Troppo WhatsApp fa male? Gli effetti sul cervello umano delle chat e dei messaggi vocali
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Troppo WhatsApp fa male? Gli effetti sul cervello umano delle chat e dei messaggi vocali

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WhatsApp continua a essere la app regina della messaggistica istantanea sui cellulari di tutto il mondo, eppure i suoi utenti hanno un rapporto di odio/amore con questo strumento; l’associazione Netdipendenza Onlus si domanda quando WhatsApp comincia ad avere effetti negativi sulla mente.

Acquistata dal gruppo Meta (al tempo ancora Facebook) nel 2014, WhatsApp vanta più di due miliardi di utenti in tutto il mondo e si può di fatto considerare il terzo social media network per diffusione globale. In media ciascuno di noi spende su WhatsApp circa 17,3 ore ogni mese (stando ai dati Hootsuite relativi al 2022).

La app di messaggistica è diventata uno strumento integrante di comunicazione del lavoro, sia tra colleghi o tra manager e sottoposti che come strumento di comunicazione con i clienti, reali o potenziali.

Ma quali sono gli effetti di WhatsApp sui suoi utenti?

La pervasività di WhatsApp rende molto facile mettersi in contatto con amici e colleghi, ma la sua rapidità di invio e ricezione dei messaggi non sempre è un fatto positivo. In campo professionale, ad esempio, può contribuire a sfumare i confini dell’orario di lavoro, o a ignorarli del tutto. Non a caso, proprio questa app è uno degli strumenti che più causano quel fenomeno della iperconnessione di cui si è iniziato a parlare con più frequenza durante la pandemia e che ha portato già diversi paesi a garantire ai lavoratori il diritto alla disconnessione digitale, con sanzioni per l’azienda che non rispetta gli orari d’ufficio o dei turni per comunicare con i dipendenti.

Ma anche in campo personale, la richiesta di attenzione di WhatsApp e l’ansia di dover rispondere immediatamente. Per fare una prova di quanto stress generi questo strumento, basta provare a disattivare le spunte blu (che avvisano la persona con cui stiamo dialogando di quando abbiamo visualizzato effettivamente un messaggio) e vedere le reazioni di amici e parenti. I risultati potrebbero stupirvi.

Quando l’iperconnessione diventa una malattia

«C’è una abitudine a usare WhatsApp che crea dipendenza, perché c’è bisogno di sentirsi in collegamento con gli altri e ognuno si crea una chat per ogni cosa», sostiene Enzo Di Frenna, fondatore di Netdipendenza Onlus. «È chiaro che l’attenzione del nostro cervello non può reggere più di 10 chat o gruppi in contemporanea, perché producono giornalmente dai 10 ai 30 messaggi e a fine giornata si arrivano a contare centinaia di comunicazioni. Si va letteralmente in tilt. Per non parlare delle note vocali che diventano lunghissime, mentre dovrebbero essere al massimo di 30 secondi».

Netdipendenza Onlus è la prima associazione europea no profit a occuparsi di prevenzione del tecnostress e delle videodipendenze. Il fondatore e presidente ha anche pubblicato un libro dal titolo Digiuno Digitale: come sopravvivere con poca tecnologia e rigenerare le forze con le energie sottili

«Se la mente si ammala, anche il corpo si ammala», sostiene Di Frenna. «Il sovraccarico informativo porta a mal di testa, insonnia e umore instabile. Dobbiamo usare la tecnologia, che ci aiuta e ci semplifica la vita, con più attenzione».

I sintomi della dipendenza da WhatsApp e i suoi effetti

Come possiamo capire se stiamo di questa tecnologia? È importante prestare attenzione al proprio comportamento, verificando ad esempio:

  • Quante volte al giorno controlliamo lo schermo del cellulare per verificare la presenza di notifiche e di messaggi? Con quale frequenza?
  • Quanto tempo passiamo effettivamente su questa applicazione?
  • Abbiamo degli automatismi legati all’utilizzo di WhatsApp che non riusciamo a controllare? Per esempio, riusciamo ad andare a dormire senza controllare il telefono? Possiamo ignorare la notifica che ci segnala uno o più messaggi non letti? Per quanto tempo?
  • Abbiamo pensieri ossessivi, ricorrenti e che non ci permettono di svolgere altre attività se prima non controlliamo le notifiche?
  • Siamo in grado di ignorare WhatsApp in quei contesti in cui potrebbe essere negativo essere trovati a usarlo, ad esempio a scuola, sul lavoro o durante un appuntamento romantico? Per quanto tempo?

La dipendenza da tecnologia, compreso WhatsApp, può esprimersi in una sensazione di malessere pervasivo e profondo che ha effetti sulle capacità sociali di un individuo, in particolare nelle situazioni “analogiche” della vita, quando la relazione non è filtrata attraverso uno schermo.

Tra le conseguenze di una dipendenza da WhatsApp troviamo l’esaurimento delle risorse cognitive, con difficoltà di concentrarsi e di mantenere l’attenzione sui compiti da svolgere nel corso della giornata. Diventa sempre più difficile interagire con le persone senza utilizzare la app e possono insorgere anche problemi fisiologici, come ipervigilanza o disturbi del sonno.

I vituperati messaggi vocali

Probabilmente una delle funzioni più odiate di Whatsapp rimangono i messaggi vocali. Si potrebbe dire che hanno preso il posto dei messaggi in segreteria, per certi versi, tuttavia la particolarità è che molti utenti inviano questo tipo di contenuto anche quando la persona con cui stanno conversando è online. Allora perché non telefonare direttamente, mantenendo l’immediatezza della comunicazione?

Il Whashington Post recentemente ha pubblicato una lista di suggerimenti per mantenere una buona netiquette dei messaggi vocali. Tra i consigli, valutare se sia appropriato inviare un vocale, limitare la durata e usare le cuffie in luoghi pubblici.

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Info Laura Casale

Laureata in Comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia, Laura Casale (34 anni) scrive su giornali locali genovesi dal 2018. Lettrice accanita e appassionata di sport, ama scrivere del contesto ligure e genovese tenendo d'occhio lo scenario europeo e internazionale.

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