A seguito della caduta dell’impero romano, il fondo, chiamato Prociliano in virtù della famiglia che lo possedeva, passò in proprietà ai monaci del monastero di Santa Croce in Gerusalemme, mentre nell’ottavo secolo fu ceduto al monastero di San Saba sull’Aventino, a Roma.
Mentre, dalle cronache dell’epoca riportate da Minetti, risulta che nel nono secolo ricadesse all’interno del comprensorio una chiesa dedicata al Santissimo Salvatore in Decimo. Nel XIV secolo il fondo fu assegnato al Monastero dei santissimi Andrea e Saba mentre una parte assai vasta della tenuta fu adibita a vigneto.
Nel 1554 la tenuta e il borghetto che ormai si era formato internamente all’interno dell’attuale tenuta del Capo dello Stato cessano di appartenere al monastero e passano in proprietà alla famiglia del barone fiorentino Agostino del Nero che lo tenne fino al 1823 quando gli eredi decisero di vendere la proprietà insieme a Tor Paterno ai duchi Grazioli, divenuti nel 1872 Grazioli Lante della Rovere, che a loro volta rivendettero l’area al re d’Italia, Vittorio Emanuele II, che ne fece una riserva di caccia frequentata all’epoca da regnanti e nobili di tutta Europa che spesso si recavano in visita nella tenuta.
La parte archeologica della tenuta presidenziale è di notevole interesse storico e oltre a sontuose ville patrizie ospitava anticamente le belve provenienti dagli angoli dell’impero condannate a essere immolate al Colosseo.
La tenuta confinava con Castel Fusano, la storica Selva Laurentina, Capocotta e il Tirreno, ed era attraversata oltre che dalla Severiana dalla vecchia strada per Lavinio e dalla via Laurentina.
E oltre a sette ville romane rinvenute (e successivamente re-interrate) al suo interno dall’archeologo Lanciani, autore della prima mappa archeologica completa di Roma realizzata nel 1874, fu riportato alla luce il Vicus Augustanus Laurentium, il nucleo urbanistico imperiale voluto da Augusto, citato da Plinio il Giovane, che vi risiedeva nella sua omonima villa, nella “Lettera all’amico Gallo” e nella “Lettera ai familiari”.
Ad oggi sono tuttora identificabili nel sito il foro e le tre terme pubbliche.
Tra le ville che erano presenti in passato quella imperiale di Augusto a Tor Paterno e la cosiddetta: “Casetta della regina Elena“, così fatta intitolare dallo stesso Prof. Lanciani perché fatta esplorare per la prima volta per suo diretto interessamento.
Finita di edificare intorno al 142 d.C, è annoverata dagli storici per il ritrovamento al proprio interno di una bellissima e ottimamente conservata copia in marmo del Discobolo di Mirone.
La statua, nota col nome di “Discobolo di Castel Porziano”, si trova oggi presso il Museo Nazionale romano di Palazzo Massimo a Roma.
L’intera area archeologica ricade attualmente all’interno della tenuta del Capo dello Stato, ma l’accesso sia agli studiosi che ai visitatori è limitato e vincolato a prenotazioni.
Fonti storiche
– Plinio il Giovane Lettere ai familiari (traduzione di Luigi Rusca), ed. BUR 1984. E Lettera all’amico Gallo.
Bibliografia
– Claridge, II Vicus di epoca imperiale nella tenuta presidenziale di Castel Porziano: indagini archeologiche 1984, ibid., p. 17 ss.; ead., il Vicus di epoca imperiale: indagini archeologiche 1985-86, in Castelporziano, 2, cit., p. 61 ss.;
– Rodolfo Lanciani “Le antichità del territorio Laurentino nella Reale tenuta di Castel Porziano” in Monumenti antichi dei Lincei XIII, 1903 col. 133-198;
– M.G. Lauro, in Enciclopedia Treccani, alla voce Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di Archeologia…, Volume 2, 1825, Roma;
– Stefano Lesti, Ostium e Portus dalle origini antiche all’età moderna – IMFO Editore (2019);
– G. Minetti, Cenni storici sulla Baronia di Castel Porziano, 1865, Roma.
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