Presi dalla vita frenetica che conduciamo nel quotidiano, spesso non prestiamo attenzione a ciò che ci circonda. Di frequente sui muri si affiggono informazioni e moniti. Eppure i muri parlano, eccome!
Incastonati in essi troviamo di tutto, storie cruenti, vere e belle, scoperte e racconti. Roma, per esempio, è piena di questi “racconti incastonati” tra le mura, come in tante altre città italiane.
Vi racconto due curiosità in due luoghi diversi della città, incastonate su due mura e in due epoche diverse.
Anche se veloce, si fa sempre un salto per un selfie o si scattano foto per un ricordo in una delle piazze più belle al mondo: Piazza Navona, ricca di storia con le sue fontane, la chiesa di Santa Agnese, palazzo Doria Pamphilj, Bernini e Borromini con i loro contrasti e litigi. Ma c’è anche una storia umana in quella piazza, forse nota a molti ma non a tutti.
La racconta un marmo incastonato nel muro al civico 34. La testa di un oste del ‘500.
Si narra che a metà del Cinquecento papa Sisto V piaceva mescolarsi tra la folla travestendosi per non essere riconosciuto, così per sentire il mormorio del popolo e di cosa pensasse veramente su di lui. Consapevole che mettendo le gabelle sul vino per realizzare capolavori e sistemazioni della città, non era proprio ben voluto.
Così un giorno, fermandosi in un’osteria a piazza Navona, ebbe modo di sentire l’oste lamentarsi ed esprimere giudizi molto critici verso il potere papale.
Il povero oste, inconsapevole di chi fosse il forestiero, fu fatto arrestare e subito dopo giustiziato. I suoi amici, in ricordo del fatto, vollero porre il ritratto dell’amico oste scolpito sul muro.
Ancora oggi la testa si trova lì, come monito che è meglio non parlare in modo sconsiderato davanti agli sconosciuti.
Anche la torre medievale sull’Isola Tiberina, eretta a guardia dell’antico Ponte Fabricio, detto anche Ponte Quattro Capi ha tante storie da raccontare.
Contesa tra le potenti famiglie aristocratiche romane grazie alla sua posizione strategica, passò di proprietà in proprietà. Costruita dai Pierleoni, intorno al XII secolo, successivamente appartenuta ai Savelli e in ultimo nel Trecento ai Caetani dai quali prende il nome attuale.
Nel tempo, questa torre fu fortezza, rifugio e sontuosa residenza per i papi.
È nota anche come “Torre della Pulzella” per la piccola testa femminile in marmo, incastonata nella muratura.
La leggenda narra che l’affascinante volto scolpito ritraesse una giovane nobildonna vissuta nel 1350, rinchiusa nella torre per essersi rifiutata di sposare un aristocratico scelto dalla sua famiglia, nell’inutile attesa del ritorno dell’amato dalla guerra.
La scultura è in realtà databile all’epoca romana, I secolo d.C., anche se, con lo sguardo “di pietra” rivolto al ponte, sembra sfidare chi passa a scoprire l’identità che si cela dietro l’enigmatico volto eroso dal tempo.
Nel 1870 la torre e i primi due piani divennero di proprietà dello Stato che lo cedette al Comune di Roma. Dal 1986 il Palazzo è stato designato a sede del Museo Storico dell’Isola Tiberina.
Vi aspetto al prossimo giro tra le curiosità della città eterna