Scatti d’autore al femminile per la gioia e lo stupore di guardarli
Anna Maria Colace, Linda De Luca, Marie Dew, Giulia Efisi, Patrizia Mori
Un autoscatto, un selfie, un immagine al volo o studiata di se stessi perché? Per gioco? Per divertimento? Per curiosità? Per vedere in uno sguardo attraverso la fotografia il nostro “io” dentro di noi? Con un selfie per mostrarci ad altri come siamo, chi siamo, oppure per vederci migliori di come potremmo apparire specchiandoci? Tante domande per un semplice selfie e ad ogni domanda di essa una adeguata risposta ma se poi una serie di auto scatti viene realizzata da un’artista il discorso schizza verso quel fantastico orizzonte chiamato fantasia nel quale l’artista mette la propria essenza e il fruitore della sua opera ci mette la gioia e lo stupore di osservarla in uno stato unico di complicità, quindi amici lettori di Liguria day benvenuti alla Ian Art Gallery dove on site e on line, virtualmente anche in 3D dal 1 al 15 giugno 2024, Anna Maria Colace, Linda De Luca, Marie Dew, Giulia Efisi, Patrizia Mori si apriranno a noi per fondersi con noi, noi che cerchiamo il bello nelle cose e aspettiamo occasioni come queste per il piacere di vivere in condivisione con chi ha talento da donarci e in questo caso alla Ian Art Gallery queste cinque artiste doneranno a noi tutto loro stesse, tutto loro stesse con una spiccata sensibilità da far sognare ad occhi aperti.
ANNA MARIA COLACE
Due occhi grandi come il cielo, un sorriso serio ma curioso come una ragazzina gioiosa e giocosa che nella natura vede la favola del mondo. Tra le sue mani la fotocamera scotta di passione, lo sguardo corre lontano in profondità e il cuore saltella di emozione, lo scatto è con lei, la fotografia è la sua poesia.
Calabrese ma anche Toscana e un po’ Torinese
“Uno”
L’immagine di un mondo che in auto scorre intorno a noi, bagnati dalla pioggia o baciati dal sole, alla guida il mondo scorre le immagini si alternano e noi mentre ascoltiamo musica su una quattro ruote vediamo il mondo viaggiare insieme alla nostra vita come quella della ragazza nel sedile posteriore, un volto sereno che sta pensando a qualcosa che la fa stare bene, in auto il mondo scorre e lei sta vivendo attimi di benessere, Anna Maria Colace ha fermato con “Uno” scatto il suo sogno ad occhi aperti, l’artista sente i suoi capelli e quelli della sua compagna di viaggio accarezzati dal vento eppure non cercava di fotografare attraverso i finestrini di un’auto quel che scorre al di fuori ma con le sue forti mani tenere la fotocamera per un solo scatto, quello buono per fermare “Uno” sguardo tenero alle sue spalle e non so dirvi se è più bello quello sguardo o le mani forti, le dita che stringono la camera, gli occhi di Anna Maria che senza guardare nel mirino sorride anche lei condividendo un pensiero felice in comune, da brava artista la foto è bella in tutto il suo insieme e “Uno” specchietto retrovisore fa da cornice quando il mondo scorre, la fantasia pure, basta “Uno” scatto, quello buono per accendere quella fantasia che a volte senza un sogno ad occhi aperti è spenta.
Anna Maria se dovessi fotografare una canzone quale sceglieresti?
A love supreme di John Coltrane
Un viaggio con un’amica è il tempo di vita che strappiamo a quello di lavoro, il titolo della foto infatti non è casuale. Proprio in questa piccola frazione di tempo che mi rivedo in equilibrio con ciò che mi circonda, quel tempo lento che ci fa sentire finalmente parte di un sistema in equilibrio e anche noi di conseguenza lo siamo, sono le nostre espressioni che lo manifestano… un giorno forse l’umanità tutta ritroverà questo equilibrio
Anna Maria Colace
LINDA DE LUCA
Era già una professionista prima di sapere di esserlo, qualcuno gli avrà chiesto “cosa vuoi fare da grande?” la sua risposta è stata “quando sarò grande datemi una macchinetta fotografica che mi voglio divertire a farvi vedere l’anima del mondo a modo mio” con una macchinetta in mano fotografa la vita, con la tecnica trasforma le immagini in armonia, con il suo amore per l’arte colora lo spazio.
