Porta Alchemica
Porta Alchemica, Roma

La Porta Alchemica e la pietra filosofale: storia e magia dell’Esquilino

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Nel quartiere Esquilino a Roma, in Piazza Vittorio Emanuele II, si trova un misterioso monumento: la Porta Alchemica. E’ molto poco conosciuta, pur trovandosi in una zona trafficatissima, un quartiere multietnico e frequentato da tantissimi turisti ma un po’ nascosta e poco valorizzata.

Viene chiamata anche Porta Magica, Porta Ermetica o Porta dei Cieli, e la sua storia è affascinante e misteriosa, un intreccio di verità e leggenda.

La storia della Porta Alchemica

La Porta è l’unica superstite delle cinque entrate della villa fatta costruire dal Marchese di Pietraforte Massimiliano Savelli Palombara (1614-1685). La splendida abitazione con i suoi eleganti giardini si trovava proprio in quella che è ora Piazza Vittorio Emanuele II, ma fu espropriata e demolita con il piano regolatore del 1873.

La posizione originaria della Porta Alchemica non era quella attuale, si trovava infatti lungo il muro di Villa Palombara tra la Strada Felice e la Strada Gregoriana, oggi Via Merulana. Fu poi smontata nel 1873 per essere riassemblata all’interno dei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II nel 1888 e incastonata tra i resti di un vecchio muro perimetrale della Chiesa di Sant’Eusebio.

Il laboratorio alchemico

Il Marchese era un grande appassionato di alchimia ed esoterismo, interesse che condivideva con Cristina di Svezia, trasferitasi a Roma dopo aver abdicato al trono a causa della conversione al cattolicesimo.

Ben presto Villa Palombara divenne il centro di coinvolgenti e intensi studi, frequentata dalla corte della ormai ex Regina e da altri ricercatori e intellettuali, come Athanasius Kircher e Giuseppe Francesco Borri. Quest’ultimo era un medico e filosofo ermetico; condannato per eresia dall’Inquisizione, fuggì in Svizzera e dopo numerose peregrinazioni in Europa fu consegnato al nunzio papale e condotto a Roma, dove la condanna a morte venne tramutata in ergastolo permettendogli di continuare i suoi studi di alchimia.

La leggenda della Porta Alchemica

Proprio al Borri è legata la leggenda della Porta, perché si narra che un giorno chiese di entrare nella villa, sotto le sembianze di un pellegrino, per cercare un’erba che potesse permettere la trasmutazione alchemica di una sostanza inerte in oro; il marchese lo accolse e lo introdusse nel suo laboratorio. Il mattino seguente fu visto svanire attraverso la Porta, lasciando dietro di sé delle pagliuzze d’oro, testimonianza dell’avvenuta trasmutazione alchemica, ed una pergamena con delle formule in latino e misteriosi simboli esoterici.

Il Marchese di Palombara, non potendo decifrarli, decise di farli incidere sulla porta perché qualche ricercatore potesse studiarli, sperando di riuscire a rivelare il segreto della pietra filosofale.

Ai lati della porta ci sono due statue grottesche raffiguranti il dio egizio Bes, protettore delle abitazioni dalle potenze maligne, che erano state rinvenute durante gli scavi del Quirinale alla fine dell’Ottocento e che erano venerate a Roma durante l’età imperiale come numi tutelari della casa, della nascita e dell’infanzia. Le frasi incise sulla cornice sono in latino e in ebraico.

“Centrum in trigono centri”

Porta Alchemica – dettaglio frontone

“Il centro è nel triangolo del centro”. In alto, sul frontone, sono incisi due triangoli sovrapposti a formare il sigillo di Salomone, circoscritto da un cerchio con diverse iscrizioni in latino. La punta superiore riporta una croce collegata ad un cerchio interno e la punta inferiore ad un oculus, il simbolo alchemico del sole e dell’oro. Il centro o si trova nel punto sacro dove la materia, rappresentata dal triangolo capovolto, incontra lo spirito, raffigurato dal triangolo rivolto verso l’alto, da qui la nascita della terra simboleggiata dal cerchio sormontato dalla croce.

In basso si può leggere una scritta palindroma “Si Sedes Non Is” (se siedi non vai), che al contrario diventa “Si Non Sedes Is” (se non siedi vai). E’ un’esortazione a non stare seduti, ma ad andare avanti e agire per il bene di sé e degli altri, continuando poi con “Est opus occultum veri sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo”:”E’ opera occulta del vero sapiente aprire la terra affinché germini la salvezza per il popolo”.

Ci sono poi due serie, ognuna di tre simboli planetari, ciascuno associato ad un metallo e ad una formula misteriosa. Saturno – piombo, Giove – stagno, Marte – ferro, Venere – rame, Luna – argento, Mercurio – mercurio. Ad ogni pianeta corrisponde un motto ermetico, e si leggono dal basso in alto a destra, poi dall’alto in basso a sinistra, secondo la tradizione della Torah ebraica.

Il Ninfeo – Trofei di Mario

Il Ninfeo

Il Ninfeo che si trova vicino venne edificato per volere dell’imperatore Alessandro Severo nel 226 d.C., ed è ciò che rimane di una fontana decorata da statue in laterizio, un tempo rivestita di marmo, che aveva la funzione di distribuire l’acqua proveniente da Porta Tiburtina. E’ anche conosciuto come Trofei di Mario, per i trofei di marmo del I secolo d.C. che si trovavano sotto gli archi laterali e che erano stati erroneamente attribuiti a Caio Mario, poi spostati nel 1590 per volere di papa Sisto V sulla balaustra del Campidoglio, dove ancora oggi è possibile ammirarli.

Il Ninfeo e la Porta Alchemica (sullo sfondo a destra)

La Porta Magica è oggi l’unica testimonianza di architettura alchemico-magica del mondo occidentale. La speranza del Marchese Savelli che qualcuno potesse scoprire il significato dei simboli è rimasta tale. Fino ad oggi, nessuno è riuscito a decifrarli del tutto e l’enigma intorno alla misteriosa porta rimane ancora tutto da svelare.

Tutte le foto presenti in questo articolo sono di Laura Spadella. Si prega di non utilizzare se non previa autorizzazione dell’autrice.

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Info Laura Spadella

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Sono nata e vivo a Roma, dove mi sono laureata in Scienze Politiche. Scrivo e organizzo corsi di formazione manageriale e di orientamento scolastico e professionale. Mi piace esplorare e raccontare la mia città, con le sue meraviglie ed i suoi difetti, girare senza meta tra vicoli e stradine, per scoprire ogni volta qualche angolo nascosto e condividerlo con gli altri.

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