Questa mattina l’esplosione di una bomba ha provocato 4 morti e 42 feriti durante la celebrazione di una messa cattolica nella Mindanao State University di Marawi, nelle Filippine. Coinvolti principalmente studenti, che stavano partecipando alla funzione religiosa nella palestra dell’ateneo.
Sia il presidente filippino, Ferdinand Marcos Jr, che il governatore della provincia di Lanao del Sur (di cui Marawi è la capitale) hanno immediatamente parlato di atto terroristico, sebbene nessun gruppo estremista abbia ancora rivendicato la bomba.
«Condanno con la massima fermezza gli atti insensati ed efferati perpetrati da terroristi stranieri contro l’Università Statale di Mindanao e le comunità di Marawi», ha dichiarato Marcos.
Mamintal Alonto Adiong Jr, governatore della provincia di Lanao del Sur, ha condannato l’attacco: «Qui nella mia provincia, sosteniamo i diritti umani fondamentali, compreso il diritto alla religione. Anche gli attacchi terroristici contro gli istituti scolastici devono essere condannati perché questi sono luoghi che promuovono la cultura della pace e plasmano i nostri giovani affinché siano i futuri plasmatori di questo Paese», ha concluso Adiong.
La regione di Marawi è da decenni sconvolta dalla presenza di miliziani estremisti islamici
Lanao del Sur fa parte della Regione autonoma del Mindanao Musulmano, creata nel 1989 per garantire maggiore indipendenza legislativa alla popolazione musulmana. Solo il 5,6% della popolazione filippina è musulmana – quasi tutti dell’etnia Moro – e vive quasi interamente sull’isola di Mindanao. Malgrado l’autonomia raggiunta, gruppi separatisti fin dagli anni ’80 portano avanti la lotta armata non riconoscendo l’autorità del governo centrale e chiedendo la creazione di un’entità politica autonoma.
L’area meridionale delle Filippine da diverso tempo è teatro di scontri molto violenti, che sembravano arrivati a un punto di svolta nel 2014, quando il governo di Manila ha firmato uno accordo con il Moro Islamic Liberation Front, il più grande gruppo separatista. Malgrado la pace raggiunta, fazioni separatiste più piccole hanno continuato gli attacchi nella regione.
Gli scontri sono diventati più duri con la nascita di gruppi jihadisti ispirati allo stato islamico di Daesh, che nel 2017 sono riusciti a conquistare una parte di Marawi. Dopo cinque mesi di duri scontri nelle strade cittadine, il capoluogo della regione è stato liberato con una sanguinosa battaglia che ha causato la morte di oltre 1.200 persone, di cui 978 miliziani jihadisti, 168 soldati regolari e 87 civili.
Nella giornata di ieri l’esercito filippino ha annunciato di aver ucciso 11 miliziani in un’operazione a circa 200km da Marawi, secondo quanto riportato dal Al Jazeera. Non si esclude che la bomba di quest’oggi possa essere una forma di ritorsione.
La Mindanao State University si è dichiarata «profondamente rattristata e sconvolta» e ha sospeso le lezioni fino a nuovo avviso. «Condanniamo inequivocabilmente nei termini più forti possibili questo atto insensato e orribile ed esprimiamo le nostre più sentite condoglianze alle vittime e alle loro famiglie. Ci impegniamo a fornire sostegno e assistenza alle persone colpite da questa tragedia», ha affermato in una nota.
Ti potrebbe interessare anche:
Corsa Nucleare verso il 2050: Il Richiamo dell’AIEA alla COP 28