Nobel per la Pace a Narges Mohammadi, attivista iraniana attualmente in carcere in Iran. Alla cerimonia presenti i figli Ali e Kiana Rahmani e il marito Taghi Rahmani, che hanno ritirato il premio a nome della donna lasciando sul palco una sedia vuota.
Una lotta contro un “regime religioso tirannico e misogino”
Oslo, cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace. Narges Mohammadi, la vincitrice, è assente. Al suo posto, una sedia vuota. A ritirare il premio, il marito, Taghi Rahmani, e i figli, Ali e Kiana Rahmani.
Quest’ultima, diciassettenne, ha cominciato la lettura del discorso scritto in francese dalla madre: “Scrivo questo messaggio da dietro le alte, fredde mura di una prigione. Sono una donna mediorientale da una regione che, nonostante la sua ricca civilizzazione è intrappolata in guerra, dal fuoco del terrorismo e degli estremismi.”
Da dietro le mura di una prigione, perché Narges Mohammadi è un’attivista che da anni lotta per la libertà delle donne. Libertà dall’obbligo dell’hijab e dalla pena di morte vigente in Iran, che ha portato la donna a diversi scioperi della fame, 13 arresti e 154 frustate. Una lotta feroce, che l’ha condotta anche ad allontanarsi dai propri figli, che non vede da 8 anni.
Nel suo messaggio, Mohammadi denuncia “Il regime religioso tirannico e misogino” iraniano, ma non solo. Nella seconda parte del discorso, letta dal figlio Ali, parla di fiducia nei giovani, nelle loro proteste: “Hanno trasformato le strade e gli spazi pubblici in un’arena per la diffusione di resistenza civile. La resistenza è viva e la lotta persiste. La resistenza continua e non violenta, è la nostra strategia migliore”, scrive.
Proteste che si sono moltiplicate significativamente anche dopo il caso Mahsa Amini, 22enne arrestata per una violazione delle rigide regole di abbigliamento della Repubblica islamica e deceduta mentre era in custodia.
L’apprezzamento per i giovani e la fiducia nel futuro
“Sono fiduciosa che la luce della libertà e della giustizia risplenderà luminosamente sulla terra d’Iran. In quel momento, festeggeremo la vittoria della democrazia e dei diritti umani sulla tirannia e il totalitarismo e l’inno del trionfo del popolo sulle strade d’Iran risuonerà in tutto il mondo”, ha poi concluso Mohammadi nel suo discorso.
Un messaggio importante, di cui, nonostante il carcere, Mohammadi continua a farsi portavoce anche grazie al movimento “Donna, Vita, Libertà”, che Narges guida insieme ad altre donne coraggiose. Al termine del discorso, i due figli hanno pronunciato proprio tale slogan davanti al re Harald V, alla regina e all’emozione del pubblico, scandendo in farsi e poi in inglese: “Zan. Zendegi. Azadi”, “Donna. Vita. Libertà”.