logistica portuale Genova 2022 Spediporto: più controlli sulle sostanze chimiche e meno burocrazia
Giampaolo Botta, Direttore Generale di Spediporto

Spediporto: più controlli sulle sostanze chimiche e meno burocrazia

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Intorno alla ultima edizione della Genoa Shipping Week, che si è chiusa questa sera, Spediporto ha lanciato due importanti campagne per il futuro dei porti italiani e delle città che li circondano: la prima riguarda la lotta alla burocrazia che zavorra le imprese e i cittadini, la seconda è un allarme in merito ai regolamenti in merito ai controlli delle sostanze chimiche.

Il tema della burocrazia legata alle dogane e non solo è di stringente attualità, come confermano i numeri che il direttore generale Giampaolo Botta riporta da tempo con una certa preoccupazione. «La burocrazia grava sulle imprese per qualcosa come miliardi di extra costi. Una situazione insostenibile, certificata anche dalla World Bank e che ha fatto scivolare l’Italia al 19° posto nel ranking economico internazionale. Insomma, è come essere in serie B».

Botta, che in questi giorni ha rilasciato una lunga intervista sul web, ha spiegato come le conseguenze della burocrazia colpiscano sia le imprese ma di conseguenza anche tutti i cittadini

«La burocrazia è un vero e proprio “ergastolo amministrativo”», secondo il direttore generale di Spediporto, «che colpisce le aziende serie ma anche tutte le persone oneste, che ne restano imprigionate a vita. Poi, però, ci sono i “furbetti” che, invece, le regole non le rispettano».

Botta lancia ancora una volta un forte appello alla politica perché intervenga: «Basta lacci e lacciuoli, cominciamo ad aiutare le imprese in modo che possano lavorare in modo più semplice. Rendiamo l’Italia più competitiva, visto che, proprio per le lentezze burocratiche legate ai servizi, abbiamo ormai un gap importante rispetto agli altri paesi del G7».

Spediporto, la più importante associazione di impresa del settore marittimo italiano, lancia anche un allarme sui controlli delle sostanze chimiche

Recentemente il REACH, il Regolamento CEE 1907/2007 – che riguarda registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche – è stato integrato nel TARIC (la dichiarazione della Tariffa Doganale Comunitaria a cui, poi, si aggancia il sistema dei controlli). Ciò rischia, però, di mettere in crisi gli scali italiani, che potrebbero non essere in grado di sostenere le nuove e più stringenti misure di controllo adottate. Misure a cui saranno soggetti produttori e importatori di sostanze in quantitativi pari o superiori ad una tonnellata l’anno, gli utilizzatori di sostanze nonché i produttori e gli importatori di articoli che operano dello Spazio Economico Europeo.

Nei nuovi controlli REACH sono coinvolte, infatti, moltissime sostanze, tra cui:

  • metalli;
  • miscele come vernici e lubrificanti;
  • pneumatici per autovetture, mobili e capi di abbigliamento;
  • prodotti per la cosmesi, sanitari e farmaceutici.

«Praticamente non si salva nessuno», osserva Botta. «Sono presenti sostanze chimiche in oltre il 90% dei prodotti manifatturieri e quasi tutto, dai pannelli solari ai prodotti farmaceutici, è realizzato con il loro ausilio. Insomma una situazione complicata per molti soggetti che, al momento, non hanno, forse, pienamente realizzato le difficoltà cui andranno incontro».

Saranno coinvolti produttori che vendono direttamente o forniscono a terzi sostanze chimiche, importatori che le comprano singolarmente da paesi extra UE o che acquistano miscele oppure prodotti finiti, come vestiti, mobili o articoli di plastica. Anche i distributori che tengono in magazzino o collocano sul mercato sostanze chimiche o loro miscele potrebbero avere ripercussioni, così come gli utilizzatori a valle che le impiegano nell’esercizio di attività industriale o professionale.

Un problema che non riguarda solo i porti, dunque: basti pensare all’operatività, che diventerà sempre più difficile, dei laboratori d’analisi sparsi nelle varie Agenzia Regionali per l’Ambiente (ARPA): «Chiediamo dunque – annuncia il direttore generale di Spediporto – chiarezza. Al momento mancano uomini, attrezzature e strutture, il rischio è che la catena dei controlli rallenti fino ad incepparsi».

Il settore della chimica è strategico per l’economia italiana, il sesto per importanza nel PIL: conta più di 2.800 imprese e il nostro paese rappresenta il terzo produttore europeo (dopo Germania e Francia). Secondo i dati di Federchimica, il fatturato ammonta a oltre 56 miliardi di euro e le imprese del settore danno lavoro a circa 112.700 addetti diretti, che salgono a 278 mila contando l’indotto, gran parte dei quali occupati nei circa 150 Distretti industriali italiani.

Sulla chimica c’è grande attenzione a livello centrale, come conferma la redazione, da parte del Ministero della Salute, nel 2022, del Piano Nazionale delle Attività di Controllo sui Prodotti Chimici

Il problema, però, è il riscontro sul territorio: servono laboratori e personale per riuscire sostenere quello che sarà il peso dei controlli, che colpiranno indistintamente quasi tutti i manufatti, ad eccezione del “food and vegetables”. Già oggi, la voce “costi di logistica” per il settore chimico è una delle più alte rispetto alla media europea e i controlli che necessariamente verranno effettuati nei porti di sbarco delle merci rischiano di presentare un costo salatissimo all’industria.

Botta non nasconde la preoccupazione: «Già oggi il settore dei controlli di Presidio nei porti è in forte affanno. Uffici di Sanità, settore veterinario, le stesse ARPA regionali dispongono di personale limitato all’osso; il problema è che non vengono banditi concorsi e così, quelle poche unità di personale in più che si riescono ad ottenere sono sempre a tempo determinato, dunque in una sorta di precariato».

La ricetta per uscire da questa situazione di difficoltà?

«Bisogna sbloccare fondi per nuovi concorsi», è la soluzione di Spediporto, «e per attrezzare i laboratori con i necessari strumenti di analisi per i controlli sulle sostanze chimiche. Oggi, mediamente, un contenitore soggetto a controlli di questo tipo può stare anche due settimane fermo in porto, con costi elevatissimi. Molti importatori hanno, dunque, già scelto di scalare altri porti europei, più attrezzati per questa situazione».

Il risultato, dunque, è un danno doppio, se non triplo. «Innanzitutto risulta danneggiata l’industria chimica, che vedrà un aumento importante dei costi della logistica. Peraltro le aziende italiane di questo settore saranno anch’esse fortemente penalizzate perché meno competitive rispetto ai competitors esteri. In ultimo, ad essere danneggiato, sarà anche lo Stato Italiano, che rischia di perdere moltissime entrate». I numeri snocciolati dal Direttore Generale di Spediporto sono chiari: «Oggi le importazioni valgono circa 71 miliardi di euro per il nostro Paese, oltre a 5.6 miliardi di IVA, 900 milioni di euro di dazi e 120 di altri diritti doganali. Il 90 per cento dei prodotti è soggetto alla nuova normativa, dunque, i conti (ed i costi) sono presto fatti».

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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