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Il documentario “20 Days in Mariupol”, dalla battaglia di Mariupol all’Oscar

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Alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina, una squadra di giornalisti entra nella città portuale di Mariupol. Durante il successivo assedio, mentre cadono le bombe, gli abitanti fuggono e l’accesso a elettricità, cibo e acqua è interrotto, i reporter, unici rimasti, lottano per raccontare le atrocità della guerra, finché circondati dai soldati russi si rifugiano in un ospedale, in trappola. Le loro immagini, diffuse dai media mondiali, documentano morte e distruzione, e smentiranno la disinformazione russa. Di fronte a tanto dolore il regista e giornalista ucraino Mstyslav Chernov si chiede se filmare ancora possa fare qualche differenza, ma sono gli stessi cittadini di Mariupol a implorarlo di continuare, perché il mondo sia testimone. Il risultato è la durissima e dolorosa testimonianza “20 Days in Mariupol”, premiato con l’Oscar 2024 come miglior documentario e con il Pulitzer Prize for Public Service 2023, e che nelle ultime settimane inizia a essere proiettato nelle sale di diverse città italiane, distribuito da CineAgenzia.

La battaglia di Mariupol è stato uno dei maggiori scontri in Ucraina durante l’invasione russa nel 2022, quando le forze della Federazione Russa e della autoproclamata Repubblica popolare separatista di Donetsk (DNR) hanno attaccato le forze ucraine a difesa della città. La battaglia, che faceva parte dell’offensiva russa nell’Ucraina orientale, è iniziata il 24 febbraio 2022 e si è conclusa il 20 maggio 2022, quando la Russia ha annunciato la resa delle restanti forze ucraine a Mariupol dopo l’ordine di cessare i combattimenti loro rivolto dal Governo ucraino.

La battaglia di Mariupol

Mariupol si trova nell’oblast’ di Donetsk, in Ucraina, ed è attualmente controllata dalla Repubblica popolare separatista di Donetsk sostenuta dalla Russia. Le forze russe hanno completato l’accerchiamento di Mariupol il 2 marzo, dopodiché hanno acquisito gradualmente e a prezzo di gravi perdite il controllo della città. Dopo diverse settimane di combattimenti strada per strada, alla data del 22 aprile le restanti forze ucraine, consistenti nel Reggimento “Azov” (unità speciale della Guardia Nazionale), della 36a Brigata indipendente fanteria di marina, della 12a Brigata operativa della Guardia Nazionale “Dmytro Vyshnevetsky”, della 23a Brigata indipendente Protezione Ordine Pubblico e elementi delle Guardie di frontiera, del Servizio di sicurezza, della Polizia nazionale e di reparti paramilitari e di volontari, erano ripiegate nel perimetro dell’“Azovstal Iron & Steel Works”, un vasto complesso industriale garantente delle buone possibilità di difesa.

La Croce Rossa ha descritto la situazione come “apocalittica” e le autorità ucraine hanno accusato la Russia di aver provocato una grave crisi umanitaria in città, con funzionari locali che hanno riferito che circa 21.000 civili erano stati uccisi. Funzionari ucraini hanno anche riferito che almeno il 95% della città era stato distrutto durante i combattimenti, in gran parte dai bombardamenti russi.

L’assedio si è concluso il 16 maggio 2022, dopo quella che i media hanno variamente chiamato “evacuazione” o “resa” del restante personale militare ucraino dell’Azovstal; il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che gli ucraini si erano “arresi”, un termine che l’Ucraina ha evitato di usare.

Alcuni analisti occidentali hanno definito il risultato della battaglia per la Russia “una vittoria di Pirro” o “per lo più simbolica” e un “disastro per la reputazione della Russia” dopo la completa distruzione della città, e una sconfitta tattica ma una vittoria strategica per le forze ucraine, che hanno tenuto impegnati con successo circa dodici Gruppi Tattici di Battaglione russi e unità separatiste per mesi, frenando sino alla fine di aprile la spinta offensiva russa verso ovest in questo settore, ostacolando a livello operazionale e strategico i piani di avanzata dell’alto comando russo. Altri analisti e commentatori la considerano invece una sconfitta significativa per l’Ucraina.

Le perdite militari e vittime civili

Secondo fonti ucraine, le perdite russe nell’assedio di Mariupol consistono in 6.000 soldati russi uccisi in combattimento su una forza attaccante di 14.000 uomini, numero pari a ben un decimo delle truppe russe complessivamente impiegate in quel periodo nell’invasione dell’Ucraina.

In particolare, le autorità militari ucraine affermano che la 810a Brigata di fanteria di marina della Flotta russa del Mar Nero avrebbe subito per metà aprile un totale di 158 morti, 500 feriti e 70 dispersi, mentre la 126a Brigata Difesa Costiera della Flotta del Mar Nero, con un organico di circa 2.000 soldati, avrebbe subito il 75% di perdite, quindi circa 1.500 tra morti e feriti. Inoltre, l’Ucraina ha affermato che per fine marzo erano stati eliminati 14 membri delle forze speciali Spetsnaz.

