regole di ammissibilità della competizione, e se la scienza ha ammesso che non ci sono “evidenze scientifiche” che decretano una competizione impari o una prestazione superiore dell’atleta o delle atlete affette da sindrome di Swyer , Imane ha subito un attacco fuori misura, e si può parlare quindi, di attacco discriminatorio.
La Sindrome di Swyer, il peso del pregiudizio nella vicenda delle Olimpiadi parigine
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