1963 Milanese
“Quel che resta #7”
Un corpo in b/n si snoda, nuota nel nulla o nell’infinito? Vola, si muove alla ricerca di un approdo, una mano è protesa, le gambe sono armoniose intorno è silenzio ma non v’è paura dell’ignoto e io osservatore vedo un’immagine che è trasversale al campo visivo non prigioniera dello spazio, i quattro lati dell’opera paiono allargarsi alla nostra immaginazione, vedo un corpo e sono ottimista che emani positività e mi fa stare bene. Una volta ho sognato di volare, non sapevo spiegare il significato di quel sogno ma ora che vedo questa immagine percepisco un senso di libertà, lo stesso che forse nel mio sogno cercavo? Anche per l ‘autrice del selfie è andata così? Lei è alla ricerca della libertà come me, come tutti voi osservatori di questa opera, il non essere costretti, chiusi in una gabbia, a liberarsi dei lacci che ti impediscono i movimenti del corpo e del cuore. Nell’opera l’artista è di spalle il volto potrebbe essere come il mio nel mio sogno o come il vostro, non è importante chi siamo ma cosa vogliamo, cosa ci appartiene, i nostri volti come in un sogno a volte appaiono sfumati perché è più importante il valore del contesto in cui trovarsi ed è allora che la vita cambia colore, dateci il nostro colore preferito, quello di cui siamo per natura vestiti e quando saremo sereni e liberi la ricerca è finita possiamo uscire da uno scatto ed andare a goderci il panorama, il nostro nel nostro animo, ognuno il proprio il mio sogno è spiegato.
Linda fotografa il tuo b/n più straordinario, che nome gli daresti?
Un viaggio malinconico, emotivo, espressione senza tempo. Il bianco e nero mi permette di fare un viaggio malinconico, emozionante e interpretativo, restando fedele al mio modo di essere.
Forme, figure si impastano, come creta, in dimensioni quasi surreali. A volte sono io a creare le scenografie, o artefatti, così nascono i miei progetti: visioni che cerco di trattenere sulla carta, per poi raccontarle con l’uso della fotocamera.
Ci gioco dando libertà o negando attimi di movimento a chi fotografo.
Come in un circo dove domatore, trapezista, pagliaccio, lanciatrice di coltelli si uniscono tra chiaro e scuro, ombra e luce, tagli netti, si liberano da ogni costrizione creando nuove visioni. Il bianco e nero è il mio luogo di libertà più intima, dove trovo coraggio per costruire progetti che altrimenti resterebbero in silenzio.
Ci parlo mi nutro e mi ritrovo.
Dal progetto di “quel che resta” fa parte parte questa fotografia.
La figura cerca di invadere tempo e spazio, dove tutto è possibile, una polvere sottile, che non copre ma cerca di ridare nuova forma, ad un corpo che cerca una vita “eterna”. In quella foto c’è tutta la mia dichiarazione alla vita.
Linda De Luca
MARIE DEW
Una, nessuno, centomila, l’arte nelle vene, la passione e la vitalità nella testa, un cuore alla ricerca del sound perfetto che lei sa che esiste e allora perché non cercarlo attraverso una fotocamera? Perché non mettersi dall’altra parte della barricata creativa? Bisogna solo abbandonarsi alla magia di un obiettivo fotografico, prendere con le proprie mani uno strumento fidato e fermare il tempo, Marie conosce molti linguaggi espressivi con la fotografia ha un amico fedele in più basta prenderlo per mano e lanciarsi nello spazio.
