Alla fine degli anni ’70 l’Inghilterra faceva i conti con la prepotente avanzata del punk. Londra si erigeva a capitale mondiale della musica e la figura di un giovane di origini giamaicane iniziò ad imporsi grazie alla sua vitale energia derivante dall’unione di più stili musicali.
Donovan “Don” Letts, svolse un ruolo importantissimo, portando il reggae, e non solo, nella scena musicale inizialmente come disc jokey al Roxy, dove entrerà in contatto con i principali protagonisti del momento, dai Clash ai Sex Pistols, da Malcolm Mc Laren a Vivienne Westwood. Successivamente è stato determinante nell’introdurre e fare comprendere a Bob Marley l’importanza del movimento punk.
Dj, musicista e filmmaker, Don ha girato oltre quattrocento video, ha vinto un Grammy e fondato con Mick Jones dei Clash, i Big Audio Dynamite.
Attualmente lo troviamo in tour in Italia, con il suo Dj set, per promuovere il nuovo lavoro “Outta Sync” prodotto dal guru italiano Gaudí. Lo abbiamo incontrato prima dell’esibizione al Raindogs di Savona, in compagnia della sua preziosa compagna, una ragazza abruzzese, da trent’anni a Londra.
Il tuo lavoro al Roxy ha contribuito a diffondere la musica reggae nella scena punk, ma il reggae è stato mai influenzato dal punk?
No. Sai qual è stata la vera connessione? L’esposizione, capisci? Una volta ottenuta questa, gli artisti reggae erano liberi di fare ciò che volevano; a livello di crossover musicale mi vengono in mente pochi esempi: i Bad Brains, i Basement 5 e poi dovrei pensarci molto, perché musicalmente in realtà, non c’era quasi nessun punto di contatto. Quello che ai punks piaceva del reggae erano le linee di basso, amavano il suono del dub e… l’erba!
Ho letto in un’intervista che sei stato la fonte di ispirazione per la canzone ‘Punky reggae party’ di Bob Marley.
Quando Marley fu a Londra nel 1977 venne a stare in uno squat vicino a dove stavo io e gli vendevo l’erba. Un giorno andai da lui perché mi doveva dei soldi ed io indossavo vestiti punk rock, lui iniziò a prendermi in giro perché aveva un’idea negativa su cosa rappresentasse il punk, leggeva quello che diceva la stampa e pensava fosse spazzatura. Io gli dicevo che non era vero, che si sbagliava, che erano dei ribelli come lui, ma non riuscii a convincerlo! Tre mesi dopo scrisse la canzone ‘Punky reggae party‘, ma non era solo per me, anche se penso che fui la prima persona a dirgli che stava sbagliando e che c’era qualcosa di importante in quella musica. A Londra parlò con molte persone e molti giornalisti, ascoltò di nuovo quel sound, quindi compose PRP. E’ per questo che adoravo Bob, perché era aperto.
Quanto era vicino a te Marley?
Quando era a Londra aveva molti amici, ma la ragione per la quale, se tu cerchi su internet, il mio nome associato a lui, è perchè entrambi eravamo giamaicani e perché quando Bob disse che il punk rock era spazzatura, io ero in disaccordo, mentre nessuno osava contraddirlo. Non era il mio migliore amico, lo diventavi solo se avevi buona erba, era più un conoscente.
Eri considerato il quinto membro dei Clash, è vero?
No, non è vero!
Dove li incontrasti?
Ho visto la prima volta i ragazzi a West London, London Grove, io andavo ai party reggae, i cosiddetti Blues dance, dove c’erano solo neri, grossi sound system. Un giorno vidi due bianchi, gli unici, con i capelli sparati, e li osservai pensando fossero interessanti! In quell’occasione non ci parlammo. La seconda volta che li vidi fu quando vennero nel negozio che gestivo ed iniziarono a parlarmi, siamo così diventati amici per il nostro amore verso la musica giamaicana, e fu un’amicizia per la vita.
Tutto iniziò da Paul Simonon (il bassista dei Clash), che fu il primo che incontrai, era quello che amava il reggae e crebbe nella mia stessa zona a Brixton, una comunità di neri, lui era un giovane skinhead. Agli inizi, nel ‘68, quel movimento non era razzista ma piuttosto una combinazione di persone della working class bianca.
Pensavo che il tuo primo contatto fosse Joe Strummer!
No, fu Paul. Dopo divenni molto amico di Joe e lui venne a vivere a Forest Hills per qualche mese.
Apparisti sulla copertina di ‘Black market Clash’, perché scelsero quell’immagine?
Perché Paul vide la foto e pensò fosse davvero bella! Ma la verità è che se tu la guardi sembra che io cammini verso la polizia ma non è vero! Dietro di me c’erano molti neri con in mano mattoni e bottiglie per cui stavo pensando fosse meglio spostarmi!
(Ndr) La foto fa riferimento alle rivolte a Portobello Road durante il Notthing Hill Carnival.
Pensavo davvero fosse tutto merito di Joe, mi ha stupito fosse Paul dato che rimaneva più nelle retrovie!
Perchè Paul amava il reggae e veniva da Brixton! –
Interviene la compagna di Don – Si, avevamo un background molto simile.
Strummer nacque in Turchia
Sì, avevamo lunghe conversazioni, più tardi diventai molto amico anche di Mick Jones, per via dei Big Audio Dynamite.
Certo, grandi! Hai mai frequentato scuole d’arte? Il video di ‘London Calling’ è uno dei più iconici di sempre! Chi ebbe l’idea della barca sul Tamigi?
L’idea fu di Cosmo che era molto vicino alla band come loro consigliere. Il video però è forte per via dei Clash! E per Dio, perché fece piovere!
Sei anche un filmaker, hai vinto un Grammy e hai diretto più di 400 video, tra cui i Public Image Ltd. Com’è stato lavorare con John Lydon?
Con John eravamo amici, quindi non fu molto difficile per me, anche perchè cercava di fare qualcosa di nuovo ed era felice di avere i suoi amici vicino, persone che conosceva. Fu il primo videoclip che girai prima di ‘London Calling’ e non sapevo bene cosa stessi facendo, prima filmavo in super 8! Per poter lavorare a quei tempi, dovetti iscrivermi al sindacato ed avere una crew di 10 bianchi per legge. Fù un po’ difficile all’inizio.
Adesso hai un programma di successo sulla BBC. Altri progetti per il futuro?
Sempre! Londra è molto costosa, quindi devi tenerti impegnato e lavorare! Ho fatto uscire da qualche settimana il mio primo album solista, lo sapevi? E’ prodotto da Gaudì, un bravo produttore italiano di Bologna. Una persona molto speciale.
Il disco si chiama ‘Outta sync’, ha parecchi ospiti tra cui il compianto Terry Hall. Sono 11 tracce in tutto.
Con la fine del movimento punk ci fu la new wave, con gruppi molto importanti come Siouxsie, Cure, Joy Division, etc. Cosa pensavi di questa nuova scena?
Io lo chiamo post punk perché “New Wave” è più un termine americano; a noi, in Inghilterra, non piaceva. Il termine New Wave era meno offensivo di Punk Rocker, ma il post punk è meglio del punk rock.
I gruppi da te citati, non erano aggressivi come i gruppi punk, per esempio Siouxsie passò successivamente alla scena gotica.
Grazie molte Don, in Europa il tuo carisma è parte della storia della musica.
Ndr, in italiano: Grazie!
Ringraziamenti di cuore a Frank Franchini per la traduzione
Foto di proprietà di Lodown magazine
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