Genova al bivio: nuovo forno crematorio tra dubbi e dibattiti

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Genova si trova oggi al centro di un acceso dibattito politico sullo sviluppo urbanistico e ambientale. Tra le varie scelte che debbono essere effettuate dall’Amministrazione Comunale, una riguarda la realizzazione o meno di un nuovo forno crematorio: un tema che ha scatenato una serie di interrogazioni nel Consiglio Comunale del 14 novembre.

L’attuale forno crematorio di Genova, con un tempo di attesa medio di un giorno per la cremazione, sembra soddisfare il fabbisogno di Genova e della Città Metropolitana. Nonostante ciò, la giunta comunale propone la costruzione di un nuovo impianto, provocando interrogativi sulla sua reale necessità. I consiglieri rosso verdi, Bruzzone e Ceraudo hanno sollevato dubbi sulle ragioni politiche e tecniche dietro questa decisione, evidenziando la mancanza di una chiara esigenza da parte della città.

Le tariffe per la cremazione, invariate dal 2019, sono state citate dall’opposizione come un possibile motore economico dietro la proposta. Tuttavia, i numeri delle cremazioni a Genova dal 2011 a novembre 2023 non mostrano un incremento che giustifichi un nuovo impianto. La capacità attuale sembra adeguata per gestire le richieste di cremazione.

Sia il consigliere Bruzzone (Lista Sansa), che Il consigliere Fabio Ceraudo (Movimento 5 stelle) nel corso dei loro interventi hanno più volte suggerito come possibile “soluzione” l’aumento delle tariffe per le cremazioni, ipotesi che non è stata presa in considerazione nelle risposte del vicesindaco Piciocchi.

Il dibattito si è poi spostato sulle implicazioni ambientali. Il consigliere ha criticato la sensibilità ambientale dell’amministrazione comunale, sottolineando i rischi di emissioni e impatti negativi di un nuovo impianto crematorio.

Il vicesindaco Piciocchi, rispondendo alle domande, ha evidenziato che le decisioni sono basate su analisi tecniche e che il progetto del nuovo crematorio è in fase di esame. Ha inoltre rimarcato l’aumento percentuale delle cremazioni dal 2011, suggerendo una crescente domanda che giustificherebbe il nuovo forno.

In risposta all’affermazione dell’opposizione, secondo cui i forni attuali sarebbero in grado di bruciare sino a 14.000 salme l’anno, il vicesindaco ha segnalato che si tratta di una comunicazione della Socrem, soggetto coinvolto. Secondo il vicesindaco, i numeri non coincidono con i dati in possesso degli “uffici comunali”.

Ivano Malcotti, Presidente della Socrem, contattato telefonicamente dalla redazione di LiguriaDay, ha commentato: “Sui dati della mortalità e delle cremazioni non è possibile equivocare. I dati in possesso degli uffici (quali?) dovrebbero pure essere inferiori, perché riferiti al solo bacino comunale”.

In merito ai dati citati in Consiglio Comunale: Provincia di Imperia 343 salme cremate, provincia di Savona 1158, provincia di La Spezia 1507. Ciò significa che a Imperia, con 343 salme, ha l’opportunità di arrivare fino a 4.228 con il crematorio di Sanremo. Per quanto riguarda Savona, 1158 raddoppiamo la cifra, arriviamo a 2.080 e per La Spezia, invece, è quella che si avvicina di più, perché dal 1507 possiamo arrivare comunque a un numero di 1800.

Ivano Malcotti commenta: “La Regione Liguria è attualmente servita da quattro impianti provinciali. Non essendo pensabile che i mercati ‘locali’ vengano assorbiti da Genova (si tratta pure di impianti nuovi), i calcoli sul bacino del Genovesato vanno limitati alla nostra area di riferimento, dove la capacità della Socrem è sempre stata completa senza affanni (nemmeno nel periodo Covid). A ciò si aggiunga che i ‘mercati’ limitrofi di Piemonte e Lombardia sono già saturi con elevato numero di linee di cremazione, al punto che la Regione Piemonte non accetta nuove costruzioni di crematori e la Regione Lombardia preferisce l’eventuale revamping di impianti esistenti.”

In merito alle percentuali citate: “Siamo passati dal 52% di cremazioni sul numero dei decessi dell’anno 2011 al 78,48% nel 2023 con una tendenza che è in continua crescita. Quindi, la domanda di cremazione è molto forte sul nostro territorio. Conseguentemente, si è ritenuto che ci fosse questo tipo di necessità.”

Ivano Malcotti risponde: “È vero che la domanda è forte (in linea con tutto il Centro-Nord, peraltro) ma per ovvie ragioni matematiche non potrà mai superare di molto il dato del 78,48% (già segno della sostanziale saturazione del ‘mercato’, non rimediabile con la mortalità di aree limitrofe coperte da altri impianti). Ma anche ad immaginare il dato ‘impossibile’ del 100% delle cremazioni, la Socrem Genova sarebbe capace di assorbire l’intera mortalità.”

Il dibattito sull’impianto crematorio di Genova apre questioni più ampie su come la città deve bilanciare le esigenze di sviluppo urbano con la sostenibilità ambientale e le preoccupazioni dei cittadini. Nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione sulla necessità del nuovo impianto, permangono dubbi riguardo alla sua immediata utilità e al suo impatto sull’ambiente e sulla comunità.

I dati presentati dai consiglieri di opposizione e dal vicesindaco non sono allineati, lasciando aperte domande sulla trasparenza e la validità delle informazioni fornite. La discussione sull’impianto si trasforma così in un simbolo più ampio delle tensioni tra sviluppo, salvaguardia ambientale e interessi dei cittadini. Il vice sindaco ha rassicurato i presenti dichiarando che oltre alla documentazione, in risposta all’istruttoria del difensore civico regionale, sarà presentata una relazione tecnica oltre al parere di soggetti terzi come ASL e l’arpal circa la compatibilità ambientale.

La decisione sul nuovo forno crematorio a Genova non è solo una scelta amministrativa, ma diventa un termometro delle priorità politiche della città. Con questo progetto, Genova si trova a un bivio: da una parte la supposta esigenza di aumentare fortemente la capacità di cremazione, dall’altra la necessità di preservare l’ambiente e ascoltare le voci dei suoi abitanti. La strada scelta oggi influenzerà il futuro della città in termini di sostenibilità e qualità della vita.

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