Cultura romana: le espressioni popolari di un’antica civiltà
Seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perch’é c’è un antro che ne magna due.
Trilussa
Da sempre appassionata di tradizioni popolari, reputo Roma come un prezioso scrigno.
Le sue tradizioni sono un patrimonio che riflette non solo la storia, ma tutta la vita quotidiana dei romani.
Queste hanno radici antiche e si manifestano in diverse forme, come le feste, le pietanze, la musica e la poesia.
Molte sono legate al calendario liturgico e civile che ripetono una ritualità già presente nel passato, spesso con elementi che fondono paganesimo e cristianesimo.
Tra le feste più importanti e caratteristiche: il Carnevale romano, la Festa di Pasquino e il 20 settembre.
Il Carnevale romano era molto sentito dal popolo e si svolgeva tra febbraio e marzo. Era caratterizzato da corse di cavalli, sfilate di carri allegorici, maschere e travestimenti, giochi d’acqua e di farina, balli e spettacoli. Tra le maschere tipiche: Rugantino, Cassandrino, Meo Patacca e Don Pasquale che rappresentano le varie sfaccettature sociali della città.
Rugantino è un giovane arrogante e spavaldo, originario di Testaccio, che si vanta di essere il più forte e il più bello.

Cassandrino è un nobile decaduto sempre canzonato dalle donne e dai servi.
Don Pasquale è un ricco borghese tontolone e presuntuoso che parla con perifrasi e una grammatica tutta sua.
Queste maschere sono state protagoniste di molte commedie, farse e scenette popolari, che mettevano in ridicolo i vizi e le debolezze dei romani.
La Festa di Pasquino era una manifestazione satirica e popolare che si teneva il 25 aprile in onore di Pasquino.

I Pasquini sono le statue parlanti di Roma, che esprimono il pensiero critico e satirico dei cittadini nei confronti dei potenti. La più famosa è, appunto, quella di Pasquino, una statua del III secolo a.C. che si trova in piazza di Pasquino. Sulla statua si appendevano fogli con versi ironici e pungenti, chiamati pasquinate, che attaccavano il papa, i cardinali, i nobili e i politici.
Le pasquinate venivano poi lette e diffuse dal popolo, che si divertiva a sfidare l’autorità con l’umorismo. La statua veniva anche adornata di fiori .
Il 20 settembre era la data che commemorava la breccia di Porta Pia nel 1870, quando le truppe italiane entrarono a Roma ponendo fine al potere temporale dei papi. Era una festa patriottica che celebrava l’Unità d’Italia e la libertà del popolo romano.

Le tradizioni popolari capitoline riguardano anche la gastronomia, l’artigianato, la musica, la danza e la poesia. La cucina romana è famosa per essere semplice ma saporita, basata su ingredienti poveri ma genuini. Tra i piatti tipici della cucina romana, ricordo la carbonara, l’amatriciana, la coda alla vaccinara, i carciofi alla giudia, la trippa alla romana e i supplì.

La danza tipica è, anzi era, il saltarello una forma di danza popolare che si svolgeva nella campagna romana, soprattutto in occasione delle feste e delle sagre. Era un ballo di coppia, in cui i ballerini si muovevano con passi veloci e saltellanti, seguendo il ritmo di una musica vivace.

La musica del saltarello romano era suonata con strumenti come la zampogna, l’organetto, il tamburello e il mandolino. Questa danza aveva origini antiche e potrebbe derivare dalla saltatio, un ballo dell’antica Roma che aveva una componente erotica. Purtroppo oggi è quasi del tutto scomparso. Alcuni gruppi folkloristici hanno cercato di recuperare e valorizzare questa danza, ma con scarsi risultati.
La poesia romana è un linguaggio ricco di espressioni, metafore e giochi di parole usando il dialetto romanesco come mezzo di critica sociale. Tra i poeti più noti Giuseppe Gioacchino Belli un poeta che ha scritto 2279 sonetti in vernacolo romanesco, in cui ha raccontato la vita, le sofferenze, le speranze e le contraddizioni del popolo romano del XIX secolo.
Trilussa è stato un poeta e scrittore di favole, racconti e romanzi in dialetto romanesco, in cui ha espresso la sua visione ironica e critica della realtà, spaziando da temi politici a morali a sentimentali
Aldo Fabrizi un attore, regista, sceneggiatore e comico che ha usato il dialetto romanesco nel cinema, nel teatro e nella televisione. È stato uno dei maggiori interpreti della commedia all’italiana e ha recitato in film memorabili come Roma città aperta, I vitelloni, Guardie e ladri e Il maestro di Vigevano.

Le tradizioni popolari sono un patrimonio culturale da tramandare in quanto sono l’identità e la memoria di un popolo, in questo caso quello romano che ha sempre affrontato le difficoltà e i cambiamenti con un pizzico di umorismo e tanto orgoglio.
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