Raggiunto l’accordo europeo sulle case green. Ecco cosa prevede
Dopo un lungo e intenso dibattito, il 7 dicembre il Parlamento, il Consiglio e la Commissione europei hanno raggiunto un accordo sulla direttiva “case green” in merito all’efficientamento energetico degli edifici.
Proposta due anni fa dalla Commissione, la direttiva pone dei nuovi requisiti per le prestazioni energetiche di edifici sia nuovi che ristrutturati in ogni Paese europeo, al fine di incentivare il rinnovo del patrimonio edilizio. La prima stesura della direttiva tuttavia aveva lasciato molti esperti di settore, tra cui l’italiana Confedilizia. Il vicepresidente nazionale (e presidente di Ape Confedilizia Genova) Vincenzo Nasini a ottobre aveva commentato ai nostri microfoni che, stando a quanto previsto dal testo e ai calcoli della sua associazione, «gli italiani avrebbero dovuto pagare una somma media di almeno 60.000 euro per adeguarsi alle nuove normative».
L’opposizione alla proposta aveva posticipato la discussione a dicembre. Il testo che è stato infine prodotto vede misure all’orizzonte misure meno drastiche di quanto previsto inizialmente. Durante il negoziato, infatti, l’ambizione degli obiettivi è stata ridimensionata a una formula più sostenibile per i cittadini e i governi dei singoli Paesi europei.
Cosa prevede l’accordo europeo sulle case green
Il primo punto dell’accordo prevede che per il 2030 gli standard minimi di prestazione energetica negli edifici non residenziali rientrino almeno nella classe di efficienza energetica superiore a quella più bassa, che viene definita in ogni Paese in base al 16% del parco edilizio nazionale con le prestazioni peggiori.
Entro il 2033, la classe più bassa sarà definita dal 26% meno efficiente del parco edilizio nazionale, e tutti gli edifici dovranno di nuovo passare alla classe superiore. Per quanto riguarda invece gli edifici residenziali, i Paesi membri si impegnano a garantire una riduzione del 16% del “consumo medio” entro il 2030 e del 26% entro il 2035. Almeno il 55% di tale riduzione di consumo energetico dovrà essere ottenuto ristrutturando gli edifici con le prestazioni peggiori.
Gli edifici agricoli e gli edifici storici potranno essere esclusi dalle nuove norme. Ai singoli Paesi si riserva il diritto di decidere se escludere anche gli edifici protetti per il loro speciale valore architettonico o storico, così come gli edifici temporanei e le chiese e i luoghi di culto.
Modifiche anche sull’obbligo di installare pannelli solari su tutti gli edifici: esclusi i residenziali, mentre rimangono sul piatto gli edifici pubblici e quelli non-residenziali di grossa stazza, seppur con eccezioni. L’installazione di idonei impianti di energia solare sarà necessaria per i nuovi edifici, gli edifici pubblici e per quelli esistenti non residenziali che subiscono una ristrutturazione che richiede un permesso.
In merito alle caldaie a combustibili fossili, l’intesa stabilisce di includere una tabella di marcia nei Piani nazionali di ristrutturazione edilizia allo scopo di eliminarle gradualmente da tutti gli edifici entro il 2040.
Un accordo che sembra fare tutti contenti, per ora.
La nuova direttiva rientra nel pacchetto Fit for 55, che pone agli Stati membri l’obiettivo di un parco edilizio a zero emissioni entro il 2050. Gli edifici rappresentano infatti il 40% dell’energia consumata e il 36% delle emissioni dirette e indirette di gas serra dell’Unione Europea. Inoltre l’accordo è fondamentale per realizzare la Renovation Wave Strategy, la strategia pubblicata dalla Commissione europea nell’ottobre 2020 che prevede precise misure normative, finanziarie e abilitanti per raddoppiare il tasso annuo di rinnovamento energetico degli edifici entro il 2030 e di incentivare ristrutturazioni edilizie profonde.
L’intesa raggiunta dai vari enti europei passerà ora al vaglio del Parlamento e del Consiglio prima di diventare una legge. Il voto della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE) avverrà il 23 gennaio 2024.
«Abbiamo raggiunto un risultato straordinario»,ha commentato Ciaran Cuffe, relatore del Parlamento europeo, al termine delle trattative. «Abbiamo creato un piano per la transizione verso un parco immobiliare a zero emissioni nette. In questo modo, aggiungeremo un pilastro essenziale ai piani di decarbonizzazione dell’Ue e inizieremo il lungo viaggio verso la riduzione delle emissioni di CO2 dell’Europa del 36%».
Soddisfatto anche Marco Campomenosi, europarlamentare ligure quota Lega, che durante la trattativa sull’accordo per le case green ha evidenziato le differenze nelle strutture abitative tra l’Italia e altri paesi europei, sottolineando come le soluzioni uniche potrebbero non rivelarsi efficaci a livello universale. (guarda l’intervista a Campomenosi).
«Dovremo verificare i testi, ma sembra confermato l’approccio di buon senso che ha prevalso nella riunione del 12 ottobre», ha commentato anche il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. «Un approccio che elimina gli obblighi diretti per i proprietari, lasciando agli stati maggiori libertà d’azione».
L’accordo sulle case green sarà anche uno degli argomenti principali del Convegno nazionale di Confedilizia, che si terrà a Genova domani pomeriggio.
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