1977 Francese
“Je est un(e) autre
Vedo la parte centrale di un nudo corpo femminile, nell’immagine di un fotogramma appaiono come colori pastello trasparenze come l’acqua e il cielo, non ho il tempo di chiedermi dove sono, chi è lei o il perché di questo scatto, persino non mi soffermo sulle bellissime forme perfette, voglio andare oltre e dentro di me sento una melodia, chiudo gli occhi, vedo quella giovane donna muoversi, vedo le gambe, le braccia, le spalle muoversi, voglio andare oltre e mentre vedo questa immagine dalle forme e dai colori coinvolgenti dentro di me sento una melodia che piano, piano aumenta, sale, vibra prima dolcemente poi sempre più su, più su e la giovane donna tra quelle trasparenze senza veli volteggia e ruota nello spazio di questo fotogramma, a che serve farmi delle domande quando dentro di me sento una musica straordinaria che piano, piano, dolcemente rapisce la mia immaginazione e voi lettori seguitemi e a breve capirete la magia della fantasia che questa fotografia l’autrice della stessa ci regala, non è a caso che la giovane donna non sia in posa e che si muova senza nessun comando intanto la musica che non ha età scioglie le sue note come raggi di sole dopo che ha piovuto, amici lettori forse di ciò che ho detto non molto avrete compreso ma ora che la musica è terminata posso dirvi che se anche voi ammirerete questa foto mentre ascolterete il Bolero di Maurice Ravel allora sì che vi si aprirà un mondo lo stesso di Marie Dew, un mondo dove l’arte è la cassaforte da aprire per estrarre la bellezza.
Marie stai prendendo un caffè con Vivian Maier di cosa vorresti parlargli?
Mi immagino nel calore di un accogliente caffè del Greenwich Village in una giornata di pioggia… Circondato dal ronzio delle chiacchiere e delle risate, la guarderei in profondità negli occhi, mentre alla fine mi direbbe il perché. Perché passa quelle interminabili ore a fotografare di nascosto gli sconosciuti per strada, sapendo che non ha intenzione di mostrarle a nessuno… Le chiederei che cosa ci vede, qual è il suo scopo, in che modo rende la sua vita più degna… Sì, le chiederei perché…
La mia serie di autoritratti a lunga esposizione mira a mostrare la dualità degli esseri, la presenza spettrale di un Sé che la vita sociale spesso ci invita a nascondere. Tuttavia, questo altro sé è presente per coloro che osano incontrare la propria interiorità.
Questa ricerca iniziatica può comportare “l’ascolto del corpo nella sua forza vitale: la Bestia, molto più capace di esprimere emozioni crude rispetto ai lunghi discorsi”.
Marie Dew
Giulia Efisi
Una donna tranquilla dalla voce dolce e dallo sguardo semplice e fidato, di lei ti puoi fidare sicuro di essere in buone mani una guida quella migliore, una vita con il fuoco dentro con la pace negli occhi e l’arte prima ti bracca poi ti becca quando meno te lo aspetti, l’arte ti prende e ti trasforma in fondo per quello per cui eri nata, un artista, la fotografia diventa il suo linguaggio.
1971 Toscana un po’ Tedesca
“Giulia”
In una mostra seria ma non seriosa non può mancare l’ironia e che c’è di meglio dell’auto ironia, del giocare con se stessi, che c’è di meglio del ridere dei propri pregi e dei propri difetti? Che c’è di meglio del prendere la vita per il verso giusto seriamente ma non troppo ed è così che questa artista si è voluta mostrare in un auto scatto sbarazzino e quasi birichino, leggiadro e ballerino, brava l’artista nel flesciarci con un fondale bianco sparato in faccia all’osservatore ad illuminarlo di luce come ad accendere il sipario della vita e già la vita di Giulia è come quella di tutti fatta di alti e bassi, vorremmo fosse da favola a volte ci succede, a volte non ci accade, proprio per questo dobbiamo sfidare il destino con un sorriso e ballando il tip tap, lo swing, il twist e se poi indossiamo colori intonati, colori come il rosso acceso o il verde brillante come un prato a primavera, se poi con un sorriso e uno sguardo da bambina ci facciamo contagiare di felicità quella che è a portata di mano è lì che ci aspetta basta farsi prendere per mano, proprio come nello scatto di Giulia che ci invita ad entrare nella foto, amici lettori entrate la luce è accesa e anche se non sapete ballare ci penserà l’artista con la sua arte a guidarvi, preparatevi a sorridere l’arte serve anche a questo.
Giulia fai un dispetto all’intelligenza artificiale quale sarebbe la tua foto perfetta?
