Strasburgo, 19 ott. – “È sconcertante constatare come la maggioranza dei colleghi europarlamentari difenda il Dsa, il dirigismo e l’ideologismo della Commissione europea nella sua battaglia contro quelle che definisce ‘fake news’. Deve essere chiaro a tutti quanto questo percorso sia difficile; e, per quanto tutti condividiamo l’obiettivo di avere media più attendibili, sappiamo quanto invece certe norme limiteranno fortemente la libertà di espressione. Meno di un anno fa fu approvato il Digital Service Act (DSA) e già stiamo assistendo ai pericoli di un’applicazione arbitraria della sua politica. Nei drammatici scontri tra Israele e Hamas, governo, ministri ed esercito israeliano utilizzano social media come X per condividere informazioni, documenti e comunicazioni. Entrambe le parti in conflitto lo stanno facendo. I social media non sono detentori di verità, ma uno specchio della realtà, che riflette ciò che sta accadendo. E il ruolo dell’Ue non dovrebbe essere quello di dire cosa è buono o cattivo, cosa è falso o vero. Stupisce l’approccio punitivo verso i social network, in particolare X, unica piattaforma che ha algoritmi open source, di pubblico accesso, che permette a giornalisti di verificare in modo indipendente le notizie: in questo senso, è un modello di trasparenza. L’Ue chiede la cancellazione di contenuti che promuovono odio, ma ignora il lavoro svolto finora dalle piattaforme e non considera minimamente i cosiddetti ‘Twitter files’, scandalo che dimostra quanto fatto in passato contro contenuti che non erano illegali, ma che non erano graditi ai potenti o altri shareholder. Questo è il rischio che il Dsa provochi la cancellazione di contenuti legittimi e non di contenuti che violano le regole. Il nostro timore, di conseguenza, è che con queste regole Ue, alla fine i veri sconfitti siano i cittadini, che non potranno essere informati a sufficienza, in maniera indipendente”.
Così Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega, componente della commissione mercato interno del Parlamento Europeo, nel suo intervento durante la sessione plenaria del Pe a Strasburgo.
C.S.
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