Il Comando del Reggimento “Azov” ha riportato alla fine di aprile 2022 di aver inflitto al nemico dall’inizio dell’invasione le seguenti perdite in uomini e equipaggiamenti militari:

1.157 morti secondo dati confermati (più 840 non confermati) e 520 feriti confermati (più 3.150 non confermati).

49 MBT distrutti e 29 danneggiati; 23 APC distrutti e 24 danneggiati; 36 IFV distrutti e 24 danneggiati, 5 BMD-1 distrutti, 2 veicoli blindati “Typhoon” distrutti e 2 danneggiati, 3 veicoli blindati “Tiger” distrutti e 2 danneggiati; 2 veicoli blindati “Lynx” distrutti e 2 danneggiati, 25 camion distrutti e 8 danneggiati, una imbarcazione d’assalto “Raptor” distrutta e un aereo d’attacco al suolo SU-25 danneggiato.

La Russia dichiara da parte sua che più di 4.000 soldati ucraini erano stati uccisi in azione fino all’inizio dell’assedio dell’Azovstal a metà aprile, e che dopo la fine dei combattimenti i corpi di altri 152 soldati ucraini sono stati trovati in un camion frigorifero non funzionante ad Azovstal e sarebbero stati consegnati all’Ucraina.

Entro il 12 giugno, la Russia ha restituito i corpi di circa 220 soldati ucraini deceduti, che avevano tutti combattuto nelle acciaierie dell’Azovstal, mentre “altrettanti corpi” si trovavano ancora a Mariupol. Un terzo di questi erano soldati del Reggimento “Azov”. Successivamente, sono stati restituiti altri 145 corpi di persone uccise a Mariupol.

Secondo la Russia, durante l’assedio sono stati catturati circa 3.903 soldati ucraini, mentre l’Ucraina ha confermato che sono stati fatti prigionieri 3.500 effettivi. L’8 giugno sono stati trasferiti dalla DPR alla Russia oltre 1.000 prigionieri di guerra. Negli ultimi due anni vi sono poi stati scambi e liberazioni di prigionieri (tra i quali i comandanti della difesa di Mariupol), ma purtroppo anche la strage della prigione sotto controllo russo di Olenivka, nell’oblast’ di Donetsk, dove un’esplosione ha ucciso e ferito decine di prigionieri di guerra ucraini.

Il numero totale delle forze militari e paramilitari ucraine all’inizio dell’accerchiamento varia tra la cifra di 3.500 uomini per le fonti occidentali e gli 8.100 totali tra “militari ucraini, miliziani nazionalisti e mercenari stranieri, presenti in gran numero” secondo il ministro della difesa russo Sergej Šojgu.

Il vicesindaco di Mariupol, Serhiy Orlov, ha dichiarato il 9 marzo che almeno 1.170 civili nella città erano stati uccisi nella città dall’inizio dell’invasione russa, e che i morti venivano seppelliti in fosse comuni. L’11 marzo, il consiglio comunale ha dichiarato che almeno 1.582 civili erano stati uccisi durante l’assedio, aumentando quel numero, il 13 marzo, a 2.187. Il 14 marzo, Oleksiy Arestovych, consigliere del presidente Zelensky, ha dichiarato che più di 2.500 civili erano stati uccisi durante l’assedio di Mariupol, cifra poi corretta dal consiglio comunale della città in 2.357 civili morti.

Pyotr Andryushchenko, un consigliere dell’amministrazione cittadina, ha tuttavia affermato che il conteggio del consiglio era impreciso, e ha stimato che il numero totale di civili uccisi potrebbe arrivare a 20.000. Il “New York Times” ha riferito che i funzionari della città avevano grosse difficoltà nel calcolare quanti civili fossero morti o scomparsi durante l’assedio. I video pubblicati su Telegram hanno mostrato che i residenti del quartiere di Cheryomushki sono stati costretti a seppellire i cadaveri in un cortile, mentre altri hanno dovuto trasformare un edificio dell’ufficio postale in un obitorio improvvisato, riempiendolo di cadaveri.

Il 16 marzo, l’Associated Press (AP) documentò che molti dei morti erano “bambini e madri”, contrariamente alle affermazioni del governo russo secondo cui i civili non erano stati presi di mira. Riferiva anche che i medici di Mariupol dicevano che stavano curando “dieci civili feriti per ogni soldato ucraino ferito”.

L’11 aprile, il sindaco di Mariupol Vadym Boychenko ha dichiarato che oltre 10.000 civili erano morti durante l’assedio russo di Mariupol. Il 12 aprile, i funzionari della città hanno riferito che erano stati uccisi fino a 20.000 civili. Lo stesso giorno, il sindaco della città ha riferito che erano stati uccisi circa 21.000 civili.

Andrea Lombardi, editore e saggista.

IL FILM “20 Days in Mariupol”: https://www.cineagenzia.it/film/20-days-in-mariupol/

IL LIBRO “Azovstal. Le fotografie di Dmytro «Orest» Kozatsky e la battaglia di Mariupol”: https://www.amazon.it/Azovstal-fotografie-battaglia-Mariupol-illustrata/dp/8831430254/

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