Chi mi conosce sa che sono una persona un po’ dispettosa, a tratti capricciosa. Partendo dunque da una mia inclinazione naturale alla provocazione credo che il dispetto maggiore che io possa fare all’ IA sia di scattare una fotografia sbagliata o quantomeno scegliere di scattare un’immagine in cui la prospettiva della possibilità dell’imprevisto sia centrale, fondamentale, strutturale. La foto perfetta per me è dunque una fotografia in cui l’imprevedibile è anche imprevedibilità dell’immagine, non solo durante lo scatto, ma anche nella vita futura, nella storia della stessa fotografia, proprio come quella, per far capire meglio, di Jacques- Henri Lartigue del 1913 al Gran Premio dell’ Automobile Club de France. Per Lartigue fu casuale in questo dispetto all’IA sarebbe del tutto causale.
La fotografia in locandina fa parte di un lavoro che porto avanti da molti anni su di me: mi sono fotografata in molti modi e ciò mi ha permesso di individuare molteplici Giulia. La cosa più interessante di ciò credo sia la “storicità” – nel senso che ho iniziato a giocare con la mia immagine più di dieci anni fa e ancora non ho smesso. In questo senso questo progetto per me è uno strumento di autoanalisi: chi era Giulia? Chi è stata Giulia? Ed ora chi è? Sarà qualcosa di diverso? Vorrei sottolineare che queste fotografie in particolare si discostano dal mio solito modo di fotografare che si avvale soltanto del bianco e nero o meglio del bianco, come piace dire a me, infatti le immagini in mostra sono molto colorate, presentano contrasti netti e colori forti. Con il bianco e nero vado alla ricerca dell’ essenzialità mentre in questo caso, con i colori, vado a indagare, a descrivere, a giocare con una parte di me che è più ludica, ma che ammicca un po’ inconsapevolmente a quella Giulia che riporta sempre il suo sguardo verso un’interiorità da scoprire.
Giulia Efisi
Patrizia Mori
A volte c’è da vincere una paura, quella linea da oltrepassare, un tuffo nel buio e poi la luce che era spenta quando vedi gli altri ballare ma poi quando si accende gli brillano gli occhi e c’è una musica nel cuore che a tutto rock apre la mente ridendo, Patrizia Mori con la fotocamera cerca la narrazione e l’emozione di una storia, non gli interessa l’ego ma l’importanza di un racconto, una fotografia che vale una vita, era quello che cercava e poi con uno scatto, quello migliore è arrivata la storia quella giusta.
Patrizia Mori 1955 Senese
“Io sono. Ma chi sono#5”
Spero l’artista mi perdonerà ma vedendo questa foto non ho potuto fare a meno di pensare a David Hockney e le sue piscine così piene di luce, fantasia e gioia per la vita, così piene di colori sapientemente intonati, magari Patrizia in questa sua foto non avrà minimamente pensato a quello che ho pensato io però mi piace lo stesso accostarla a quell’artista così geniale e nel suo scatto c’è genialità oltre che una scelta ottimale dell’inquadratura presa a mezza altezza con l’allestimento scenico che da un lato fa tricolore ma da un altro lascia spazio alla riflessione e già cosa voleva dire la nostra artista? Chi vuole farci credere lei sia? Una donna realizzata, indipendente, vincente mai perdente, sofisticata dallo sguardo austero nascosto dietro un paio di occhiali alla moda mentre intorno il mondo è in confusione e il trash attanaglia la vita di chi non ha santi in paradiso chi sé ne fotte, intanto su un perfetto prato all’Inglese regalati da uno spasimante un mazzo di classe senza fiori forse attende di essere messo in un vaso, lei poi si alzerà e farà un tuffo in piscina che vada in fiamme il resto del mondo e adesso chi di voi vuol passarmi l’accappatoio? Per fortuna nella foto è vero che è lei l’artista ma la storia auto fotografata è solo una ricostruzione della realtà, una realtà che l’artista con la sua macchina fotografica può riprendere dal vero oppure attraverso tecnica e fantasia come un vaso di creta ha scelto di modellare storie e racconti per mostrarci secondo il proprio linguaggio una visione personale di come sia questo mondo tanto bello ma a volte tanto discutibile. Le storie di Patrizia Mori sono tanto colorate per non impaurirci e per lasciare spazio alla fiducia in chi siamo noi nella nostra intima essenza, possiamo essere diversi da come appariamo e aprire il cuore nella foto idealizzato al centro del vestito del personaggio dello scatto per migliorare o limitare i danni di una vita.
