A processo ci sono 14 ultras della tifoseria del Genoa per diversi reati (associazione per delinquere, estorsione, violenza privata e altro), eppure al processo ieri ha fatto parlare il centrocampista Danilo Cataldi con la sua testimonianza. L’ex rossoblù – da gennaio a giugno 2017 – era infatti chiamato al processo per rendere la sua versione dei fatti per quanto accaduto il 7 maggio di quell’anno. La storia che raccontato tuttavia ha lasciato i presenti quanto meno perplessi.
A seguito della partita tra il Genoa e l’Inter (che si era chiusa con la vittoria del Grifone per 1-0), Cataldi e la moglie hanno subito un’aggressione da parte di alcuni ultras mentre il giocatore si stava scattando un selfie con una famiglia di tifosi. Gli imputati avrebbero giudicato Cataldi indegno di farsi fotografato e avrebbero assaltato lui e la moglie.
L’episodio rientra nel filone di indagini condotto dal sostituto procuratore Francesca Rombolà e del procuratore aggiunto Francesco Pinto sulle estorsioni al Genoa tra il 2010 e il 2017. Come risultato, erano finiti in carcere Massimo Leopizzi, Artur Marashi e Fabrizio Fileni con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e violenza privata. Tra le accuse, aver estorto al Genoa circa 327 mila euro. Per gli investigatori della Procura di Genova, la tifoseria teneva sotto scacco la squadra per garantire la pace del tifo ed evitare contestazioni.
Tuttavia ieri Cataldi ha minimizzato gli eventi del 2017 all’udienza del processo agli ultras del Genoa accusati di estorsione
Cataldi infatti ha sì risposto alle domande della pm, Francesca Rombolà, eppure ha minimizzato l’accaduto, definendo quanto accaduto come una contestazione “minima”. Eppure nel 2017 dovettero intervenire due agenti di polizia per tirare fuori il calciatore e la moglie, che aveva risposto agli ultras contestatori. Una versione ben diversa da quanto dichiarato dalla donna nel corso delle indagini.
Così, quando ieri nell’aula di via del Seminario il collegio di giudici non ha potuto fare altro che riprendere il calciatore, oggi vice Capitano della Lazio, chiedendogli se per lui è normale che un tifoso prenda a calci sua moglie. I magistrati inoltre si sono sentiti in dovere di ricordare che in un’aula di giustizia si è tenuti a dire soltanto la verità, laddove si ricordino gli episodi.
Cataldi nel corso della giornata ha poi contestato le prime notizie commentando sui suoi profili social: «Gli articoli e le notizie pubblicate in serata sul mio conto riportano ricostruzioni parziali, strumentali e sensazionalistiche, oltre che lesive della mia persona, relativamente ad una vicenda, accaduta nel 2017 dopo una partita di calcio e che oggi mi vede come testimone di un processo penale. Per chiarezza: non ho minimizzato l’episodio in cui è stata coinvolta mia moglie, la persona che amo e stimo di piu al mondo. Far passare un messaggio diverso è quanto di più offensivo e diffamatorio nei miei confronti, soprattutto in una vicenda del genere. Credo fermamente nella giustizia e anche per questo mi riservo di agire in ogni sede per tutelare la nostra famiglia».
La signora Cataldi sarà sentita in una delle prossime udienze sui colpi ricevuti nel parapiglia – nel capo di accusa si parla di calci e graffi.
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