Pago uguale, porto a casa di meno
L’hashtag #shrinkflation non è certo di moda come quelli legati alle parole love, selfie, photooftheday e via dicendo. Di fatto non indica nulla di buono, infatti proprio per questo vale la pena conoscerlo.
Partiamo dalla parola inglese che è l’unione abbreviata di shrink – restringere – e inflation – inflazione.
Il neologismo, introdotto intorno al 2009, si traduce con il termine restringimento e sta ad indicare il rincaro occulto.
Avete presente quando andiamo a fare la spesa e sugli scaffali dei supermercati troviamo le solite confezioni – all’apparenza sempre le stesse – di un prodotto al solito prezzo?
La Shrinkflation è proprio questo: una strategia commerciale che prevede la riduzione della quantità di un prodotto pur mantenendo lo stesso prezzo.
Di fatto siamo passati dagli anni del “prendi tre, paghi due” agli anni in cui “prendi uno, paghi uno, ma quell’uno nel frattempo è diventato mezzo”.
Questa strategia viene applicata a tutti i prodotti: pasta, riso, olio, cioccolato, patatine, muesli, biscotti, marmellata e via dicendo.
Ci sembra di comprare la stessa quantità di prima e invece non è così: paghiamo la medesima cifra per ottenere di meno.
Le aziende risparmiano con le tasche dei consumatori
In questo modo le aziende risparmiano, ma siamo sicuri che sia legale questa pratica della Shrinkflation?
La riduzione delle dimensioni delle confezioni non è di per sé un problema.
Lo diventa, però, se il consumatore viene tratto in inganno perché non adeguatamente informato.
Se l’azienda X decide di mettere 900gr. di pasta nelle sue confezioni e venderla al prezzo di 1 kg. può liberamente farlo.
Deve però comunicare al cliente la variazione di peso, altrimenti è davvero un “inganno occulto” come spesso viene indicato.
Anche perchè non credo proprio che per quanto attenti si possa essere nel fare la spesa possiamo controllare una ad una le confezioni dei prodotti da acquistare.
Quindi, se non è l’azienda stessa ad informare il consumatore in merito alle variazioni di peso e prezzo, risulta più comprensibile l’ipotesi di truffa.
Il Toblerone e la Shrinkflation cominciata nel 2010
La Shrinkflation non è però una novità dell’ultima ora. Prendiamo ad esempio il caso del Toblerone, la famosa barretta di cioccolato svizzero.
Già nel 2010 la Kraft aveva ridotto il peso da 200 a 170 grammi e nel 2016 la Mondelez International ha portato la grammatura a 150 grammi.
Il Toblerone da 400 grammi è sceso a 360: per far sì che il cambiamento fosse meno evidente si è pensato di aumentare lo spazio tra le piramidi di cioccolato caratteristiche del prodotto.
Insomma, pur di evitare l’aumento di prezzo che si noterebbe subito, meglio ingannare dolcemente senza dare troppo nell’occhio.
Non è esente la bottiglia grande di Coca Cola che è passata da 2 a 1,75 litri.
E così il Magnum o il Cornetto Algida: qui la scelta è stata giustificata con motivi salutistici del tipo “meno prodotto, meno calorie”, ma stesso prezzo, ovvio.
Si taglia tutto: prodotti, ma anche servizi
Non sarebbe però giusto pensare che la Shrinkflation riguardi solo il comparto alimentare.
Il processo di sottrazione interessa anche molti altri prodotti.
Chi di noi farebbe caso a venti strappi in meno in un rotolo di carta igienica?
Praticamente nessuno e tra l’altro non ci sembrerebbe nemmeno esagerata come riduzione.
Se facciamo un rapido calcolo, però, vediamo subito come venti strappi in meno per venti rotoli equivalgono a ben un rotolo in meno.
La confezione ultra conveniente da 20 rotoli che abbiamo sempre acquistato per risparmiare, ora conviene decisamente meno.
E’ una fregatura lenta ed impercettibile quella inflitta ogni giorno a noi consumatori.
Pur di non farci spaventare da una maggiorazione di prezzo le aziende procedono per sottrazione di prodotto.
E accade anche per i servizi: ad esempio le catene alberghiere Hilton e Marriott hanno eliminato la pulizia giornaliera della camera compresa nel prezzo.
D’ora in avanti se si desiderano il letto rifatto, gli asciugamani lindi ed il bagno pulito, si dovrà pagare un supplemento.
La nuova formula pare essere diventata: “paghi uguale, ottieni di meno”
I prezzi aumentano per tutto: produrre costa sempre di più, energia, gas e materie prime costano sempre di più e molte aziende si trovano in seria difficoltà.
Ritoccare i prezzi pare non essere una buona scelta a livello di immagine perché si rischierebbe di allontanare i clienti e di ridurre i guadagni in un momento di già forte crisi.
Al momento la Shrinkflation pare essere l’unica strategia non troppo punitiva e, soprattutto, in grado di non infierire ulteriormente sui costi delle aziende e sui consumatori.
Certo quello che si richiede è una maggiore trasparenza: nell’era dei social è un attimo perdere la faccia, anche per una grande azienda.
Comunicare in modo leale è una strategia che si rivela sempre vincente: a nessun consumatore piace, infatti, sapere di essere stato preso in giro.
A noi, però, spetta il compito di controllare il prezzo al kg. del prodotto da noi acquistato: su questo nessuna azienda può barare perchè deve essere esposto per legge.
Ritengo, però, che se un marchio facesse presente la situazione di incertezza economica potrebbe tranquillamente spiegare la scelta di aumentare il prezzo di un suo prodotto.
“Rubare” strappi di carta igienica, strati di gelato e patatine dal sacchetto non credo sia una strategia vincente sul lungo periodo.
La sensazione di essere stati fregati, nel momento in cui si viene a scoprire l’ammanco nella confezione, è ben peggiore di un piccolo ritocco del prezzo.
Rosella Schiesaro©
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