Trovato l'accordo per il rilascio di 50 ostaggi israeliani in mano a Hamas

Trovato l’accordo perché Hamas rilasci 50 ostaggi israeliani

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Il Qatar ha confermato in queste ore che è stato raggiunto un accordo per il rilascio di 50 ostaggi israeliani ancora attualmente in mano a Hamas. In cambio, il governo israeliano ha accettato una tregua di almeno 4 giorni nella Striscia di Gaza e la liberazione di 150 detenuti palestinesi.

Si tratterebbe, secondo indiscrezioni, di 30 minori e 20 donne prigionieri di Hamas dallo scorso 7 ottobre. Netanyahu si è detto soddisfatto per una decisione giusta, ricordando però che l’accordo non significa la fine della guerra. Soddisfatto il presidente americano Joe Biden, anche per i tre ostaggi con doppia cittadinanza israeliana e statunitense che torneranno in libertà grazie a questo compromesso.

Anche i detenuti palestinesi che torneranno in libertà sono donne e bambini, che saranno riportati al proprio indirizzo di residenza, se non coinvolto dai bombardamenti. Il governo di Tel Aviv tuttavia ha precisato che tra le 150 persone che torneranno in libertà non figurano condannati per omicidio o per attentati terroristici con vittime israeliane.

Per assicurarsi che Israele rispetti l’accordo, Hamas libererà una decina di ostaggi per ogni giorno di tregua mantenuta affidandoli alla Croce Rossa

L’ONG porterà gli israeliani liberati in Egitto attraverso il valico di Rafah, dove riceveranno la prima assistenza, dopodiché li riporterà nel loro Paese. Questo compromesso dovrebbe pertanto garantire 4-5 giorni di tregua, in cui trasferire i malati e feriti negli ospedali di Gaza che si possono spostare e far rientrare i civili sfollati nella parte meridionale della Striscia. Il cessate il fuoco dovrebbe iniziare domani alle 10 ora locale (9 italiane) e un paio d’ore dopo seguirà il rilascio dei primi ostaggi.

Il governo israeliano sta comunque lavorando per far salire il numero di ostaggi rilasciati a 80 persone. I leader di Hamas si sarebbero inoltre impegnati a localizzare altri israeliani in mano a gruppi e milizie diverse, tra cui la Jihad islamica, così da avere un elenco preciso e poter intavolare le trattative per tutti i prigionieri ancora in vita. Un compito non semplice, visto che il fronte contro Israele coinvolge moltissime fazioni e milizie non necessariamente alleate tra loro.

Ciò potrebbe creare problemi anche nel rispetto della tregua raggiunta con tanta fatica

Al momento Hezbollah ha dichiarato ad Al Jazeera che rispetterà il cessate il fuoco pur non avendo partecipato alle trattative. La speranza è che tutti i gruppi coinvolti nel conflitto facciano altrettanto.

Nel frattempo la corte suprema israeliana ha rifiutato il ricorso della ONG di destra “The Almagor Terror Victims Association”, che si è espressa contro il rilascio di detenuti palestinesi. Il fondatore di Almagor, Yaariv Levin, ha pubblicato una lettera inviata al Ministero di Giustizia attaccando l’accordo con Hamas per la liberazione degli ostaggi, sostenendo che si tratterebbe di un concreto pericolo per Israele liberare questi detenuti palestinesi. Inoltre, secondo Levin, liberare solo minori e donne tra gli ostaggi violerebbe il diritto a un equo trattamento di tutti gli ostaggi.

La Corte tuttavia ha riconosciuto la legittimità del governo per siglare un accordo come questo con Hamas e che la liberazione degli ostaggi più fragili, a cominciare dai bambini con le loro madri, è la priorità in questo momento. Il giudice Alex Stein ha inoltre chiarito che nessun ostaggio sarà abbandonato nelle mani dei terroristi.

A fine novembre si potrebbe infatti raggiungere un nuovo accordo per la liberazione di ulteriori cittadini israeliani ancora prigionieri.

Cosa succederà a Gaza dopo la fine del cessate il fuoco

Se la tregua è stata accolta con entusiasmo, in molti si domandano già cosa accadrà nella Striscia al suo scadere. E cosa resterà di Gaza City, una volta che anche questo conflitto sarà giunto al termine. Israele infatti ha già annunciato che intende riprendere i combattimenti in tutta Gaza non appena il cessate il fuoco sarà scaduto.

«Anche se Gaza ha una lunga storia di distruzione, non ci sono paragoni con il livello della devastazione attuale. Secondo la stima pubblicata da fonti palestinesi, l’operazione di terra israeliana a Gaza del 2014 è costata oltre sei miliardi di dollari. Il conflitto attuale ha già raggiunto una portata molto più ampia e distruttiva», stando al Washington Post.

