Nel contemplare l’ansia che pervade la vita dei millennial, assistiamo a un fenomeno che supera la mera inquietudine psicologica per annidarsi nelle profondità della crisi culturale e esistenziale dell’epoca contemporanea.
La generazione nata tra gli anni ’80 e ’90 si trova imprigionata in una narrazione di attese irraggiungibili e di catastrofiche previsioni future, trasformando il disturbo d’ansia generalizzata in un malessere emblematico di un’era.
L’incessante esibizione sui social media di una vita priva di imperfezioni non fa che esacerbare questo stato, spingendo i giovani a una incessante rincorsa verso un ideale di perfezione irraggiungibile. Di fronte a questo panorama, i millennial sembrano aver perso la capacità di assorbire e trasformare critiche e fallimenti in spunti di crescita. Al contrario, ogni minimo suggerimento viene percepito come un colpo mortale all’immagine di sé che desiderano proiettare, inaugurando un circolo vizioso di autodistruzione psicologica.
La loro unica speranza sembra risiedere, paradossalmente, in un evento di sventura cosmica che, in maniera simile alle rivelazioni millenaristiche delle religioni antiche, potrebbe riscrivere completamente il contesto in cui si trovano.
In alternativa, l’adesione a ideologie radicali, che promettono di distruggere l’esistente per riscattarlo, diventa un’attrattiva irresistibile. Queste ‘rivoluzioni’, promettendo un rinnovamento radicale ma nascondendo sotto il loro manto atti radicali di autoannientamento collettivo, rivestono una profonda crisi di senso.
Per quanti non osano o hanno le forze per abbracciare il delirio, non resta che la congiura di palazzo. Ma anche il palazzo è contemporaneo e come piccoli Riccardo III da condominio esercitano il loro potere sui ballatoi appropriandosi di zerbini consunti.
Per rompere questo ciclo, è imperativo impegnarsi nuovamente verso la comprensione e l’accettazione della realtà nella sua interezza, inclusi i suoi aspetti più dolorosi. La crescita personale non può prescindere dall’accettazione dell’incertezza e del fallimento come componenti intrinseci dell’esistenza umana.
L’assenza di un ‘nemico’ esterno chiaro preclude ogni possibilità di fuga e rende questa lotta interiore, unico percorso verso la guarigione, ancora più arduo.
Ce la faranno i nostri eroi?