Patrizia stai parlando con la tua macchina fotografica cosa gli dici?
Io e te ormai ci conosciamo da un po’ di tempo, quasi vent’anni, anche se ti ho incontrato ormai cinquantenne. Prima ho fatto altro: ho dipinto, recitato, imparato il flauto traverso tutto poi abbandonato perché sono fatta così, mi annoio, ho sempre bisogno di fare cose nuove. La mia grande passione è viaggiare ed è proprio in un viaggio che ti ho incontrata. In casa ci sono da sempre state macchine fotografiche di mio marito, ma io negata per tutto quello che è tecnologia non mi ci sono mai avvicinata, poi nel 2005 sei arrivata tu, una macchina fotografica digitale ed eravamo in partenza per il Madagascar! Quale migliore occasione. Mi è talmente piaciuto che arrivata a casa ho iniziato a fare vari corsi e workshop ed ancora siamo insieme. In realtà non mi sono innamorata di te ma di quello che potevo fare con te. Anche oggi dopo molti anni penso che tu sei solo un’attrezzatura che mi serve a realizzare quello che ho in testa. Sei un oggetto bellissimo, sempre più tecnologico, sempre più performante ma che senza qualcuno con delle idee non vali moltissimo. Se bastasse per fare una buona fotografia la macchina migliore, sarebbe facile, basterebbe comprarla. Ma non è così. Avere la giusta attrezzatura e conoscerla è sicuramente molto importante, questo però non sostituisce la creatività, il talento, la cultura. Ansel Adams diceva “non fai solo una fotografia con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito e le persone che hai amato.”
Tu lo sai la mia fotografia non è “cogli l’attimo” ma è “crea l’attimo”, le mie foto nascono a tavolino, seguo un filo logico, affronto un problema e cerco di dire ciò che penso e poi mi diverto a metterle in scena. Faccio sempre tutto da sola, trucco, parrucco, location come nei miei autoritratti per cui non sono quella che ti porta sempre in giro, sei con me solo quando mi servi. E questo che mi piace fare ed è questo che mi diverte. Forse ti domandi perché non ti ho ancora abbandonato, è una giusta domanda, visti i precedenti. Credo per prima cosa perché la fotografia è veramente mille cose, tanto che dico sempre che ancora non ci ho capito niente, poi perché con te riesco a esprimere le mie posizioni nei confronti del mondo, riesco a sviscerare le mie paure e i miei desideri, insomma un procedimento di autoanalisi.
Patrizia Mori:
Amici lettori di Liguria day nel salutarvi e nel ringraziare la Ian Art Gallery, gli artisti protagonisti con le loro fantastiche opere di questa esposizione e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione stessa, con grande piacere vi diamo appuntamento al prossimo incontro artistico e vi ricordiamo che questo è stato un evento curato dalla Ian Art Gallery un innovativo club phyrtual-phygital, un mini centro polifunzionale reale-virtuale situato vicino Milano dedicato ad eventi e attività artistiche, culturali e spirituali in loco e in connessione con il mondo. Concepito dall’artista multidisciplinare Ian Art per fornire un modo ad artisti, intellettuali ed esperti non mainstream, sia all’inizio della loro carriera che alla ricerca di nuove strade, sia italiane che internazionali, per far conoscere il loro lavoro. Lo spazio ospita eventi fisici ma è anche un hub virtuale aperto e in comunicazione con il mondo intero. La partecipazione a mostre ed eventi avviene solo su richiesta o su invito. Info, disponibilità e contatti: email: gallery@ian-art.net – instagram @ianartgallery – facebook: @ian. arte. galleria. Milano – sito web: www.ianatgallery.com
Media partners and collaborations: Art & Investments, Arti Services, ContempoArte Magazine, Exit Urban Magazine, Kings_miark, Lartechemipiace.com Serenarossiartecontemporanea.it, Justina Ebegbelumhen, Walter Festuccia, Olga Matsyna, Daniela Pronestì.