Omicidio di Giulia Tramontano, comincia il processo. Impagnatiello in lacrime, Chiara Tramontano, la sorella della vittima: “Una presa in giro”.
Giulia Tramontano e il suo bambino uccisi il 27 maggio 2023
L’aveva avvelenata per mesi, per poi ucciderla con 37 coltellate ed occultarne il cadavere per giorni, prima di confessare. È successo a Senago, in Lombardia. Alessandro Impagnatiello, 30 anni, il 27 maggio 2023 ha messo fine alla vita di Giulia Tramontano e del suo bambino, di cui era incinta da sette mesi.
La scoperta del tradimento
La 29enne, da qualche giorno, aveva scoperto che il fidanzato aveva intrapreso da mesi una storia parallela. Protagonista una ragazza italo-inglese di 23 anni, che a gennaio era anche rimasta incinta di lui. La giovane, a differenza di Giulia, aveva deciso di interrompere la gravidanza.
Giulia che, scoperto il tradimento, aveva incontrato la ragazza in un bar. Tornando a casa, la 29enne aveva inviato un audio a un’amica: “Ora basta, voglio rifarmi una vita da sola con il mio bambino.” Quest’audio sarà tra le ultime tracce lasciate da Giulia, ripresa dalle telecamere vicino a casa intorno alle 19:00 prima di sparire nel nulla.
L’omicidio e l’occultamento di cadavere
In quelle stesse ore, Alessandro Impagnatiello cercava su Google come uccidere la fidanzata. Quando Giulia rientra, i due litigano. Alessandro estrae un coltello, uccide lei e il suo bambino con 37 coltellate, poi tenta di bruciare il corpo nella vasca da bagno, senza successo.
Quella sera, la madre di Giulia riceverà un messaggio: “Non ti preoccupare madre ora vado a riposare”. A scrivere è Impagnatiello, che invia anche un SMS alla 23enne con cui la ragazza si era incontrata quel pomeriggio, intimandole di lasciarla in pace.
La 23enne noterà subito uno strano inasprimento dei toni da parte della ragazza rispetto al pomeriggio. E proprio dalla giovane si recherà Impagnatiello quella notte, dicendole che Giulia è andata via e lui è finalmente un uomo libero.
Non solo: il bambino non è suo. La bugia sarà testimoniata dalla cronologia Google di Impagnatiello, che sempre in quelle ore avrebbe cercato come creare un falso test di paternità per ingannare l’amante. La ragazza non lo farà entrare, e Alessandro tornerà a casa sua.
Successivamente, carica il corpo di Giulia sulla sua Volkswagen T-Roc, lo scarica lontano da casa e tenta nuovamente di darvi fuoco. Non riuscendoci, lo nasconde in un lembo di terra dietro ai box della palazzina in via Monte Rosa.
La messa in scena
Dal giorno successivo, comincia la messa in scena. Impagnatiello telefona alla suocera, chiedendole notizie della ragazza. La donna risponde dicendo che non la sente dal giorno prima, e che comincia a essere preoccupata.
Scatta la denuncia della scomparsa, che parte proprio da Impagnatiello. Ai carabinieri racconta di essere uscito quella mattina alle 7 per andare al lavoro, e che una volta rientrato, di Giulia non vi era traccia. Con lei erano spariti anche il passaporto, 400 euro in contanti e una borsa.
La 23enne con cui aveva intrapreso la relazione clandestina, racconta però ai carabinieri che, quando aveva interrogato sulla ragazza Impagnatiello, lui era stato piuttosto evasivo. Inoltre, noterà un paio di guanti di lattice spuntare dalla borsa del 30enne.
Cominciano le ricerche, anche da parte di Impagnatiello, che chiede ai negozianti della zona se avessero visto Giulia. Nel frattempo, cominciano a emergere dettagli sulla relazione di Impagnatiello e della Tramontano, tra cui il fatto del tradimento.
I carabinieri cominciano a sospettare, e il 31 maggio Impagnatiello viene iscritto nel registro degli indagati. Viene sequestrato l’appartamento. Sull’auto del 30enne vengono rinvenute alcune tracce ematiche e di benzina.
Poco dopo, Impagnatiello cede. Confessa tutto. Indica ai militari dove cercare il corpo di Giulia, che verrà ritrovato nella notte tra mercoledì e giovedì 1° giugno in un intercapedine di via Monte Rosa.
Le rivelazioni dell’esame autoptico
L’esame autoptico rivela i dettagli di un omicidio premeditato e terribile. Giulia è stata colpita alle spalle, accoltellata 37 volte di cui due al collo. Ma gli esami rivelano anche un altro dettaglio scioccante.
Alessandro Impagnatiello avvelenava Giulia Tramontano da mesi con del bromadiolone, un potente topicida che il 30enne scioglieva nelle bevande calde della fidanzata. La placenta avrebbe parzialmente protetto il feto, che però non è sopravvissuto alla ferocia delle coltellate inflitte alla madre.
L’uomo aveva provato ad avvelenare Giulia anche con l’ammoniaca. Acquistato online sotto falso nome, il flacone è stato ritrovato in casa. In alcuni messaggi che la 29enne aveva inviato alla famiglia, si leggeva: “L’acqua che abbiamo preso puzza terribilmente di ammoniaca”.
Il processo
Ieri il processo, che ha visto Impagnatiello imputato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza, oltre che dei reati di interruzione di gravidanza e occultamento di cadavere.
L’uomo, nella gabbia, appariva trascurato e scosso. “Quel giorno anche io me ne sono andato, sono qui a parlare ma non vivo più”, dice. “Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono.”
Impagnatiello ha rifiutato di parlare coi giornalisti. In aula, ha poi estratto un fazzoletto bianco, con cui si è asciugato le lacrime.
Non si è lasciata intenerire la famiglia di Giulia Tramontano, che chiede a gran voce l’ergastolo. Chiara Tramontano, la sorella di Giulia, scriverà sul suo Instagram: “Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendo la sua figura.
Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago. Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera, ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso.”
Starà adesso alla procura valutare quale sia la condanna da imputare a Impagnatiello, valutando anche che “Ormai da mesi, l’imputato somministrava veleno alla vittima”, sottolinea la pm milanese Alessia Menegazzo.
Si schiera anche il Comune di Senago. “È una scelta importante e coraggiosa quella del Comune – ha detto Ingroia, l’avvocato del Comune – i cittadini di Senago sanno da che parte stare, si vuole incoraggiare tutti i Comuni di Italia a dimostrare che si sta dalla parte giusta.” È evidente, aggiunge, “La premeditazione lucida e spietata, è un esempio di brutalità.”