Bambini sui social: lo sharenting è una realtà che è già sfuggita di mano
E’ il caso di dire con fermezza: stop allo sharenting, neologismo inglese che mette insieme share – condividere – e parenting – genitorialità).
Sono ben 1000 le foto che un bambino in Italia si ritrova pubblicate sui social prima dei 5 anni di vita e da qualche tempo ben il 15% dei genitori pubblica addirittura l’ecografia del nascituro.
E’ infatti un fenomeno in costante aumento quello della condivisione da parte dei genitori di contenuti riguardanti i propri figli.
E poi ci siamo tutti noi che, col nostro narcisismo genitoriale, cerchiamo like sulla pelle dei nostri bambini.
Ricordo bene che tanti anni fa una persona che si occupa di marketing e comunicazione turistica mi fece vedere il suo profilo Facebook.
All’epoca non ero ancora iscritta: mio figlio era piccolo e lei mi decantava la splendida opportunità di comporre un album fotografico dove poter ritrarre le attività quotidiane del suo pargoletto.
Era a dir poco entusiasta di questa opportunità tecnologica, ma il suo entusiasmo non mi contagiò affatto.
Abbiamo davvero bisogno di un album fotografico social?
In primis perchè ho sempre scattato foto già ai tempi in cui non era così normale come oggi.
Mi ricordo bene le prese in giro in famiglia quando per ogni occasione di festa costringevo i mei genitori e mio fratello a posare per la foto di rito.
E sì, fotografavo anche i piatti, ma solo se ne valeva la pena.
Insomma, per me non era una così grande novità scattare foto, ma certo le mie rimanevano in appositi scatoloni e non venivano in alcun modo esposte.
Ho fotografato anche mio figlio da piccolo, ovvio, ma di certo non ho mai pensato di organizzare una mostra per esporre i suoi ritratti.
Tornando al profilo Facebook, l’avevo poi fatto, salvo eliminarlo definitivamente nel 201 e poi ripristinarlo nel 2021 per motivi di lavoro.
No, mio figlio non ha nessun album fotografico digitale e, considerata la sua riservatezza, molto meglio così.
Invece vedo che ogni giorno sui social compaiono miriadi di foto e video di soggetti da 0 a 18 anni.
Ovvio che compiuta la maggiore età uno può fare ciò che vuole, anche mettersi su Only Fans, ma prima?
Chi ha chiesto a neonati e bambini assolutamente inconsapevoli il permesso di esporli urbi et orbi?
Per i Ferragnez Leone e Vittoria sono una fonte di reddito
Di certo contribuiscono a questa moda gli influencer che monetizzano sui pargoli, ovvero che trasformano la loro famiglia in un brand.
Tra i più criticati, Fedez e Chiara Ferragni : ogni giorno i figli Leone e Vittoria sono esibiti in qualsiasi loro attività quotidiana.
Abbiamo visto addirittura le loro ecografie ad annunciare la gravidanza della madre: sui social ancor prima di nascere!
Ma ci sono anche i baby influencer: minori onnipresenti con profili gestiti dai genitori che li hanno trasformati in una fonte di reddito.
Ecco, ma se lo sharenting lo fanno i Ferragnez ed anche tanti comuni mortali, dove sta il problema?
In primis, e vale la pena ricordarlo, i due pargoli di City Life sono una sostanziosa fonte di reddito.
Proprio così: basta che andiate a vedere le visualizzazioni dei post con loro protagonisti o i video su Tik Tok, verrebbe da dire che oggi “vendono” quasi più dei loro genitori.
E poi, loro non corrono rischi. E’ questo il vero nocciolo della questione: il rischio, mai calcolato, di esporre i bambini sui social.
Quelle che ai più sembrano innocenti fotografie, per alcuni – e sono anche molti – rappresentano una merce di scambio su siti pedopornografici.
Il 50% delle foto di minori finisce sui siti pedopornografici
Basti pensare che ben il 50% delle foto pubblicate su questi siti sono prese direttamente dai profili social dei genitori che le hanno pubblicate per primi.
Vi ricordate il monito, tanti anni fa, di non apporre sui vetri della macchina le tendine parasole con i nomi dei piccoli viaggiatori?
Ecco, uno dei problemi è sempre quello: più informazioni facciamo circolare sui nostri figli e maggiore diventa il rischio di adescamenti.
Le foto fuori dalla scuola, al compleanno degli amici, la gara in piscina o sul campo da tennis: chi è malintenzionato utilizzerà tutti questi dati sensibili a suo piacimento e vantaggio.