La distruzione nella Striscia in un mese e mezzo è stata paragonata a quanto accaduto in Siria in 4 anni di guerra civile. Una devastazione che sarà difficile da accettare per chi ha perso tutto nei bombardamenti, ma anche per chi dovrà ” equanimità, commenta David Rosenberg su Haaretz, mentre ci si domanda anche chi pagherà “pagare il conto”. Gaza dipende quasi interamente da sovvenzioni di Paesi donatori anche in periodi di tregua, ma è difficile fare una stima di quanto costerà ricostruire scuole, ospedali e altre strutture coinvolte nel conflitto.

«I Paesi arabi non vogliono ripulire il macello che Israele ha fatto, né aiutarlo a fare da poliziotto ad altri arabi», scrive l’Economist. L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) che governa la Cisgiordania è al momento troppo debole per controllare la Striscia ed evitare che Hamas o altri gruppi armati ne riprendano il controllo. Tuttavia, a nessuno tranne agli USA piace l’idea che sia lo stesso Israele a occupare la regione e gestire il periodo postbellico.

Gli ospedali di Gaza, una ferita aperta anche per la diplomazia internazionale

La direzione regionale dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) ha dichiarato che 553 persone sono morte in 178 attacchi contro strutture sanitarie a Gaza dal 7 ottobre. I bombardamenti e i combattimenti di guerra hanno coinvolto 24 ospedali e 23 ambulanze, per un totale di 800 feriti (tra cui 22 operatori sanitari) e oltre 500 decessi. 27 dei 36 ospedali di Gaza e 47 sulle 72 cliniche attive sono state chiuse dall’inizio del conflitto. Nella parte settentrionale della Striscia, solo 2 ospedali continuano ad accogliere pazienti, insufficienti per gestire il flusso di feriti e i malati che si crea ogni giorno.

«Agli ospedali deve essere consentito di ricostruire le risorse di cui hanno bisogno per continuare a funzionare», ha affermato Ahmed Al-Mandhari dell’OMS. «Non possiamo continuare a fornire aiuti in un oceano di bisogni».

L’ONU ha riferito che le agenzie umanitarie hanno coordinato il trasferimento di 500 persone tra 500 pazienti e medici dall’ospedale indonesiano nel Nord di Gaza diventato un vero e proprio scenario di guerra negli ultimi giorni. L’evacuazione è stata avviata dopo la morte di almeno 12 persone in un attacco al nosocomio secondo i dati di un report pubblicato poche ore prima dell’annuncio sull’accordo di tregua. L’ospedale, tuttavia, rimane circondato dai carri armati e dalle truppe israeliane.

Il numero di letti ospedalieri nella Striscia disponibili a oggi è sceso a due quinti rispetto ai primi giorni di ottobre, da 3.500 a 1.400

Almeno 4 medici sono rimasti uccisi nelle ultime 24 ore, come riportato anche da sceso da Medici Senza Frontiere. L’ONU ricorda inoltre che almeno 53 giornalisti sono morti nel conflitto, 2 dall’inizio di questa settimana.

Il sito americano Politico ha dichiarato che secondo fonti anonime per la loro sicurezza Israele avrebbe da settimane informazioni dall’intelligence statunitense per poter evitare di colpire le strutture e i gruppi umanitari attivi su Gaza.

I portavoce del governo e del presidente USA hanno sottolineato più e più volte che i gruppi umanitari avrebbero sempre più difficoltà a operare nella Striscia di Gaza per via di Hamas, contestando duramente che i terroristi stanno usando civili e feriti come scudi umani, oltre a gestire tunnel sotto gli ospedali. Tuttavia, osserva Politico, il fatto che le strutture umanitarie continuino a subire gravi attacchi mette in dubbio la reale influenza americana sul governo israeliano tanto decantata anche nelle ultime settimane.

L’accordo per la liberazione di ostaggi da Hamas ha coinvolto moltissimi attori internazionali

«Le Nazioni Unite mobiliteranno tutte le loro capacità per sostenere l’attuazione dell’accordo tra Israele e Hamas e massimizzare il suo impatto positivo sulla drammatica situazione umanitaria a Gaza», ha ribadito il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, in un messaggio virtuale inviato al G20.

Oltre al Qatar, al tavolo per la negoziazione tra Israele e Hamas si sono seduti anche gli Stati Uniti, grazie anche a una “cellula segreta” di consiglieri vicini al Presidente. Fondamentale anche il ruolo di Biden, che ha portato avanti dei lunghi colloqui quotidiani con Netanyahu. Anche l’Egitto ha giocato un ruolo chiave per raggiungere una tregua, prestandosi come soggetto terzo per ricevere gli ostaggi liberati.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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