Come detto nel primo articolo sulle torri medievali di Roma, oggi se ne contano ancora una trentina sparse per il territorio della capitale. Non potendo scrivere dettagliatamente di tutte, ne abbiamo finora scelte un paio fra quelle del centro città e potremmo continuare descrivendo la storia di altre famose costruzioni come la Torre delle Milizie, la Torre dei Conti o quella del Grillo.
Ci spingiamo invece verso est, fuori dai più soliti percorsi turistici, all’incrocio tra Via Casilina e Viale Palmiro Togliatti dove, su una collinetta, si erge la Torre di Centocelle.
Anche detta dai romani “Torraccia”, è rimasta immersa nella campagna fino al boom edilizio degli anni ’60 del Novecento.
La storia
La costruzione è datata tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, ma risulta già esistente nel 1216 in quanto ricordata in una bolla di Papa Onorio III come appartenente alla tenuta medievale detta Capitignano.
Come altri casali-torri dell’agro romano era posta a difesa del territorio e, in questo caso, con la sua altezza considerevole di 25 metri, riusciva a controllare gran parte della zona tra Via Prenestina e Via Tuscolana e quindi la viabilità a Est di Roma.
Nel medioevo era conosciuta come “Tor San Giovanni” perché, insieme alla tenuta sulla quale sorgeva, apparteneva al Capitolo di San Giovanni in Laterano. Questo affittò nel tempo la proprietà a varie famiglie, dai De Rubeis, agli Astalli, fino ai Capranica nel XVI secolo. Comprendeva anche un casale, una piccola chiesa e una cinta muraria, andati completamente persi, ma testimoniati dal catasto seicentesco.
Nello stesso sito sembra poi fosse presente un sepolcro ipogeo, detto Cellum Cellae o, secondo altri, si trattava dei resti della villa romana appartenuta all’imperatore Valentiniano, che contava un’infinità di piccole stanze, “cellae”. Da qui derivò il nome di Torre di Centocelle.
Un simbolo romano nel ‘900. Arte e non solo
Oggi la torre è ancora in discreto stato, nonostante manchi qualsiasi intervento di restauro. La tecnica edilizia è quella tipica del XII secolo, consistente in scaglie di lava, tufo e calcare. Le pareti sono scandite su quattro livelli da finestrelle regolari con cornici marmoree.
Caratteristico è il boschetto di pini marittimi secolari che ancora la cinge e che, negli ultimi due secoli, l’ha resa meta delle scampagnate romane fuori porta e un luogo privilegiato per pittori e fotografi.
Si ricorda l’opera del pittore Enrico Ortolani del 1935, o i versi del poeta romanesco Augusto Jandolo che in una sua poesia la definì “…torre tra le più belle”.
Anche un fatto di cronaca nera che sconvolse la Roma borghese degli anni ’20 ebbe come protagonista la Toraccia quando, nel 1924, nei sotterranei dell’edificio, venne ritrovato il corpo di Nello Coccia, un bambino di Centocelle scomparso due anni prima. Il caso rimase irrisolto.
Nel 1927, i ruderi di epoca romana ancora ben visibili, vennero rasi al suolo per la costruzione dell’aeroporto di Centocelle. Nel secondo dopoguerra l’urbanizzazione selvaggia ha stravolto il paesaggio inglobando la Torre nel nascente quartiere di Torrespaccata, toponimo con il quale viene spesso confusa.
Foto di copertina di Abitare a Roma.it