Instagram, che pullula di foto di bambini e ragazzini, pare collegare direttamente i pedofili ai siti specializzati.
Bisogna fare attenzione anche ai messaggi in codice: a chi, per esempio, si professa “amante delle piccole cose”, a chi comunica di essere arrivato “al capitolo 15”.
Il rischio è davvero alto e per stare sicuri l’unica soluzione rimane quella di non postare foto.
I numeri ci dicono che nel 2022 risultano scomparsi 17.130 minori: 4.128 italiani e 13.002 stranieri con una percentuale di ritrovamento rispettivamente del 74,27% e del 29,81%.
Nel mondo scompaiono decine di migliaia ogni giorno: circa un milione solo in Europa.
Pochissimi di questi bambini vengono ritrovati. Secondo il Missing Children Europe, ogni 2 minuti, sul territorio europeo un bambino viene dichiarato scomparso.
Le cifre sono davvero impressionanti e non accennano a diminuire.
Per questo vale la pena accantonare il narcisismo genitoriale e attuare la saggia decisione di non pubblicare più le foto dei nostri bambini.
Proteggere l’identità digitale dei minori e prevenire disagi psichici
Oltre ai rischi che gli facciamo correre a loro totale insaputa, è necessario riflettere sul loro futuro.
Foto, video, dati sensibili costituiscono l’identità digitale di un individuo, cosa, questa, alla quale non si pensa praticamente mai.
Il Garante per la Protezione dei Dati Personali già da tempo, invece, sta cercando di delineare e di normare l’utilizzo di questi dati sensibili.
Nel periodo dell’adolescenza e al compimento della maggiore età il figlio/a potrebbe risentire, anche a livello psicologico, della pubblicazione di materiale che lo riguarda e che contribuisce a definire la sua immagine e la sua reputazione online.
Infatti così è riportato sul sito del GPDP – Garante per la Protezione dei Dati Personali: “Quando qualcosa appare su uno schermo, non solo può essere catturato e riutilizzato a nostra insaputa da chiunque per scopi impropri o per attività illecite, ma contiene più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione.
Chiediamoci sempre se i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine che gli stiamo costruendo.
È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro”.
Di fatto, poi, commettiamo una violazione della privacy dei dati personali.
Si agisce senza il consenso del minore che un domani potrebbe rivendicare il suo diritto all’anonimato.
Resta inoltre il fatto della nostra valutazione rispetto a quella dei nostri figli.
Non è affatto detto che la foto di oggi per noi così buffa, carina e simpatica, abbia lo stesso indice di gradimento per il protagonista.
Tutto ciò che pubblichiamo sui social può contribuire, un domani, a creare un disagio o un danno psichico.
Le immagini non spariscono mai, restano per sempre: anche se le eliminiamo, altre persone possono aver fatto uno screenshot.
E possono essere modificate e ripubblicate, con grave danno per il soggetto rappresentato che potrebbe anche diventare vittima di bullismo.
La proposta del garante Carla Garlatti in merito di sharenting
In Italia nel novembre scorso la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Carla Garlatti ha sollecitato per lo sharenting l’applicabilità delle disposizioni in materia di cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere direttamente la rimozione dei contenuti.
La legge mira a sensibilizzare e informare i cittadini sui pericoli derivanti dalla condivisione delle fotografie di minori tramite internet.
I giudici avranno il potere di vietare lo sharenting al genitore che rischia di compromettere la dignità e l’integrità dei figli, delegando ad altra persona la tutela della sua immagine.
In Francia Bruno Studer, deputato del governo di Macron, ha ribadito la necessità di una legge che limiti la libertà dei genitori di pubblicare sui social foto dei propri figli per non mettere a rischio la privacy dei più piccoli con gravi conseguenze nella loro vita.
Cè una proposta di legge per disciplinare la responsabilità genitoriale, nel pieno rispetto della privacy dell’interessato e dei principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia in materia di esposizione pubblica dei minori.
I giudici potranno vietare la condivisione senza il consenso di entrambi i genitori.
Potranno inoltre vietare lo sharenting al genitore che rischia di compromettere la dignità e l’integrità dei figli, delegando ad altra persona la tutela della sua immagine.
Proteggere la vita privata di un minore rientra nei compiti di un genitore e oggi risulta un dovere imprescindibile per tutelare il presente e il futuro dei nostri figli.
Rosella Schiesaro©
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